Vorrei dormire nel letto del fiume

Vorrei dormire nel letto del fiume
ma rane ed uccelli
non me lo fanno fare
e il rumore dell'acqua che scorre
è troppo forte per farmi dormire
sembra il rombo di un motore
il vociare confuso di una marmaglia
dietro le quinte di un teatro
di continuo riapro lo sguardo, mi volgo
a vedere se i pesci mi osservano
le alghe mi toccano e fanno il solletico
la luce distorce il cielo emerso
e mi arriva alla pupilla danzando 
le mie lenzuola non si rimboccano
e la coperta mi fa soffocare.
Vorrei dormire ma non si può fare.



Hai gli occhi castani

Col legno di cedro che hai dentro gli occhi
facciamo una barca e navighiamo
fino a una terra lontana lontana
oltre la linea dell'orizzonte
facciamo una casa di rami e foglie
viviamo di pesca e di raccolta
ridiamo pensando che è bello partire
e quando è tardi dormiamo abbracciati.

Rimanimi

Dalla finestra ti vedo passare
è vero che abbiamo due corpi diversi 
ma nella mente ti guardo e disegno
d'accordo sia fuori non nella mente
ma sei più vera solo all'interno.
Forse noi siamo la stessa persona 
tant'è che rimani sebbene per poco 
anche se giri dopo un minuto 
l'angolo lì in fondo alla strada.

Dicembre

Dicembre bacca rossa caramella
lampadario a braciere nuvolare
di nuvoli grigi, neri talvolta
in fondo ai confini novembrini
oltre il muro che scavalco di notte
ed - oh magia! - la tua schiena bruciare
non come brace bensì come fiamma 
di un fuoco nascosto nei boschi di neve
riga di fumo nel niente del cielo 
sulla collina che ho dietro casa.



Specchio inattendibile

Nel corso della Storia l'Uomo è diventato sempre più stupido e inadatto alla vita. L'intelligenza, facoltà universale e relativa a ogni individuo, perciò stesso appartenente ad ogni individuo, si è visibilmente ridotta. Se nel lontano passato serviva a connetterci all'ambiente e agli altri individui, adesso invece serve per isolarci da tutto e tutti e sopravvivere accontentandoci del poco che abbiamo. 
L'intelligenza contemporanea non fa ascoltare, quindi neanche imparare. Ognuno rimane convinto della propria superiorità naturale, anche se non si sa che cosa significhi questo "naturale": la mente non dubita di essere contro natura o almeno molto piccola e limitata rispetto alla natura. Pensa di essere uguale alla Natura ed è convinta di conoscerla istintivamente, di essere il riflesso specchiato di essa. La mente che riflette è una metafora pericolosa che può generare un antico pregiudizio: che il riflesso sia la cosa stessa perché ne ha l'identico aspetto. Dalla voce riflessione su Treccani: «Hegel, sottolineando il carattere creativo della r. in una prospettiva gnoseologica che rifiuta alcuni dei presupposti fondamentali della posizione kantiana, la vede come attività che caratterizza la libertà del soggetto pensante in quanto non si limita a cogliere una natura delle cose come natura preesistente, ma la produce nel momento stesso in cui la coglie. Di qui la radicale svalutazione di una filosofia della r. in cui l’intelletto umano proceda per astrazione, cioè per separazioni e opposizioni che tiene fisse e insuperabili, rimanendo perciò sostanzialmente legato alla realtà sensibile, incapace di elevarsi al grado della ‘ragione’». L'Occidente di oggi è idealista e totalmente slegato dalla realtà concreta, così modellato per essere più facilmente manipolabile a livello psichico e di comportamento. Gli si fa fare tutto quello che si vuole perché non vede non sente e non sa la realtà, e nonostante questo tuttavia è convinto di padroneggiarla più che comprenderla semplicemente e istintivamente, senza il minimo sforzo. Tutto rimane astratto e non chiarito, manca l'esperienza e l'esperimento, che pure dovevano essere l'anima di una civiltà sedicente scientifica, infallibilmente vera. Ma l'Occidente si contraddice, per non turbare questo suo sistema accetta e tiene segreta e nascosta questa contraddizione, che se venisse alla luce potrebbe scardinare tutto.
Il riflesso non può essere, per definizione stessa, la cosa che essa riflette. Uno specchio non contiene me, noi, voi, non contiene un vero mondo: il pensiero non è la realtà, è per definizione una sua copia difettosa perché gli manca la verità. Pochi dubbi a proposito: l'umanità che si presenta e racconta come la più progredita e perspicace è a tutti gli effetti la meno sofisticata e meno perspicace che sia mai esistita, la più pigra, remissiva e permissiva che si sia mai sviluppata sulla Terra perché incapace di vedersi limitata. Totalmente disinteressata all'ascolto e all'esperienza diretta con la vita vera, rimane incapace perciò di imparare, così atrofizzata e avvizzita.

