COVID-19: società meno liquida

Gli effetti sociali della "quarantena"? Eccone alcuni:

- Riduzione inquinamento, riduzione dei consumi. Non si sprecano soldi per cose non essenziali.
- L'isolamento in casa rende inutili meccanismi sociali non essenziali come quello della moda. I gruppi sociali tornano quelli "reali" della famiglia o del gruppo di persone in contatto tra loro per prossimità fisica-spaziale.
- Sviluppo sostenibile.
- La pandemia ferma la liquefazione della società, ferma la liquefazione del tempo, della morale e dei valori.



Riduzione dell'inquinamento, riduzione dei consumi: gli effetti sull'ambiente e sull'economia sono evidenti. La "quarantena" forzata a cui sono sottoposti tutti gli italiani, e pian piano tutti i cittadini europei e oltre, fa rimanere tutti a casa, e, sebbene la causa sia spaventosa, il risultato è cinicamente magnifico: non si sprecano più risorse per cose non essenziali, mentre le attività consentite sono solo quelle, appunto, indispensabili. Nonostante la vendita di merci online sia ancora attiva, e rappresenti l'unica modalità di acquisto di altra merce meno essenziale, gli italiani scelgono di spendere meno, di acquistare poche cose, forse spaventati da inquietanti scenari futuri di crisi dell'euro.
I meccanismi sociali sorti negli ultimi due secoli, e basati sulla vita metropolitana, sono in crisi.

Le mode sono in crisi: non siamo costretti ad adeguarci a modi di fare che non ci appartengono per essere rispettati. Non ci sentiamo obbligati a vestirci nella maniera che giudichiamo più fastosa, al contrario, ci basta mantenere il minimo della decenza. La tuta e il pigiama insieme alle pantofole sono la divisa che tutti stiamo indossando più spesso nelle nostre giornate. Vestirsi per piacere agli altri, invece, che senso avrebbe in questi giorni?

I gruppi sociali con cui veniamo a contatto sono ritornati quelli "reali" della famiglia o del gruppo di persone in contatto tra loro a causa di prossimità fisica spaziale.

L'estraneo cittadino su cui avremmo voluto far colpo, o da cui avremmo voluto essere rispettati, non ci sta guardando, ma possiamo pensarlo sereno nel suo pigiama e nelle sue pantofole, umanamente, proprio come noi adesso, un nostro eguale, qualcuno di cui perciò possiamo comprendere i bisogni e i pensieri. Proprio come noi, anche quell'altro, estraneo, ha dimesso gli abiti sociali e finti, è tornato un nostro simile, abbiamo meno di cui vergognarci. La moda è superata perché inutile: ci troviamo già tutti allo stesso livello sociale, non occorre apparire per essere giudicati positivamente.

I mass media sembrano goffi, obsoleti, inadeguati. Lontani da tutto e da tutti, esprimono il mondo della metropoli e della moda, seguono la moda, tentano di creare altre mode in un circolo senza fine il cui scopo non si riesce a individuare. Ma noi oggi abbiamo internet, che, nonostante i social network, può dar voce ai singoli in maniera potenzialmente globale: oggi quindi possiamo essere noi a sostituire i mass media.
Una volta aboliti i visi e l'approvazione estetica del pubblico, abbiamo tutti la stessa opportunità di far valere le nostre voci: se c'è una buona idea, in questo momento è più facile che la si riconosca, in confronto a prima dell'inizio dell'epidemia.

Evolvendo in pandemia, costringendoci all'isolamento, il COVID-19 sta bloccando la liquefazione della società, del tempo, della morale e dei valori, riportandoci a uno stato di disillusione nei confronti dell'attualità che è stato scoraggiato e messo a tacere soprattutto nel secolo scorso. Ormai, prima del virus, le buone idee non servivano se non presentate in forma accattivante. Era proprio questo il problema delle città: che vinceva l'accattivante, ciò che colpisce maggiormente i sensi. I sensi, e non la mente, non l'intelletto né l'immaginazione. Solo la contemplazione acritica, il massimo dell'impersonalità aveva successo. Così le capacità personali, i talenti, diventavano ormai insignificanti, proprio come i contenuti ovviamente.

Ferma la liquefazione della società anche nel senso che ridà la giusta "solidità" alle istituzioni, a cui ci affidiamo completamente in questi giorni, e che, fortunatamente, sembrano aiutare concretamente i cittadini, che a loro volta si sentono assistiti e perciò inclusi nella società. Le istituzioni riacquisiscono un significato e dei doveri che sembravano aver perso completamente.

