Qui

È questo quel posto lontano dove
dal buio ogni tanto risorge il sole
gli uomini nascono e poi se ne vanno
è come in un sogno: tutti fingiamo
che nulla di notte sia accaduto
l'orrore ai boati di schianti violenti
tua madre che piange al pronto soccorso
nessuno ne parla e cerca coraggio
nessuno che voglia fare chiarezza:
ora si parla di tua nipotina
un amore di bimba che ha aperto gli occhi
fa teneri versi con vocine dolci
guardiamo il sole dorato che sorge
il vento che sembra riderci attorno
è il mistero che ogni giorno nasce:
essere il riso di un neonato antico.

Vorrei ancora averti qui per fare
esperienza dei tuoi lievi gesti
e al sole tuo vecchio regno non ci sei
sembra normale il cortocircuito
dentro il sistema non tengono i cavi
è lotta perduta che ammazza gli eroi
partire in oceano su barche solubili
e tutti che partono che partono a fare?
È questo quel posto dove nel sole
bruciano vite dei giorni da ieri
il giorno rinasce e passano gli anni
finta di niente come in un film
senza dialoghi ma effetti speciali
e mai non si arriva mai approderemo
alla terra ferma che brilla affogheremo
noi che tendiamo al vento le vele
per prendere pesci, pesci saremo
a prendere fresco al banco di strada
ovunque si vada chiunque si sia
è una marea che non va più via.