Neil Gaiman - Coraline

Romanzo horror e mistery (fiaba noir) del 2002 dell'americano Neil Gaiman, scrittore del fumetto Mister Sandman.

La protagonista è una bambina che esplora la sua nuova casa e conosce i suoi coinquilini: al piano terra due vecchie ex-attrici di teatro varietà con cani, al piano superiore un vecchio "pazzo" che allena dei topi per un circo. Nel giardino un gatto nero. Ognuno sembra serbare un mistero connesso con una porta del salotto di Coraline. 

L'uso di sostantivi e aggettivi molto vaghi e indefiniti rende la narrazione facilmente apprezzabile da tutti. Lo stile è secco e senza eccessi.

La storia procede come in un incubo in cui si scoprono varchi nascosti nel mondo che siamo abituati a vivere verso realtà misteriose e ignote. Il mondo degli adulti normali-borghesi dei genitori riflette l'abitudine alla monotonia, la disattenzione, la perdita di entusiasmo nell'esplorazione e nella spinta conoscitiva. Questa tendenza generale li rende estranei alle ipotesi e suggestioni.

Coraline vuole sapere cosa c'è al di là del muro di mattoni nascosto dietro la porta del suo salotto, se l'appartamento vuoto oltre quel muro si può vedere.

Vi trova un mondo simile al suo ma non uguale, ha particolari anche inquietanti che lo rendono diverso e misterioso. Qui l'incubo si fa vita reale di Coraline.

Lì trova l'altra casa, l'altra madre, l'altro padre e gli altri suoi vicini, che vivono vite parallele a quelle non oltre la porta. È come se dopo la porta ci fosse la dimensione concreta del sogno, il posto in cui i sogni sono ambientati, un posto reale e non evanescente, che però segue sue leggi, meno meccaniche e più libere e imprevedibili.

L'altro mondo però è creato dalla sua "padrona": l'altra madre, che non ne ha fatto che la loro casa, il giardino e il bosco intorno. Oltre il bosco il mondo finisce in un nulla bianco, ma proseguendo sempre dritto si ritorna alla casa, come dopo aver percorso in linea retta la superficie di una sfera. L'altro mondo è una brutta copia dell'originale ed ogni cosa è inautentica.

Gli elementi fiabeschi vengono utilizzati per generare straniamento dalla realtà, e si riconoscono soprattutto nella giovane età della protagonista, negli animali parlanti, nei varchi, nelle sfide e prove, negli oggetti magici e nella ricerca di oggetti. La spinta all'azione è data dalla curiosità e dall'istinto di esplorazione degli spazi. Le atmosfere sono quelle cupe dell'horror fantasy, ma la narrazione è molto secca ed essenziale, dettaglio che crea contatti, scontri e legami tra la realtà e il sogno.


Le scoperte macabre e horror in ambiente domestico non sono diverse dal più recente (2020) La madre assassina di Ermanno Cavazzoni, con più ambizioni letterarie miranti allo scardinamento della narrazione realista.

Gesualdo Bufalino - Diceria dell'untore

Fra i migliori libri di inizi anni '80: lingua preziosa e barocca, dalle immagini varie ed insolite. Bellissimo incipit.

Attesa della morte e malattia: atmosfera angosciante ed opprimente, dalla quale si distacca meravigliosamente l'amore per la vita come momentanea interruzione dalla banalità e dalla noia.

Si rimane ammirati per ciò che vive e resiste alla morte, stanchi delle abitudini che ci fanno dare per scontata la Vita e il mondo.

Natsuo Kirino - L'isola dei naufraghi

Natsuo Kirino - L'isola dei naufraghi.