La preoccupazione principale delle istituzioni in questi giorni, potrà ancora essere quello economico, certamente lo è, ma sembra che si preoccupino anche dello stato di salute dei cittadini, e di non lasciarli senza assistenza.

Le migliori idee che possono emergere in questo momento potrebbero essere rivolte ad esempio allo sviluppo sostenibile e all'apertura delle culture, ultimamente tendenti alla chiusura in loro stesse. In poche parole, non torniamo a come eravamo, sforziamoci di migliorare, di eliminare i comportamenti dannosi, falsi, inutili per tornare a essere umani come eravamo un tempo.

L'esser di tutto suo contento giace (Par. II, 106-114)

  Or, come ai colpi de li caldi rai
de la neve riman nudo il suggetto
e dal colore e dal freddo primai,
  così rimaso te ne l’intelletto
voglio informar di luce sì vivace,
che ti tremolerà nel suo aspetto.
  Dentro dal ciel de la divina pace
si gira un corpo ne la cui virtute
l'esser di tutto suo contento giace.

( Adesso, così come una persona
resta senza neve addosso quando è colpita dal sole
che [alla neve] muta colore e temperatura,
  così nudo voglio scolpirtelo in mente
questo concetto così vivace,
che ti sembrerà una luce tremolante.
  Dentro al cielo della pace divina [l'Empireo]
si rigira un corpo nella cui virtù
giace l'essenza di ogni suo contenuto )


Mi ha sempre affascinato l'ultimo verso di queste tre terzine, quello che dice l'esser di tutto suo contento giace, il numero 114. Non chiarisce quale sia il soggetto della frase: cos'è che giace? L'esser di tutto oppure suo contento? Credo che lo facciano un po' entrambi, che giacciano sia l'essere di tutto che il suo contenuto. Ma questi sostantivi a quale cosa si riferiscono della realtà concreta? Qual è il loro referente?

Interpretare Dante è un'opera mai terminata, è impossibile limitare la portata del significato della sua Poesia, che è capace, a distanza di otto - ben otto - secoli, di aprire interpretazioni sempre originali.

Come per la Scienza nel suo rapporto con i fatti reali, come per la filosofia per il suo campo di studi, anche l'Opera di Dante non è mai stata una dottrina unica e univoca. Al contrario, proprio come l'esperienza viene vissuta in maniera diversa da ogni soggetto, che ne trae i suoi significati soggettivi, così anche l'approccio al testo di Dante (ma a qualunque testo letterario) giustifica molteplici e differenti letture e interpretazioni. In particolare, alcune parole, frasi, espressioni, alcuni episodi, discorsi e personaggi, possono dar luogo ad ambiguità: non solo cortocircuiti tra campi del sapere che producono meraviglia, ma veri e propri sistemi interpretativi tra loro differenti che strutturano e spiegano gli elementi in maniera diversa. L'ambiguità è un effetto non casuale, ma anzi voluto da Dante, che se ne serve in diversi luoghi della Commedia.

Il modo in cui ci viene introdotto, presentato, questo essere (nominalizziamolo) è così pacato e piacevole da aspettarcelo vivace come una luce che non riesce a star ferma, tanta è la sua voglia di muoversi. "Tremola", cioè non semplicemente "trema", ma si agita come un bambino felice di qua e di là senza mai fermarsi. Freme dalla gioia di girarsi intorno.

Via il ghiaccio freddo del dubbio, dell'errore, via le false immagini: la Verità che riscalda e innalza l'animo e lo spirito è giocherellona!

Quest'essere pare che si comporti come un bambino o una bambina, gioca proprio come loro.
Mi piace pensare che quest'Essere sia proprio una bambina; altre volte mi sembrava che fosse una gatta che giace in una cesta, tutta contenta, per riposare. Ogni tanto si gira a pancia in su e per il resto del tempo ozia contenta.
Certo, in questa maniera si forza il significato di "contento", il cui significato è "contenuto" - le terzine hanno senso solo se "contento" significa "contenuto" e non "felice", "allegro" - ma, diciamo che la lettura è portata a questa interpretazione (di "felice" e soddisfatto) quasi spontaneamente dal contesto di calore, luce, serenità con cui è introdotto l'essere. Forse è un modo di descriverlo che a noi oggi ricorda ambientazioni domestiche rassicuranti.

