De pigrizia VI: oggetti di una sana pigrizia e creatività

Verso quali eventi o oggetti si deve rivolgere una sana pigrizia?
Verso la cura esteriore del corpo ad esempio, specie quando così si vuole nascondere la coscienza di non essere intraprendenti, intelligenti, di non avere qualità. O verso la speculare salvaguardia della propria bugiarda fama. È pigro chi pensa di essere nato con delle qualità, e non fa nulla per acquisirle o esercitarle. Lo fa soltanto chi si ispira alla merce da discount: incarti accattivanti ma qualità finale effettiva molto scarsa; colpisce l'attenzione all'inizio ma si rivela come sempre una fregatura deludente.
Gente e merce così sono per tutti gli altri degli sprechi di attenzione, di energia psichica che si potrebbe rivolgere verso qualcosa di utile e invece è costretta a rimanere ferma intorno alla superficie delle cose visibili, vanamente. La pigrizia lavora a favore dell'esteriorità, non dello sforzo del pensiero, essendo più appetibile perché reputata ingenuamente capace di fornire risultati immediati, come la soddisfazione personale narcisistica verso l'aspetto del proprio corpo. Ancora viene insegnato nelle università a farsi idee soltanto guardando l'aspetto di una persona. È una delle basi attraverso cui una azienda sa riconoscere il proprio target: ognuno conosce il suo pollo per spennarlo e spolparselo.
La pigrizia è da rivolgere verso di sé, verso l'epica che avvolge le narrazioni di ognuno su se stesso, ma è difficile ammettere di essere pollo. Per questo occorre uno sforzo, cioé dirigere la propria pigrizia verso l'affermazione della propria grandezza (immeritata) (verso l'epica).
La pigrizia immeritata o non sana si traduce in soddisfazione personale e momentanea, orgoglio.
La presunzione è un atteggiamento naturale cioè infantile, lo sforzo sano è quello di non esserlo.

Una pigrizia da fuggire è quella verso oggetti e occasioni di vantaggio personale, è utile una pigrizia rivolta verso gli oggetti del desiderio, conoscendone la vanità e mutabilità, cioé la continuità dell'insoddisfazione personale. Immagina se ognuno prendesse parte alle decisioni di pianificazione urbana: se avesse la disponibilità economica, costruirebbe luoghi di divertimento e non di ricerca e studio. Si tende a dividere queste due sfere, quindi a non evolvere, e a rimanere ancorati ai propri preconcetti, a mantenere lo status quo quando si potrebbe studiare per progredire, far scoperte e miglioramenti tanto nella vita concreta quanto nell'etica, nella filosofia e nella mente individuale e nella mentalità sociale, per raggiungere migliori modi di vita e di pensiero.

Dunque è sempre utile creare ciò che non c'è ancora, avendo piena coscienza di ciò che già c'è. Nei momenti di creatività, sogno, fantasia, allucinazione, si esercita un sanissimo disinteresse nei confronti dello stato presente della realtà materiale-concreta e delle occasioni di vantaggio personale. La creatività poggia sul dissenso nei confronti della realtà esistente nello stato di veglia razionale, perciò una sana pigrizia è da rivolgere verso le comodità personali, i vantaggi individuali di tipo economico e gli oggetti dei desideri nati da una razionalità egoistica ed egocentricamente fondata. Verso tutto ciò che tende ad accontentarci e a non farci immaginare altri modi di vita possibili, non per forza più impegnativi o difficili.

Bisogna lavorare non per ottenere miglioramenti nella propria condizione di vita: la vita di un lavoratore non cambierà mai, se prima non cambia la sua mentalità, i suoi obiettivi, o se le sue idee rimangono sempre le vecchie stesse. Soltanto in questa maniera una persona può sperare di essere utile, e di non sprecare inutilmente tutto il tempo della sua vita.

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