Mistero e mito

Affascinante libro dell'autrice giapponese Natsuo Kirino del 2008.

La narrazione sembra un'indagine antropologica all'interno di una micro-popolazione formatasi fortuitamente in seguito all'arrivo di diversi gruppi di naufraghi arrivati sulle rive di Tokyojima, un'immaginaria isoletta deserta dell'Oceano Pacifico tra Giappone, Cina e Taiwan, un minuscolo paradiso naturale.
Tre gruppi di naufraghi costituiscono la popolazione "di base" di una trentina di persone, giunte sull'isola nell'arco di un anno e mezzo in seguito all'affondamento delle loro navi, e rimasti per anni senza possibilità di fare ritorno a casa. Si tratta di giapponesi e cinesi, a cui si aggiungeranno inaspettatamente dei filippini. Sono tutti uomini ad eccezione di Kiyoko, donna giapponese di 46 anni giunta per prima sull'isola insieme a suo marito Takashi, morto pochi anni dopo essere giunto sull'isola. 
La narrazione prosegue attraverso colpi di scena ed episodi macabri e realistici della vita in una società ristretta ed isolata dal resto del mondo, di individui che per combattere la disperazione di essere abbandonati e imprigionati sull'isola, sviluppano una nuova cultura e mitologia tutta loro, e tutta dipendente dal territorio e dall'ecosistema in cui si trovano. 
L'istinto selvaggio, animale, l'abbandono agli eccessi e la fuga dalla ragione coesistono fianco a fianco con il bisogno di dominare razionalmente la propria esistenza quotidiana, che permette ai naufraghi di adattarsi alla nuova vita da reclusi. Tutto però viene immerso in una dimensione primitiva, il poco di civiltà appresa nel passato fa ritorno a un livello preistorico, a livelli spontanei e motivati, scompaiono le smancerie e le buone maniere; ci si controlla ma a volte la cattiveria è libera di prendere il sopravvento.
I personaggi sono vari, ma la narrazione segue soprattutto i personaggi di Kiyoko e suo marito Takashi, del reietto e strambo Watanabe, il più sregolato fra i "selvaggi" che si diverte a girare nudo per l'isola indossando però un guscio di tartaruga marina sulla schiena per assomigliare al Maestro Muten di Dragon Ball, e a causa del suo comportamento perverso in tutti i sensi viene relegato a stare su una spiaggetta dell'isola su cui sono abbandonati dei bidoni di metallo pieni di scorie tossiche o radioattive; di GM, che per parte del romanzo un po' forzatamente "finge" di aver perso la memoria.
Nascono riti e usanze dovuti unicamente alla paura, al terrore, alla disperazione, al ricordo di episodi drammatici avvenuti prima e dopo l'arrivo sull'isola. L'atteggiamento religioso si riempie di un abbandono alla Natura e alle sue leggi, ma gli istinti e le voglie non sono per questo frenate.
Obiettivo dei sopravvissuti diventa il possesso dell'unica donna, che diventa cinica e spregiudicata quando non viene più trattata come regina dell'isola: questo smorza ogni sentimentalismo e anzi la rende uno dei personaggi più forti; si concede a molti, tradisce il marito, rimane incinta e sfrutta ogni dettaglio a suo vantaggio, per ottenere benefici.
Il finale è uno dei meglio riusciti, contiene sorprese e scioglie ogni domanda sorta nei capitoli precedenti, quando sono state interrotte sottotrame molto intriganti.

Riuscitissimo lo stile narrativo che rimane secco e chiaro, non si abbandona a descrizioni capziose e delinea una trama piena di eventi interessanti e coincidenze misteriose.

A volte fa pensare all'Odissea, ad Ulisse costretto a rimanere sull'isola di Circe. I numerosi dettagli riguardanti l'adattamento alla vita sull'isola fanno venire in mente Robinson Crusoe; alcuni misteri c'entrano con L'isola del tesoro. La crudezza di alcuni episodi inoltre fa pensare a certe ambientazioni preistoriche, ad esempio al primo capitolo di Mare verticale di Giorgio Saviane; lo stile schietto e diretto è un po' come lo stile di Moravia.