E se il soggetto fosse contento nel senso di 'contenuto'? Anche in questo caso potremmo ottenere letture a loro modo coerenti, in quanto lascerebbe pensare che il contenuto di tutto l'Essere (nominalizziamolo ancora) sia rinchiuso in quella sfera. Perciò verrebbero in mente le corrispondenze medievali tra individuale e universale, tra micro e macro, della presenza dell'Uno all'interno delle infinite varietà di essenti, dell'uguale nel diverso.

L'ha fatto apposta (quel briccone) a non specificare che cosa volesse dire, cioè a legittimarci queste letture. Molte volte Dante rimane sul vago, facendolo apposta per stimolare i lettori a interpretare. La vaghezza è una tecnica che nella Commedia l'autore impiega in modi diversi per ottenere rispettivamente diversi obiettivi.

È importante tenere a mente la sottotraccia della precisione e della vaghezza presente nella Commedia, è un tratto basilare che nel testo interviene in diversi punti e su differenti livelli. Partendo dalla vaghezza che contraddistingue un ricordo, dalla imprecisione della mente umana nel capire l'ambiente ultraterreno, la vaghezza rapisce anche lo stile poetico, quando il poeta rinuncia a descrivere sensazioni e visioni perché non spiegabili a parole: è impossibile. Anche quando in un secondo momento si siederà a mettere per iscritto queste esperienze nell'aldilà, Dante non si sente capace di dare spiegazione a tutto quello che gli è accaduto.

 Ci sono due modi fondamentali di interpretare le parole e frasi più vaghe e ambigue della Commedia. Ad esempio quando lo fa nell'Inferno, la vaghezza è usata in maniera da rendere legittime letture non solo maliziose, ma addirittura vituperanti e tragiche, come nel discorso interrotto del Conte Ugolino, uno dei più alti esempi di reticenza. Lì si trovano parole interpretabili in diverse maniere, dove la lettura non letterale comporta un'interpretazione "peggiore" di quello che viene raccontato. È l'ambientazione, cioè il contesto infernale a consentirci di pensare al peggio: sappiamo che chi è condannato nell'Inferno ha scelto sempre l'alternativa sbagliata perciò peggiore.

Perciò nel Paradiso dovremmo aspettarci il meccanismo/i significati opposti: cioè che questo meccanismo poetico, di rimanere sul vago, non comporti letture maliziose, significati nascosti "peggiori" di quelli esplicitati. Anzi, la beatitudine delle entità paradisiache dovrebbero lasciar pensare a situazioni ancora più piacevoli di quelle esplicitamente narrate.

La Commedia non è un'enciclopedia. Essa non vuole insegnare ai viventi tutto dell'aldilà, la descrizione potrebbe non essere fedele. Anzi, vuole aprire squarci di ignoto nella realtà squallida medievale dominata dalla forza dei signorotti più potenti. Apre la Terra spaccandola, scende e sale dalla sua superficie come in un viaggio meraviglioso.

È meraviglioso per chiunque, infine, che non sia ancora nato il critico letterario capace di sapere e di spiegare tutte le sottotracce presenti nella Commedia, trovare i suoi significati è una missione ancora aperta, che accende l'entusiasmo di tutti.

Quando il subconscio non vuole mangiare

L'inconscio prevede che si seguano abitudini e procedure standard praticamente sempre per evitare traumi, cioé eventi detestabili che le abitudini vogliono escludere. Non è aperto a tutte le esperienze, ma solo a quelle che lui vuole, escludendo le altre.
Abbiamo un dispositivo che ci fa fare le stesse esperienze ogni giorno e che tende a evitare quelle dannose o detestate. Sta dentro l'istinto vitale.

Se trasgredisce un'usanza consolidata, un'abitudine, una sequenza di comportamenti e intenzioni, reagisce negativamente. Le malattie mentali vengono da un disordine derivato da schemi mentali non seguiti regolarmente. È un difetto o un limite umano al suo stesso agire. Le abitudini si formano, assumono, modificano e perdono in periodi lunghi.

L'arte, la Letteratura, l'immaginazione, i sogni, sono però spazi in cui vivere virtualmente esperienze, altrimenti impossibili. Lì si può interrompere qualunque ordine senza conseguenze per forza patogene, anzi, rinforzanti e rigeneranti per la mente e per lo stato d'animo generale. Sono esperienze-esercizi per acuire intelligenza e allargare campi mentali, acquisire conoscenze e competenze altrimenti negate dal nostro sistema psicobiofisico.

