I want to kill my guitar!

Ogni buon chitarrista nutre un desiderio malsano verso la sua chitarra. Dopo i morsi alle labbra per comprarne una costosissima è normale voler uccidere una chitarra, consumarla, odiarla, schiaffeggiarla, prenderla a calci, spararla, violentarla, sbatterla, distruggerla, bruciarla, sentirla gridare quella bastarda bigotta capitalista, sbigottirla, scandalizzarla, torturarla psicologicamente, traumatizzarla, farla piangere, rubare tutto quello che ha e poi abbandonarla.
Il solo immaginarlo consola e soddisfa: la musica infatti rialza l'umore.
Perché una chitarra la si deve amare come una signora, come una bellissima e buona moglie ma anche come una lurida fetida cagna.
Lei strilla, ma tu uccidila perché l'ami. Perché anche lei ti ama e lascia che tu la tratti così, se non lo fai non si comporta così bene e torna una chitarra come le altre. Anzi, diventa un semplice oggetto. Invece lei è l'unica che ti lascia sfogare per ore, per giorni, per sempre, ti mostra senza ritegno ogni suo preziosissimo tasto, e tu ami ognuno di loro sulla sua tastiera, li vuoi premere tutti, dai più bassi avanzando nelle corde, e poi sempre più giù, sempre più giù fino ai tasti altissimi che non bastano e ci vuole un bending per andare oltre. Accarezzala con il lato del pollice dopo una plettrata violenta per far partire l'armonico, come una carezza dopo uno schiaffo, come un urlo di dolore, fai ondeggiare quello strillo che stupisce ogni volta. Va a finire che entrambi conoscerete tutto dell'altro, ogni fibra del legno, ogni callo sulle dita, ogni stato d'animo. Si finisce in uno stato di perversione e feticismo, e di amore estremizzato. 

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