Mastro giostraio

Tempo dovrebbe fuggire avanti a me
tempo presente e le sue sfuriate
da attrattore e mastro giostraio
e travestito da imprenditore
l'abbiamo scoperto che si cambiava
i suoi luridi e logori cenci
barba e capelli bianchi e ispidi
anzi lo abbiamo sempre saputo
non è bambino dall'era di Planck
non un ragazzo che aspetta di crescere 
e non fugge, si gira su un lato
russa e dormendo emette un flato
la morte termica sogna nel plaid.


Un prodigio

Il giorno non degna di uno sguardo
si volta annoiato ad ogni bisogno 
e io qui a sbracciarmi per richiamarlo
e dirgli fermati un pochettino
mi serve un aiuto torna indietro
sei troppo lontano troppo veloce
non vuoi rallentare e venire da me?
Non mi sente neanche più 
dice a gesti di seguirlo
di affrettarmi non fermarmi 
come se lì vedesse un prodigio 
che io non ho ancora visto.



Eterno

Non è passato un solo giorno
neanche un tramonto ha sparso la brace
non una sera ha macchiato la luce
lì fra le strade bianche di nuvole,
nessuna lancetta cambia le ore
che dormono e che non fanno rumore
l'orologiaio dorme e la sua corporazione,
dorme la notte che dorme di giorno.
Rimane un istante che occhiuto un fruitore
sperso in sala A del museo
immobile fissa d'incredulità. 

I sogni si fanno non vengono

Sei sottomesso alla trama del sogno
che in incubo volge da bello che era
né fai qualcosa che possa risolvere?
È il tuo cervello che intanto lo crea.

Colazione

La vita non può che essere un sogno
la notte di un giorno estenuante.
Prepara il caffè per quando mi sveglio
domani mi alzo e vado a lavoro.

Le ombre

Il mio desiderio di guardare
dietro i muri al sole per strada
le ombre che mutano i colori
è pari solo a quello di un gioco
serissimo che serve alla vita
per renderla strana e importante.

La nuova terra abitabile

Io ad esempio non metterò un piede
sopra la nuova terra abitabile
perché è bello lasciarla così
giusta selvaggia e disumana
come in un tempo rimasto incorrotto.

Al buio

Gli occhi si abituano al buio
e dopo un po' vedono lì le cose
che non pensavo neppure ci fossero:
non illumina, m'acceca la luce.

La città della musica

La chitarra fa la sua scala armonica
e questa stanza dove mi riparo
squarcia un fugace soffio di vento
sono in una città deserta
ed una stoffa svolazza per strada
sopra il marmo di una fontana 
fino alla piazza asciutta dal sole
di una mattina tersa, e persa
fra sogni e ricordi della mia infanzia
ma l'ho vista, e il cielo turchino
ai viventi è un fluido mantice
dove si bagna chi esce di casa,
e, sospinto dai gorghi di corrente
diventa un fantasma dentro al mio sogno.



Sul fondale

In apnea nei mari di schiuma
si precipita eterni in abisso
se non che il piede giunga a toccare
granelli di vita depositata.

Come il silenzio soggiace ai rumori,
scheletro bianco a sembiante vermiglio
così il nulla sull'arido vero
che giace sommerso dimenticato.



La mia stanza

Da casa vedo il cielo di notte
come qualsiasi animale esistente
come chiunque finora vissuto:
si schiude la porta della mia stanza.

(A chi ha voglia) Lo stupido

Il più ignobile errore imprevisto
può rovinare la Vita per sempre,
stupido è farne, ma volutamente.
Non vedrai altre schiene d'argento
non un poeta, non un suonatore
mentre nel sangue la sera dilava
le strade di buche coperte d'asfalto 

Quale poesia non nasce da altro
quale canzone, quale romanzo
sento la noia della mia stagione
come una rosa che non ha un odore

Bel planetoide senza un anfratto
che un satellite possa ignorare 
quante persone che oltre un involucro
hanno un ripieno di carne sintetica

Abituate a non credere a niente
quante speranze rimosse per sempre
e chi non si ferma al primo gradino
fa come il ronzio di un moscerino

C'è un solo lavoro che conviene fare
solo uno è degno, lui solo nobilita
chi più si impegna meno guadagna
e chi guadagna per primo è radiato.
Il sole, con le dita tutte dorate,
pizzica le corde delle chitarre
poi ti accarezza i capelli biondi
come al mattino le spighe del grano

verrebbe a giocare ma è troppo alto
perché da vicino ti scotterebbe 
fa finta di sparire e poi torna
perché vuole starti accanto, ancora.
Non puoi vedere il mondo che cambia
è lento il tempo se campi cent'anni
tu lo sapevi, fai finta di niente,
già c'era la storia, tu arrivi tardi 

E ridi sul podio del vincitore
senza una gara, senza iscrizione
ma chi ti spodesta l'hai nella carne 
quanto colui che hai spodestato.