De pigrizia VIII: Pigrizia e/è società

No, oggi la società è il luogo dove è permesso dare il peggio di sé senza paura di essere ripresi da altri. Facebook, le strade, i mass media, fanno degenerare tutto in merda, qualunque cosa, qualsiasi argomento. Vale solo il giudizio di bellezza. Si segue la logica più becera e vaga, quella che attrae perché individua i colpevoli negli altri, sempre al di là di tutto. Questo è semplificare. Come se ciò che ognuno fa non avesse ricadute nel mondo e nella società, che vengono scambiati per meccanismi autonomi e automatici. La legge e la scienza stanno e provengono da un altro mondo, tutto appare impersonale e difficile: questo è semplificare. Perciò si segue l'istinto o senso comune continuando a fare i furbetti egoisti.

Tutti scolarizzati, e nessuno che sappia vivere sfruttando le cose che ha a disposizione. Non si accresce nessuna abilità utile.

In questa società non cresce nessuno e non si diventa empatici nè persone complete. Anzi bisogna rinunciare a parti essenziali di sé per farne parte, in primo luogo la morale, il senso di giustizia e del dovere per poter rimanere solo pigri approfittatori.

Le società potrebbero essere nate per perseguire le attività più criminali del passato, legittimarle. Così si è potuto continuare a sfruttare le masse senza che potessero reagire.

Alla società bisognerebbe arrendersi, non assumerla come modello o ideale di socialità.

In essa è consentita soltanto la mobilità sociale cioè economica, che incoraggia a perdere valori morali soggettivi, famigliari in nome dell'arricchimento (limitato al campo) economico, del benessere materiale, dello stato pigro di inattività e di egoismo. Se non ti importa nulla degli altri né dell'ambiente puoi raggiungere il vertice della classifica sociale.
E la società non avrà bisogno di te.

Anzi, avrà bisogno della tua estinzione. Sarai un problema sociale perché una volta risolti i tuoi problemi materiali individuali, soddisfi il tuo bisogno di risorse e puoi sprecarne quante ne vuoi senza paura di rimanere senza. Sei tu il vero problema a quel punto, il parassita spregevole da eliminare.

La verità è che noi subiamo la società, non è vero che ci aiuta a crescere o a migliorare. Semplicemente, non si può volerla e si vivrebbe meglio senza. Senza parassiti, ladri, potenti prepotenti...

Si potrebbe obiettare che la società ci ha dato la cultura che altrimenti non esisterebbe. Peccato che invece la società è più interessata a privatizzare la cultura che altrimenti non avrebbe senso in un sistema capitalista: bisogna che sia un prodotto che si venda. Nessuno ha una Conoscenza oggettiva da tramandare, non interesserebbe. La società privatizza la cultura e pretende di venderla: ciò che non è comprato non sarebbe culturale! Se non sta in un museo, se non è scritto su un libro, se non l'ha detto un professore non sarebbe culturale! È un sistema che vuole mettere a tacere la cultura perché gli è contraria. La cultura vorrebbe proprio mettere in guardia dai suoi inganni. Gli intellettuali la criticano, i filosofi vedono la fine dell'Uomo, i sociologi ne parlano come di uno stato fuori del mondo: la società è il problema.

Univerro e Univero

La nostra perfetta Ragione, neanche lei può negare la possibilità che l'Universo, la Vita e tutto quello che è stato creato e distrutto nel corso del Tempo, non siano altro che esperimenti di Dio in vista di una sua futura creazione migliore e perfetta.
È filosoficamente vero in questi anni che la caratteristica propria dell'Essere, della Vita e perfino della percezione umana, sia nient'altro che l'errore, l'approssimazione. L'errore è dentro e fuori contemporaneamente al soggetto, lo trascende ed è nell'ambiente.
L'unità dell'Universo è dentro l'Errore, che si manifesta in molti modi, generalmente nel momento in cui viene effettuata una scelta da agenti tanto animati quanto inanimati, perciò più o meno in coscienza.
L'esperienza umana, che sta alla base della Conoscenza, è motivata da un continuo processo di prove, fallimenti, nuove prove, successi, fallimenti, ecc., che mira all'adattamento all'ambiente dell'individuo e delle sue capacità. Perciò Conoscenza, Cultura e se vogliamo anche Scienza non sono mai monoliti fermi nel tempo ma teorie temporanee, perennemente imperfette perché non ci si può accordare su autorità o verità affidabili una volta per tutte, tutte destinate ad essere superate.