Etica critico-storica

Una delle libertà che la civiltà contemporanea si vanta di aver raggiunto è il divieto di tortura e della pena di morte, circoscrivendo così la violenza ad una sfera negativa da bandire dalla società: "civiltà" è ciò che si oppone all'esercizio della violenza. Così anche chi sbaglia e commette reato non può essere punito con violenza fisica, ma simbolica: sottraendogli ricchezze o tempo di vita "in libertà", dalla fine dei tempi della legge del taglione e, in maniera più radicale, dalla metà del Novecento. La punizione fisica è uno degli argomenti con cui le attuali democrazie capitaliste convincono a discriminare Stati dotati di altre forme di governo o organizzazioni economiche e commerciali, e con differenti metodi di sfruttamento delle risorse.
I contemporanei si vantano di vivere in un'epoca dove la giustizia sembra realizzarsi piano, ma con lenti e graduali mutamenti rivoluzionari, come il riconoscimento di diritti alle minoranze ai margini degli interessi sociali: si vantano di difendere il giusto, ovvero l'indifeso emarginato, il politicamente corretto, il progresso tecnologico, il progresso della civiltà umana, della sua sensibilità. Non è della bontà dei loro intenti che vogliamo discutere, il riconoscimento dei diritti fondamentali dell'Umanità è pieno di lati positivi. Ma non solo...
Non solo, perché vengono alla luce in un periodo storico (seconda metà del Novecento) in cui i valori della civiltà e della collettività vengono riscritti da insidiosi manipolatori mediatici, che svolgono il loro lavoro al servizio del loro rispettivo stipendiante. Ne consegue che gli individui astrattamente burocratizzati e generalizzati all'interno dell'etichetta "cittadino" hanno sì, diritto di pretendere diritti, ma solo quelli che, di volta in volta, vengono pubblicizzati come "segni di civiltà", che d'altronde, non possono provenire che da eventi storici, che si presentano di volta in volta alle società e che vengono connotati e commentati sistematicamente e con successo dagli agenti di informazione. Senza guide morali, spirituali o filosofiche che siano, si finirà prima o poi con la perdita degli obiettivi dell'Umanità originaria: l'Uomo ha bisogno di un nuovo Medioevo in cui recuperi coscienza degli orrori dell'assenza di civiltà, così come già avvenne in seguito alle devastanti invasioni barbariche tra V e X secolo, in reazione ai quali, quasi, sorsero pochi secoli dopo l'Umanesimo e il Rinascimento. Serve memoria storica, allora, critica e razionale e il meno possibile viziata da interpretazioni e connotazioni delle fonti. La Storia dell'Arte e della Letteratura e la Filologia allora, servono a ricreare la coscienza delle coscienze del passato, le voci degli antichi con i loro consigli e le loro esperienze che vengono tramandate dalle loro opere, all'interno delle quali si comunicano le immagini che quegli artisti volevano dare di sé. Ci danno la coscienza delle maschere che le civiltà passate si son date: ognuna esprime qualcosa delle più alte vette raggiunte dal pensiero umano durante breve parte della sua evoluzione, qualcosa da conservare.
Come si interpreterebbe un'opera d'arte senza avere coscienza dei modi di interazione fra le società e le civiltà? Senza sapere come si interagisce tra individui, come si distinguono i comportamenti buoni e giusti da quelli sbagliati? Se l'Arte è comunicazione di messaggi, in essa è riposta l'identità della civiltà di appartenenza dell'artista, quanto meno.
Ecco: non c'è cultura che non produca Arte. Ognuna pretende di avere qualcosa di importante che, venendo trasmessa da una generazione alle altre future, vuole rendere immortale. Ogni civiltà allora si è sempre considerata la più giusta, la più conforme alla Natura e al divenire dei corpi e degli eventi, la più civile di tutte le altre. Dobbiamo immaginare che chi avesse vergogna di sé e dei propri ideali evitasse di produrre testimonianze di sé come monumento; o che evitasse di comunicare i lati peggiori, mettendo in luce solo quelli positivi.