A chi ha voglia

Perfino una svista involontaria 
può essere il seme d'un cataclisma
non sai che lo inneschi, non sai che succede,
stupido se l'hai voluto innescare.

Tara

Come una pietra nel letto del fiume
son steso nel gelo dell'acqua del Tara 
il cielo è sommerso e senza rumori:
sono io il fiume, l'acqua il mio corpo.

Vangelo

Non è normale questo tuo soffrire
vinto dai forti venti di oriente
non è a questo che ci si abitua
e quando l'ultimo avrà guardato
deformi le orrende teste dei figli
avrai pace e il vestito di un santo.

Dalla fine dei faticosi giorni
si illuminò la stella polare
da allora fu sempre la stessa storia
ma dimmi che hai la sua conclusione
come si volta chiamata al suo nome
solo una donna tra mille per strada.

Respiro

Ero nel giugno e sorgeva l'estate
tuffai la mia testa nell'acqua del fiume
e perché forme e colori mutavano
senza lottare mancò il mio respiro.

Bologna

Se m'avviluppa e mi svelle la pelle
città di serpente addormentato
paura e mistura di commozione
alle tue strade di Irnerio e poi me.

Che non sono tale qual conoscesti
ma sempre serbai quel che non serbasti:
averti in me sempre. Vederti adesso
come scintilli passati tre anni.

E pure tu o i tuoi passanti guardi
ricambi, mi trovi bene, diverso
mi riconosci e, sì, mi ricordi 
mi percorrevi ad ogni mio passo.

Le strade, non io mi camminavano
e mi portavano dove volevano
e adesso mi trovo di mura e di torri
finestre di archi romanici e gotici.

Nel fiume

Lasciatemi qui sdraiato nel fiume
che smussi i miei fianchi come ad un sasso 
lasciate i capelli al gelo nell'acqua
come le alghe che smuovono il fondo.

Lasciate che qui il pensiero gorgogli
dal seno di una possibile madre
che sa il mio passato e anche il futuro 
ma che neonato io stento a capire.

Il re nudo

Che sogno irreale trovarsi vivi

sapendo che resta di oggi quel nulla

sommerso dal mare dei tuoi ricordi.




La vita un sogno e il sogno reale

ogni discrimine ormai è perduto

un giorno non crederai oggi vero.




I sarti del sogno si danno da fare

ad ingannarci d'autentici orditi

il re non sapeva di essere nudo.

Ricordo a Capri

Ricordo a Capri colori inattesi
da anfratti nascosti palpabili d'ombra
sulla mercanzia dei negozietti
in basso alle vie di pietre e ciottoli

mai visti altrove talmente vivaci
e penso che anche se andai bambino
è indubbio che li ritroverei tali
sull'isola al fluoro della mia infanzia.
I giovani teste di sole
tuffarsi avanti nel fiume
i tori muggiscono a giugno
flauti di là dai fusti di canne.

Le schiene ritagli di cielo
argentee nelle alghe ed incuranti
di tutti gli scrosci che fanno sordina
a quel che c'è dopo e che c'era prima.

Dove sei stato

Dove sei stato? Dove il pensiero
erratico e vestito di stracci
giunge infine a un porto sicuro
città di pietre preziose e di oro?