[comunque è bello che non trovino mai la verità definitiva o tutto cesserebbe di vivere/errare=esistere. Dev'esserci sempre lo stesso squilibrio o lontananza per fare esistere il tempo].

Questo non vuole dare conferma né all'esistenza di Dio né alla sua non esistenza, però presupporrebbe che Lui esista e che si dia molto da fare nella costruzione, gestione e perfezionamento di modelli di Universo. Diciamo che costruisce prototipi (Universi paralleli) uno dopo l'altro che dovrebbero migliorare quelli precedenti e intanto vede come funziona. Sicuramente vede che cosa adesso non va nel nostro universo e sviluppa modifiche o tecnologie completamente nuove per rendere il prossimo Universo più vicino alla sua idea di Perfezione.

Ciò rende noi fratelli di Windows 10 che si aggiorna frequentemente e invia feedback al suo sviluppatore, destinati ad essere soppiantati dal prossimo software, che non sappiamo quando e se davvero uscirà. Si dice che tanto Dio quanto Bill Gates si siano entrambi ritirati per dedicarsi ad altro.
Rende noi fratelli dei computer, degli smartphone, degli hardware che vivono tutta la loro esistenza credendo nella programmazione contenuta nei loro rispettivi software, alle illusioni che esso offre, e che non riescono per colpa loro a guardare cosa c'è fuori della platonica caverna dell'Informatica.
Non capirebbero la Vita, non riuscirebbero a sopportare il disordine e lo schiacciamento del Mondo esterno senza un software che regolasse le loro capacità.

Eppure già i più antichi sapevano senza dubitare di questo lavoro "notturno" di Dio, e che verrà il tempo dell'avvento del software definitivo che sostituirà il nostro sistema obsoleto.

Solo che prima deve fare molte prove e piccoli aggiornamenti di sistema.

Sicuramente il problema principale che gli si pone per costruire questo nuovo Universo è l'eliminazione dell'Errore dalla Vita. Quando non c'è errore non succede niente e niente può nascere. Questo vanifica ogni suo tentativo, e forse è proprio per questo che ci sta mettendo tutti questi anni (13 mld)? Non dico che addirittura Dio stia sbagliando a costruirlo (è il nostro Universo ad essere l'universo per gli esperimenti e quindi anche per gli errori), solo che è bloccato e non riesce ad andare avanti a risolvere questo difficile problema. La spiegazione alternativa è che ci abbia rinunciato. O che non esiste, ma questo renderebbe tutto logico, prevedibile e noioso, uguale e per noi indifferente, privo di significato. Ogni cosa che guarderemmo ci apparirebbe l'unica stessa cosa che si guarda sempre e in tutte le altre direzioni. (Cosa? Forse niente, inteso come materia delle cose). E quanto tempo durerebbe un Universo in cui domina soltanto una Verità, mezzo secondo, mezzo minuto? Insomma, solo il tempo di enunciarla, questa Verità, e poi tutto si dilegua.

Se posso permettermi, consiglierei l'Altissimo - no, permettetemi di dirglielo - di affrettarsi a distruggere il nostro mondo, e, nel prossimo, di enunciare una Verità complicatissima e lunghissima, cioè infinita, piena di particolari e personaggi tutti diversi e sempre nuovi in modo che non si esaurisca mai. Deve essere molto ma molto più grande di tutta l'Enciclopedia, di tutta la Letteratura mondiale, di tutta la Storia, del Diritto, della Chimica, Biologia, Neurologia, Psicologia messe insieme, deve durare di più. Ad esempio, se uno studente universitario volesse mettersi a preparare un esame sull'argomento ("L'Argomento" con la maiuscola) ci dovrebbe impiegare 13 miliardi di anni a studiare, 26 miliardi per ripetere un paio di volte e altri 13 miliardi per esporre tutto ciò che ha imparato, converrebbe dunque che iniziasse subito senza perdere altri anni che gli peserebbero molto sul carico di studio. Anche se ci riuscisse, a imparare 13 miliardi di anni di Verità, finirebbe 52 miliardi di anni dopo aver iniziato e, quando avrà finito, sarebbe terribilmente indietro, anzi obsoleto per i suoi tempi, si accorgerà di aver sprecato tutti quei miliardi di anni inutilmente. Peraltro avrebbe un mucchio di difficoltà a trovare i libri in programma, perché nessuno sarebbe mai stato tanto saggio da conoscere una Verità talmente complicata, perciò non esisterebbe libro che la enunci una volta per tutte. Dio deve avere la fantasia di un bambino o di un ragazzino geniale, diciamo di un poeta che però ha studiato molte cose e anche qualche scienza, come un misto di Leopardi, Gadda, Dostoevskij, Pascoli, Einstein, Parmenide, Bauman... Questa Verità deve essere contraddittoria e a volte suonare falsa proprio come le storie di un bambino, discontinua cioè che passa da una Storia all'altra come l'Orlando furioso e lascia in sospeso alcuni eventi perché deve crearne altrove degli altri. Dio deve avere l'oratoria di un attore, la fabulazione di uno schizofrenico, la voglia o entusiasmo di un amante.