Se noi contemporanei ci riteniamo i più giusti uomini mai esistiti sulla faccia della Terra, o quelli mossi da ideali più civili in assoluto, è perché ci hanno retoricamente persuasi a pensare ciò: ci hanno infatti cancellato la memoria storica, sopravvivono solo brevi frammenti dei processi storici, nelle quali si rimarcano evidenziandole, le differenze tra le società storiche e le attuali, e non le continuità. Con gli strumenti di cui siamo oggi in possesso, potremmo tutti svelare l'infinita attesa di progetti mai realizzati, di giustizie mai ricevute, di riconoscimenti mai condivisi: di un'apertura all'infinito dei conti in sospeso dell'Umanità. Sempre allo stesso punto!
Non siamo mai realmente evoluti: anzi, le nuove tecnologie e i recenti modi di vita ci rendono molto più pigri e rassicurati rispetto ai più coraggiosi e intraprendenti uomini dell'antichità, che dovevano faticare molto più di noi per accertarsi di una qualunque verità, che oggi potrebbe apparire banale (vedi le leggi di Archimede; o le discussioni sull'epistemologia e sugli statuti delle scienze durata secoli nell'antica Grecia, o le discussioni della patristica e della scolastica cristiana medievale, ecc...).
Più pigri: siamo abituati a una vita più comoda e agevole, rilassata e senza sforzi, priva di scelte dalle alte responsabilità individuali. Siamo certamente meno preoccupati oggi rispetto ai secoli passati della bontà dei comportamenti che possiamo assumere nei confronti degli altri: non è il singolo, pensiamo, che può cambiare la direzione della massa e dell'opinione comune; non siamo tenuti a pentirci dei nostri comportamenti più cattivi, possiamo essere meno umani perché la contemporanea razionalità non punisce la cattiveria quotidiana. Nessuno la punisce: la religione non spaventa più.
Quando nacque il Cristianesimo invece, le antiche società sembra che avessero bisogno di quel messaggio che esso predicava: quello dei freni alla ragione, che, se non è guidata da una mentalità che contempla il tutto oltre ai vantaggi del singolo, può portare alla rovina, al sovvertimento dei valori della civiltà, al crimine, che diventa con la religione cristiana il "peccato", ossia, automaticamente, viene inquadrata l'azione criminale e violenta con una negazione dei valori umani e civili: violazione della propria essenza. Il Cristianesimo, nato in un mondo in cui la violenza non solo regnava e pesava dall'alto degli Stati, ma era anche il motore della vita piccola e quotidiana, doveva allora essere l'antidoto all'umanità per "redimersi", cioè per tornare a quello stato di giustizia assoluta che doveva idealmente essere quello dell'uomo primitivo, svincolato dalle leggi tese all'economia e alla soddisfazione dei piaceri di un singolo o di una singola collettività, che vengono suggerite dalla ragione. Si pensi che la ragione era ciò per cui la società illuminista pretendeva di sovvertire lo Stato, ad esempio durante la Rivoluzione Francese: la ragione aveva indicato i principi assoluti che ogni Stato avrebbe dovuto avere per essere perfetto, ma, trasferiti quei modelli di pensiero ad altri contesti, si rivelavano perfetti non assolutamente, ma relativamente al contesto della Francia della fine del Settecento. Dunque la ragione indicava il meglio per una società ben limitata, e non quelli assoluti per l'intera umanità, sempre. "Libertà, Uguaglianza, Fratellanza" sono sì principi eterni, ma che non possono mai agire da soli, svincolati da tutti gli altri principi, svincolati soprattutto dalle conoscenze contemporanee sui lati oscuri dell'agire umano, che il postmoderno ha insistito a sottolineare e diffondere capillarmente.
Tralasciando la coscienza storica dell'evoluzione dei concetti di Bene, Giustizia, Diritti, ecc., e mostrando pochi piccoli progressi alla volta, come la concessione di uguaglianza e di diritti a minoranze, si può far dunque credere che la civiltà di oggi risponda a un ideale assoluto ed eterno di civiltà, che l'Umanità ha sempre rincorso dai suoi albori; e si verrebbe a nascondere il fatto che la Giustizia e il Bene, sono delle parole, che come tutte le altre parole traggono significati provvisori dalla conoscenza degli eventi quotidiani, da fatti riguardanti la contingenza concreta, e non le idee assolute e immateriali.