Ci si arriva per le onde marine
poetiche e uno stretto passo
che sale non può esser che reale 
il sentiero che porta al sostrato

Oppure volando su una canzone
che parla di un altro destino comune
scritto indelebile nel firmamento
negli astri al silenzio e nel nostro sole

La meta coincide con il tramonto
rosso di un fuoco che ancora non arde
che tutti inseguiamo come in un sogno
dove non brucia toccare le fiamme

E quando ci arrivi tutti t'applaudono
perché aspettavano che venissi
e tu hai sentito che ti chiamavano
lasciasti tutto, e corresti lì

All'ascolto

La carrucola nel pozzo non cigola
da un pezzo. Né al silenzio rimangono i giorni
squassati dalle onde di un mare di gomma
che oggi i bambini chiamano case.
Ma ricordi quanto strano
quel mistero nascosto dai palazzi
e su quel che c'era dentro, quei rumori
da nient'altro che ombre delle piante
che ci sono ma non ascoltiamo?
E se dentro le fattezze contornate di bordi
altro fosse un demone informe
- da dove venuto, da quando
e che voglia non badiamo -
né lo dice, omertoso mostro?
Ti apra la strada a conoscenza
la cura d'un curativo ascolto.

De pigrizia X

Siamo tornati al Rinascimento quando la gente scambiava i romanzi per avventure vere e nascevano i Don Chisciotte; alcuni partivano "alla ventura" soltanto perché ispirati dalle narrazioni cavalleresche. La fantasia era scambiata per qualcosa di reale e l'immaginazione valeva tanto quanto la ragione. 

Proprio adesso che non si crede più al sacro, al mistero dentro le cose, che sia tutto chiaro ed esplicito, non si riesce più ad avere contatti con la realtà. La società si è idealizzata, tende all'ideale e non vede tutto ciò che c'è intorno. Non ci si interroga più sul senso della realtà (dimensioni spaziale e temporale, natura della materia; chi siamo, dove, se ci sono degli altrove, e verso dove andiamo; le consuetudini delle diverse culture e motivazioni) e lo si banalizza dandolo per scontato e risaputo. Non si vuole guardare in faccia la realtà, come se la realtà fosse troppo deludente e soltanto nella distorsione razionale-immaginativa si possa trovare soddisfazione. Nel modello e nella propria convinzione di essere uguale al modello. Infatti non c'è più la spinta alla conoscenza, la curiosità verso le cose reali: vengono giudicate entità tanto umili e dimesse da essere messe sotto il sé centro dell'universo, sottovalutate in relazione al sé: non degne di attenzione quanto il sé.
Il sé viene sopravvalutato perché tendente all'idealità, come essere superiore che non ha niente da spartire con il reale. 
Infatti ecco che ognuno si proclama ridicolmente uguale al modello che segue. Se a qualcuno piacciono gli eroi dei fumetti si proclamerà eroe da fumetto (ma in versione seria, almeno secondo i suoi propositi); se a qualcuno piacciono i trasgressori dell'ordine e della legge, si proclamerà uno di loro (e non è raro che ciò accada, perché non avendo più la visione della realtà, non ci si interroga più neanche sul perché la Giustizia sia preferibile alle ingiustizie). Un bracciante calabrese che non è mai uscito dal suo paese e non ha mai sentito parlare del fuori, si proclama interista, milanista, juventino e si comporta con seria convinzione, uno della squadra.
Ogni fascia d'età, ceto sociale, livello di istruzione partecipa a insignificanti cortei in macchina quando una squadra vince lo scudetto; ma nessun corteo trionfale è stato fatto per i pochi e ormai disperati miglioramenti, nessuna grande azione davvero eroica è stata celebrata.
Cosa guarda e cosa pensa l'occidentale che ha chiuso i contatti con la realtà? Accende la tv, e non esita a criticare la bruttezza di vestiti, trucco, rughe, capelli ovviamente dimessi di quelle persone che cercano di comunicare informazioni (=non chiacchiere ma dati sull'ambiente che aggiungono qualcosa a ciò che già sappiamo).

La comunicazione non può avere luogo perché non è ad essa che l'individuo è interessato: tutto ciò che secondo lui c'è da sapere si ferma al dato visibile.

O non è capace di ricevere comunicazioni. Oltre le apparenze non c'è niente di interessante e che valga la pena di conoscere? Per un verso non ci aspettiamo più niente di bello da niente e da nessuno, è tutto piatto e ugualmente insignificante; per un altro non ci si pone più neanche la domanda. Colpa di noi apatici e degli altri che non hanno niente da dire e parlano. L'ascolto viene negato a priori per pregiudizio viziato. Ma anche la parola non esprime né comunica, non scopre né trova né informa. Orna e vorrebbe dilettare, riempie i silenzi. Forse esprime soltanto il fallimento della ricerca di qualcosa di autentico, una ricerca che qualche parte di noi pur insiste a svolgere per bisogno psicofisico. 