Anti-chi?

Lì fuori è pieno di antimateria.
L'antimateria è costituita da anti-atomi contrari ai nostri, che se si incontrano si annullano, trasformandosi in energia.

Quindi:
- noi siamo l'antimateria di qualcuno che non è mai nato;
- esiste una zona dove esistono anti-noi che però non sono nati;
- se qualcosa esiste qui, non può esistere altrove, perciò neanche lì;
- quello che esiste in quella zona però qui non esiste;
- gli anti-noi non esistono cioé non sono mai nati, ma non importa o forse è meglio così perché avrebbero un altro nome, il sesso opposto, idee contrarie a quelle dei nostri corrispettivi, ecc...;
- meglio non incontrarli perché ci annulleremmo all'istante trasformandoci in energia (scoppieremmo);
- ma poi, se due anti-fra-loro si volessero annullare e far esplodere, a quale distanza devono incontrarsi? Bisogna stringersi addosso l'uno contro l'altro? E in che posizione, uno in piedi e l'altro a testa in giù e gambe in alto?
- potremmo benissimo incontrare l'anti-persona di qualcun altro e parlargli di lui, che l'anti-lui detesterebbe;
- questo può spingere alcuni a volersi annullare con l'anti-sè corrispettivo?
- in caso contrario non vorrebbero incontrarsi mai perché si detestano? O perché si annullerebbero all'istante?

Grazie.

Ebook: facili per giorni difficili

Siccome siamo in emergenza, e tutta l'Italia non può uscire ormai da più di una settimana, trovate qui i migliori archivi online di ebook (pdf, epub, mobi):



Libri.me (ora libri.xyz , il dominio cambia spesso, cercare su google l'indirizzo aggiornato) per la narrativa;

Ladri di Biblioteche il più grande archivio italiano di libri. Narrativa, poesia, critica, saggistica, riviste anche di alto livello. Un po' complicato accedervi: bisogna che l'amministratore vi aggiunga nella cartella condivisa su mega.nz seguendo queste istruzioni;

Soulseek programmino molto leggero, peer2peer dove si trova davvero di tutto. Musica, video, epub e pdf anche molto rari.

Mostroblog che vi posta tutto gratis non è mica da meno!



Perciò affrontate e vincete le paure e la noia: leggete un più igienico ebook in quarantena!

(Approfitto per ringraziare i gestori di Libri.me e LadriDiBiblioteche del loro aiuto, e per invitarvi a donare loro qualcosa)


Vi saluto con un'immagine molto simpatica trovata su LDB:

Stupido come un morto degli ultimi quattro secoli e mezzo

Fai sempre tutto male e arrangiato
e vieni a dirmi
in questi giorni
di dover fare come dici tu
e non altrimenti
anche se non hai capito un cazzo

Ma se sei stupido come un morto

come al solito,
non impari mai.

