Inutilità del verbo essere

'Nulla' è sempre la parola più strana del dizionario di qualsiasi lingua.
Il suo referente è qualcosa di tanto basilare e onnipresente per ogni parlante e individuo, che si tratta di uno dei principi fondamentali della nostra comprensione dell'Universo.
Il significato della parola Nulla si riferisce a una nostra concezione o pensiero, e non a qualcosa di realmente esistente nell'ambiente.
'Nulla' è tanto basilare per il nostro pensiero tanto quanto la parola 'essere'. Si pensi solo che la proposizione di base di qualsiasi lingua è quella copulativa, con cui si afferma che qualcosa è qualcosa o che presenta certi parametri: insomma il verbo essere significa qualcosa di così tanto scontato e ovvio per tutti, anche i più duri di comprendonio, che non ci sarebbe neanche bisogno di dire è. Eppure lo diciamo, proprio perché si tratta di una specie di nostra strategia mentale per pensare e dire le cose. Cose fessissime in genere, come "Questo è vero" o "quello non è vero". A che ci serve dire che cosa è e che cosa non è, se il concetto è così alla portata di tutti? Se qualcosa è (ad esempio, vero) allora dovrebbero saperlo tutti senza il bisogno che qualcuno glielo dicesse. Usare il verbo essere parlando di sé stessi alla prima persona, invece, annoia l'interlocutore, che sa già di stare ad ascoltare qualcosa che gli sta davanti e perciò, purtroppo, in piena chiarezza ed evidenza è, e l'interlocutore comincia a spazientirsi a sentire il parlante ripetere "Io sono, io sono, io sono", perché durante quel discorso probabilmente l'ascoltatore preferirebbe che quello lì non fosse parlante, o che non fosse proprio.
Le cose sono diverse in certi altri ambiti, come ad esempio quello dell'Astronomia.
Infatti se in una sera d'estate in cima a una collina pugliese solcata dai pini e dalla macchia mediterranea presenti in gravina, delle persone si ritrovano a guardare il cielo, può capitare che qualcuno dica con un sorriso stupito, così all'improvviso nel bel mezzo del silenzio fatto di canti di grilli e cicale, «C'è una stella», spiazzando completamente tutti gli altri insieme a lui, se succede questo, dicevo, gli altri potrebbero spaventarsi molto, gridare, scappare o rimanere paralizzati dal terrore rischiando numerosi e continui attacchi cardiaci o collassi. C'è chi potrebbe gettarsi dal bordo della gravina, giù nel dirupo per poter sperare di fuggire da quella visione da incubo. Le stesse persone che non si smuoverebbero di un centimetro se gli avessero detto «c'è un mostro» perché non ci avrebbero creduto, sentendo qualcuno che fissa sdraiato il cielo dire «c'è una stella», se fossero davvero coerenti dovrebbero schiattare di paura. Questo perché la luce delle stelle in realtà è partita anni fa e non sappiamo se ciò che vediamo è ancora presente. «C'è una stella» in questo caso significherebbe «c'è un fantasma», «c'è qualcosa che si vede ma probabilmente non esiste», così che gli altri intorno potrebbero mettersi a ridere per certe inopportune osservazioni.

Consiglierei dunque di sostituire qualunque voce del verbo essere con una specie di grugnito nasale mentre si puntano gli occhi insù come per dire «eh sì, ancora quel verbo inutile lì» e di evitare certi argomenti quando sono superflui.

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