Viene così bandito, e non senza scopi, l'utilizzo delle punizioni fisiche, che in passato costituiva anche uno dei principali metodi di formazione morale e filosofica di gran parte delle popolazioni soggette a poteri dispotici: la punizione fisica e l'esecuzione pubblica erano eventi fondamentali per le società del passato, che formavano intorno ad esse le proprie identità. Essere cattivo, aveva dunque ancora il significato cristiano del non essere creature naturali: fare male era andare in qualche modo contro Natura.
Gli uomini si sentono sempre più autorizzati a fare del male, senza pentimenti: vengono anzi incoraggiati dagli attuali modelli di vita, che concentrano le attenzioni e i desideri sull'egoismo sfrenato, che convincono di quanto sia giusto e lecito e naturale che un uomo pensi al bene proprio a discapito degli altri, che una società viva secondo i suoi piaceri a discapito delle altre società e delle minoranze. Oggi nessuno sa da dove veniamo, nessuno sa cosa e chi è, molto peggio rispetto a un uomo di cultura del passato, che per lo meno sapeva di avere provenienze ben radicate, appartenenze e identità precise e non disgregate. Siamo pigri: a nessuno importa veramente di sapere quali punizioni potremmo ipoteticamente ricevere se facessimo le nostre stesse azioni in un'altra epoca passata, nessuno si sforza di ricercare Verità storiche, mutamenti lenti e continui all'interno del passare del tempo. Servirebbero quelle punizioni esemplari che il freddo modello di "civiltà" che ci indica la ragione invece rifiuta. Servirebbe sapere che uno deve stare attento a ciò che fa. Una volta avevamo la paura di finire all'inferno, o avevamo paura che la nostra memoria venisse cancellata perché esageratamente infamata (damnatio memoriae), avevamo ragione di temere qualcosa, che oggi la civiltà troppo razionale non riesce più a temere: è troppo diffuso ormai, come scusa facile ed evasiva, il comportamento nichilista, l'indifferenza completa rispetto ai mali che affliggono il proprio vicino, il "cittadino" di una città asiatica contemporanea può essere l'immagine perfetta di questo freddo sadismo, di questa bruttezza esistenziale, cinismo.
Non dobbiamo rimpiangere le torture medievali o della Santa Inquisizione, né quelle più razionali della rivoluzione francese, nessuna. Ma se dimentichiamo che avremmo potuto trovarci a vivere in un'epoca più moralmente coerente, allora butteremo via tutta la storia dell'Umanità fin'ora (non) scritta, perderemmo l'origine dell'istituto della Giustizia e della società. Chi sbaglia deve conoscere la storia delle sue azioni: gli esempi pregressi, situazioni simili già avvenute, e le sue conseguenze. Deve sapere che la formazione delle società nasce come risposta a bisogni esistenziali, a difficoltà e problemi altrimenti irrisolvibili, che l'altro nella società è qualcuno che svolge un suo ruolo per tutti quanti, che mentre c'è la società non ci sono tanti altri tipi di esistenza non ordinata nei quali gli uomini verrebbero guidati da un istinto di soddisfazione del piacere egoistico senza molti meno freni rispetto a oggi, deve aver coscienza di ciò che la sua esistenza sostituisce.
Il discorso si applica ad un'infinità di situazioni problematiche e preoccupanti della cronaca attuale, e penso in primo luogo alla violenza domestica: la testimonianza cioè che ognuno si sente libero di fare ciò che più gli piace, soltanto perché a lui/lei piace senza il rischio delle punizioni antiche; cosicché ne deriva che in qualche modo uno sente che deve pur essere libero di fare giustizia, di riportare al mondo quell'ordine che la civiltà stessa ha contribuito a creare.
Infatti, l'origine della civiltà occidentale viene rintracciata dagli storci contemporanei, nei rudimentali patti di alleanza e fiducia tra i pochi ed isolati abitanti di una determinata regione (nel Lazio). Così viene spiegata la nascita delle popolazioni pre-romane: come un insieme di persone che non facevano parte di nessuno stato e di nessun dominio, ma che prendevano accordi vantaggiosi per entrambe le parti attraverso la concessione e lo scambio di fiducia. La fiducia è alla base della vita civile. Se non ci fosse fiducia, la società occidentale non sarebbe nata o non si sarebbe sviluppata come invece è successo, la stretta di mano era un simbolo sacro e il tradimento di quella fiducia avrebbe significato l'odio e l'infamia nei confronti del traditore.
La fiducia ha ancora oggi, in maniera inconscia ma molto efficiente, ruolo predominante nei rapporti fra individui. E invece oggi, tradire la fiducia che nasce a livello famigliare non viene considerato un segno di inciviltà, e, di fatti, la Giustizia non prevede punizioni veramente soddisfacenti per risarcire la sacralità di un legame affettivo interrotto, ma punizioni simboliche, attraverso quelli che sono a loro volta simboli: ricchezze o anni in prigione, ma nessuna reale menomazione. Le famiglie di oggi sono pura funzione, perché pochi individui conservano la venerazione per la bellezza, lo stupore per la semplicità delle cose dolci e genuine. E si ama poco quando non si ha il giusto accanimento contro i colpevoli: si tratta di un amore che non conosce ciò che esso copre: cioè l'odio, l'egoismo sfrenato della ragione che cerca il vantaggio del singolo, e non il trasporto delle emozioni, della tenerezza, dell'amore. È un amore incompleto quello che non sa che cosa sia il Male, e per saperlo, non si può far altro che sviluppare coscienza storica critica.

Preghiera animale

Dio uomo che sei in terra con una guerra annienta le idiote antiche credenze, falle fruttare da vincitore riscrivi la Storia: "Lo slanc...