[Stupido come un morto: non accorgersi di niente e come il Mastorna di Fellini e Silenzio in Emilia o Cani dell'Inferno di Benati, non essere in grado di categorizzare la realtà: essere incapaci di elaborare una mappa mentale dello spazio, incapaci di relazionarsi con altri, incapaci di apprendere o elaborare conoscenze utili che non si rivelino puntualmente false. A malapena rimane il controllo sulle emozioni e sul linguaggio che è comunque sgrammaticato e pare modellato sul parlato attraverso infrazioni all'ordine logico dei sintagmi, ad esempio attraverso l'anacoluto, il cambio improvviso di soggetto, la sua sospensione un momento dopo esser stato citato.
Ma è condizione anche della Vita, non solo della Morte.
I vivi sono più stupidi perché ancora dotati di dispositivi per produrre e credere alle illusioni, i morti dunque dovrebbero sapere più cose o meglio. Ma è così?
Le cose acquistano più senso quando vengono a mancare - dice ottocentescamente una scimmia di facebook. Direi invece che era proprio l'Essere ad avere un senso quando noi non c'eravamo. Le cose ci riempiono e sarebbe meglio liberarcene il più possibile, mentre è il pensiero della nostra fine che dona alle cose un'importanza trascendentale.
I vivi vivono chiusi nelle loro menti creatrici di (imperfette) mappe cognitive, che ognuno scambia per la Realtà così com'è. Presumono di avere il controllo e di essere al centro dei fenomeni, di conoscerli enciclopedicamente; non si accorgono di vedere sentire accorgersi soltanto di quello che la loro mente proietta alla coscienza. Questo è come "ognuno vive come dentro la sala di un cinema mentre si proietta un film di cui è l'unico spettatore". (Ci si può chiedere perché non ci alziamo mai per andare in bagno; meglio non farlo: evitate di accorgervi dei vostri metafisici pantaloni cacati). Poi, come all'uscita di ogni cinema si sentono i commenti idioti tipo "Quant'è vero questo film!" come quelli che leggono Coelho o i sentenziatori e gridano "Quant'è vera questa cosa che c'è scritta!".
I vivi hanno torto per forza e si vantano di vivere nella coscienza del Vero, cioè senza illusioni o magie.
I morti più umilmente si approcciano al mondo. O almeno così appare, perché se dovessero continuare a comportarsi come da vivi anche dopo essere morti farebbero davvero la figura dei coglioni, sempre a sbagliare previsioni, con le loro conoscenze limitate e per forza errate.
La morte sbeffeggia tutti ugualmente, ci priva di ogni orgoglio legato al presunto possesso di abilità che tuttavia ci servono per rimanere in vita.
Secondo me, se esiste, non lo so davvero, in Paradiso non entra più nessuno almeno dal 1630. Per il semplice motivo che tutti i successivi morti, o almeno la stragrande maggioranza sono dei vanagloriosi coglioni con pantaloni cacati.
I fantasmi a partire dall'epoca moderna fanno paura. Non perché siano entità super-intelligenti e dotate di saggezza, ma perché continuano a comportarsi come da vivi, sconvenientemente alla loro attuale situazione, cioè commettendo una marea di errori e dicendo soltanto idiozie, proprio da gran coglioni.]

Libri: i più divertenti

Ecco una lista di libri che vi faranno cadere dalle poltrone:

1. Il pensatore solitario di Ermanno Cavazzoni
2. Favole da riformatorio di Ugo Cornia
3. Disastri di Daniil Charms
4. Metamorfosi di Apuleio
5. Decameron di Boccaccio
6. Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis
7. La galassia dei dementi di Ermanno Cavazzoni
8. Il limbo delle fantasticazioni di Ermanno Cavazzoni
9. I sette cuori di Ermanno Cavazzoni/Edmondo De Amicis
10. Il Pataffio di Luigi Malerba
11. La secchia rapita di Alessandro Tassoni
12. Novelle fatte a macchina di Gianni Rodari
13. Baldus di Teofilo Folengo
14. Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo. Di Laurence Sterne, 1759
15. Guida galattica per autostoppisti (tutta la saga) di Douglas Adams

(Disposti in ordine casuale)

Problemi di Editoria Italiana

I giornali hanno lo scopo di informare.
Regola semplice, basilare, stabilita già agli albori della sua Storia: che senso ha investire su un prodotto basato sulla condivisione delle informazioni, se poi neanche informa? Un giornale non ha nessun senso, nessuno scopo se non fa Informazione.

L'Informazione è lo strumento principale per educarsi. Considerata come nozione o notizia, infatti offrirebbe a un individuo l'occasione per imbattersi in situazioni, eventi, contesti nuovi non noti; e quindi a elaborare pensieri (per lui stesso) inediti. Nei migliori dei casi, cioè in presenza di materiale editoriale efficace e di qualità, un individuo può sviluppare un sistema di pensiero analitico e critico grazie alla lettura di testi, tanto su libri quanto su giornali.

Un sistema di informazione efficace presuppone il rispetto nei confronti del lettore, un rispetto profondo che il redattore dimostra attraverso le sue scelte.

Tenendo conto di queste premesse, un italiano del 2020 può sconcertarsi dall'approccio con le testate giornalistiche nazionali. Come è possibile che una editoria che si vorrebbe al passo con i tempi offra materiale privo di qualsiasi contenuto informativo che sia capace di educare gli individui a comportamenti civili, come invece si stanno orientando tutti gli altri sistemi educativi occidentali? 