Parola vuota e comunicazione assente, gesti vani e teatrali, comportamenti non necessari o inspiegabili. Tutto è irrazionale nella Vita contemporanea, e per questo da decenni l'intera popolazione mondiale che tende verso l'omologazione e appiattimento e svuotamento di significati e di sacralità, è la più facilmente manipolabile che sia mai esistita. Far badare soltanto all'immediato presente rende motivazioni e necessità del tutto indesiderate. Basta agire sull'immaginario per manipolare gusti e (semplici) sistemi di pensiero (insicuro), non occorre più neanche agire concretamente, lo sforzo dei manipolatori è ridotto al minimo. 
La popolazione non conosce più criteri di valutazione, sparita ogni certezza e tradizionale metodo in base ai quali valutare la sfuggente contingenza. Non c'è una Giustizia in cui crediamo più, ne rimane soltanto qualche vago e confuso ricordo di essa nel passato; ma il passato lo si vuole cancellare perché lo si crede ridicolmente antiquato, obsoleto, errato. La perfezione verrà nel futuro e sarà l'efficienza e la velocità, la quantità; e mai più la qualità che rallenta e costa, mai più l'attenzione alla Vita, ai processi naturali, all'ambiente, alla realtà. Li daremo, tutti, sempre per scontati e chissà se sapremo vederli più.

Non devi mai insultare il vento

Non devi mai insultare il vento
che insiste a sferzarti la faccia
e cade davanti ad una porta
né le stelle che se ne stanno mute
con la Luna curiosa che guarda
e che non sa sempre essere tonda.
Non insultare i fili dell'erba
che calpesti o che non puoi più
o che strappi e poi getti in aria
non gli animali, non i bambini
che si scambiano un tenero bacio
e parlano già di fughe d'amore.
Non insultare adulto formidabile
i morticelli impotenti e il tempo
troppo semplice in cui furono vivi
l'ingenuità delle età premoderne,
e di un sistema non molto complesso.

Vorrei essere un giorno normale

Vorrei essere un giorno normale
di quelli a cui nessuno fa caso
o un soffio di vento che ti accarezza
e dove si poggia l'ala di un falco,
vorrei essere un effimero lampo
il rosso di un singolo tramonto
ed un'ombra che assume i colori
della campagna che vi si riposa,
una nuvola in passaggio
verso la dissoluzione
o vorrei essere un rumore
che non sai da dove viene
tu ti giri, anche gli animali
ma non vedete niente. Vorrei
mi si credesse in cima ai monti
dove taluno traode la voce
non essere diverso da ciò
a cui non si fa caso, uguale
a quello che in vita non sono stato
e come in incanto comunicarti
con delle parole fatte di segni
che se mi cerchi dovrai decifrare.

C'era

Dietro un armadio? Ho visto e non c'era.
Dietro la tenda? Ho visto e non c'era.
Ho visto per ore fuori alla finestra
ho visto per giorni per terra e nel cielo
e sempre non c'era, ho visto e non c'era.
Forse all'ombra nascosta da un muro?
Dietro quel muro ho visto e non c'era.
Allora in un suono, in una canzone
ho visto, in ogni voce, in tutte le note
ho visto e come sempre ho visto e non c'era,
mi sentivo vicino ma ho visto e non c'era,
ci ero quasi ma proprio non c'era.
Ho visto la luce che annuncia l'aurora,
ho visto nel vivo e nella sera
un uomo che nasce ed uno che muore,
ho visto persino nel microscopio,
sia nei neuroni che nel cuoricino
ho visto tra nucleo e suo elettrone
nel tempo, se c'era, ho visto
non c'era, ma ci ero quasi, ci ero 
vicino. In questo prurito e nel mal di schiena
ho visto e non c'era, non c'era, non c'era.
Ho aperto una porta nel caso ci fosse,
ne ho aperte decine di milioni
ha bussato! ma aprivo e non c'era
e c'ero quasi, ci ero vicino, vedevo
ma vedendo lei sempre non c'era.
Dovrò cercare ancora altrove
perché colleziono i suoi indizi
e sento sempre la sua presenza.