Lo sconcerto diventa profondo una volta considerati argomenti come gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile  che si sono dati i 193 Stati dell'ONU, e le loro motivazioni: nella sezione riassuntiva  "Come salvare il mondo per persone pigre" del loro sito, si legge:
Porre fine alla povertà estrema. Combattere le disuguaglianze e le ingiustizie. Contrastare il cambiamento climatico. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono obiettivi importanti, che cambiano il mondo e che richiedono la cooperazione tra governi, organizzazioni internazionali e leader mondiali. Sembra impossibile che una persona comune possa avere un impatto. Dovreste arrendervi?
Esistono giornali nazionali (certo salterà subito in mente Libero Quotidiano e le sue infinite fake news, già molte volte escluso dall'autorevole Ordine dei Giornalisti) che puntualmente remano contro questi requisiti basilari per la democrazia unita allo Sviluppo sostenibile, ignorando i problemi della povertà e dell'insostenibilità dei contemporanei cicli di produzione-commercio-consumo, la qualità critico-letteraria degli articoli e la dedizione alla legalità, la parità tra generi o gruppi maggioritari e minoritari, la ricerca della pace, la collaborazione tra individui, gruppi, nazioni; e, non ultimo, ignorando le responsabilità (l'impatto) dei singoli, delle loro scelte e azioni.

Ecco la tabella con i 17 obiettivi:


Giornali diseducativi quindi, ben oltre il limite della legalità, appaiono senz'altro inutili, se non dannosi. Dannosi in quanto diseducativi, e perciò fuorvianti. Diseducativi in quanto non perseguono la crescita culturale della persona e lo sviluppo di un senso di comunità e di socialità. Diseducativi in quanto razzisti e discriminatori. Certi giornali perseguono solamente il profitto del vendere sillogismi puerili a cervelli lenti, difendendo strenuamente il paradigma dell'ignoranza. "È colpa degli ignoranti, non prendetevela con noi" si difendono spesso i loro redattori, che hanno trovato polli da spennare attraverso il minimo sforzo.

Luigi Malerba, nel suo divertente Il giornale offre una vasta gamma di intelligenti utilizzi di questo tipo di prodotto, altrimenti inutile (culturalmente, informativamente, educativamente inutile). Se un giornale nazionale tratta con sufficienza o disprezzo i suoi lettori, e ai loro occhi perciò si rivela come una truffa, sarà facile aspettarsi che gli unici vantaggi traibili sarebbero soltanto quelli di tipo igienico e fisiologico. Possono anche essere usati per la combustione: per accendere un fuoco e riscaldarsi o cucinare; oppure per fare carri di cartapesta. Questi utilizzi sono utili agli individui per diversi motivi: sia il piacere fisico, sia quello mentale provato ad esempio dal veder bruciare discorsi controproducenti.



*Aggiornamento 17 marzo 2020:
Interessanti anche le riflessioni di Dalla disinformazione a un nuovo giornalismo. Position paper di Mario Morcellini presentato in occasione del Ventennale Agcom, 15 gennaio 2019. Contiene argomenti come "Un paradosso: la crisi del giornalismo al tempo della società dell’informazione" ma anche "La crisi come cambiamento culturale e professionale".

Suppellettili che devasterei

Stretto tra le porte dei negozi attaccate
prospicienti a fatica io mi muovo
"Dammi spazio per andare in strada"
con rabbia grido a uno inorridito
dalla mia strana inciviltà.
Ma che viene
tutto intorno, e che
stringe come un boa?
"Io da voi non compro un cazzo
e togli dai piedi quel tavolino
che blocca a tutti il passaggio".
Ma al di là han distrutto il paesaggio.
Non c'è più niente si possa raggiungere.
"Vieni da noi, l'offerta è speciale!"
almeno consola qualcuno di loro
appioppandomi di sana pianta
bisogni e voglie
che non sono i miei
ai quali mi dovrei adeguare,
sì, come fossi un trattino sottile
che non riesce a guidare il suo Io.
No,
non è per strada che oggi riesco
a trovare un senso allo spazio
a meno che non sia domenica
sera e non ci sia nessuno,
perché altrimenti ancora le ombre
e le pozzanghere, i colli, i boschi
e le aiuole, le stanze sotterranee
oscure e nascoste dentro botole,
abita qualcosa che sfugge
e ride, e vive un piede poggiando
sulla nostra, l'altro nella
dimensione parallela.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.