"Fratello!"

Non ero da solo sulle rovine
di case crollate sulla collina
dove il giorno sembrava una notte

neanche il merlo cantava per me
una nota che non fosse stonata
sulla collina sbuffava la nebbia

quanta paura finché nelle mura
un'eco portò la parola "fratello!"
e fu l'aprile più bello di sempre

il nostro abbraccio giunse inatteso
ci trasferimmo in un'altra casa
da quel deserto e la duna di sabbia.

Cavalli

Vado cercando del meraviglioso
dentro le onde uguali del mare,
nel loro scroscio disordinato,
e vedo la spuma bianca avanzare
come minuscoli bianchi cavalli
veloci le zampe bianche di mare.
Anche lei mi ha detto li vedo,
già questo mi basta a dichiarare
un gioco la logica occidentale.

Centobuoi

Eravamo morti e già nascemmo 

ma più miti, più cauti, più attenti,

dalle braci di un lectisternio 

e di un'ecatombe sacrificale.


Quando i nostri più vecchi amici

ci hanno lasciato senza spiragli

decidemmo per sbaglio di disperderci

né fu l'ultimo dei nostri sbagli.


Da quanta arsura dobbiamo bere,

da quanta fame nutricarci dentro

se c'è un'annata di carestia

che dà le nostre parole al vento?


Il discorso è incompleto come

una nuvola in cielo non resta

perciò ci piace saperci aperti

ed inesperti del tempo che passa.


Potesse tornare l'avrebbe fatto

se non ci pensa pensiamoci noi 

se per favore mi date una mano

a radunare cento altri buoi.

Se continueranno a spostare l'accento da Ucràina ad Ucraína, essa finirà per sgretolarsi.

Anche tu nascerai

Come tutti anche tu nascerai
dagli elementi di questo paesaggio
dai sedimenti portati dal mare
e dalla brezza dopo il ristagno.

Da dove altrimenti? Dai nostri sogni?
O dai sogni di un altro attento
a dove metterai i tuoi passi?
- Non credo che esista al di fuori,

credo esista ma dentro di noi
e di ciò a cui non si dà peso
la nostra vera cosa primitiva
che ci rende simili e speciali. -


Primo marzo

Come ultima notte di febbraio

devo dire ci ha un po' delusi

aspettavamo la fine del mondo,

che era iniziata ma non conclusa 

quindi i boati finirono tardi

poi il sole. Di nuovo mattina:

marzo. Come se chiudesse un occhio,

forse ad offrirci una via di salvezza.

Trapano parola

Trapano parola
da fuori a dentro
da dentro a fuori.
Chi l'ha messa
che trapana realtà?
Trapelano spazi
finora serrati
io mi ci tuffo.
Splash.

Stralcio da "Nelle mie pieghe"

[...Mutavi apparenza 
l'ennesima volta, sincera e nuda
uscivi indifesa da un corpo che muore
e ti travestivi da un altro che nasce
...
Sei tu? Che sei in noi? E ti rincontri
e parli da sola, ti ami, ti arrabbi
reciti parallele parti a cui tu stessa assisti?...]

Una donna

Apparve una donna dal niente
e nessuno la ha riconosciuta

Forse una santa, o una morta
tornata nel mondo secoli dopo

Confusa abbassata al rango di umana
da dove vieni? Ti ho vista ammiccante

Sei stata mandata? Ti ho ricevuta.
Parlo cielo
entro nelle cose
cose m'entra in io
in vena, nei nervi,
sciolte un po' nell'aria
cielo parlo e dico
fuori le parole
ecco le mie idee
azzurre come cieli
colore trasparente
e mani come fumo
tempo parlo e ascolto 
tutti i discorsi
fino a ora fatti.
Parlo cielo
e piove nelle cose,
scende pioggia e bagna
le mie e altrui sinapsi
che poi non possediamo.
Mamma lingua
vecchia come il sole
mappe tra le stelle
e noi gli adolescenti
meno adatti
certo i meno esperti
che vieni? Altrove!
sei lingua, salta e corri
sei suono, 
sparisci che puoi in volo.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.