"Confessioni d'un italiano" di Ippolito Nievo

 Ippolito Nievo (1831 - 1861) è stato un autore molto prolifico, che ha consumato la sua breve vita per realizzare con la penna e col servizio militare gli ideali di cui si sentiva portatore. Ippolito è tragicamente rimasto un ragazzo per sempre, fatto che però gli ha permesso di non rinnegare mai, ma di esplorare con costante entusiasmo le sue genuine idee sul Bene comune.

Esperimento molto interessante e originale è il suo Storia filosofica dei secoli futuri (1860) saggio romanzesco e fantasioso sulle vicende sociali e morali italiane ed europee che postulava sarebbero occorsi da lì a trecentosessantatré anni. Il libro anticipa sorprendentemente il genere fantascientifico europeo, nella sua (ri)costruzione del paesaggio e delle città del futuro, assieme a quell'interesse per la tecnologia che caratterizzerà il Positivismo francese, a patto di escluderne ogni lato negativo e controproducente. Non solo: sorprende anche la sua lucida previsione della vittoria del capitalismo e della pubblicità, della vita comoda irresponsabile e della ricerca del minimo sforzo. Si può quindi intravedere un filo comune che lega Nievo e questa sua strana opera ad autori successivi come Gadda, Pasolini, il gruppo Celati-Cavazzoni-Benati-Cornia, i quali però conoscono senza incertezza quali sono state le reali conseguenze di quei processi corrosivi. Ha sorpreso anche la previsione di una pandemia mondiale che in questi anni assume particolare rilievo.

Nel 1858, prima di dedicarsi al futuro, Ippolito ha concluso le sue Confessioni d'un italiano, in cui, al contrario, il narratore è un anziano ottuagenario, che ricorda la sua vita a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo, quando cioè l'autore reale, Nievo, non era neppure nato. Mette in pratica la magia della Letteratura: costruisce mondi ed epoche che l'Autore reale non ha conosciuto né conoscerà mai.

Il motivo centrale, comunque, qual è? È costituito, appunto, dagli ideali dell'autore reale Nievo.

Ideali che anche oggi non annoiano, in quanto si presentano ancora incredibilmente sani e indubitabili. Il mazziniano e garibaldino Ippolito, era infatti una persona cordiale e che mostrava aperte simpatie per il popolo e per gli strati sociali più bassi: si mescolava a loro ed era pronto a combattere per dargli giustizia, quando necessario. Odiava i codardi, i traditori, chi si arricchiva e si garantiva un futuro stabile attraverso la violenza e la guerra a scapito di tutti.

Sono stati anni difficili ed ingiusti quelli in cui si manifestava il dominio della Ragione, la penisola italiana poi era divisa in staterelli che venivano puntualmente conquistati e saccheggiati da stati stranieri. La rovina peggiore che Nievo potesse immaginare l'hanno avuta gli stati italiani proprio in seguito alla Rivoluzione francese e alla discesa di Napoleone. Le Confessioni seguono il veloce declino della penisola italiana, ma non da una prospettiva esterna ed astratta dal contesto come quella dello storico che ricostruisce a posteriori: il narratore, che si chiama Carlino Altoviti, è un personaggio interno alla storia e vive le vicende storiche, non solo attraverso fatti ed incontri con le principali personalità (nel romanzo c'è anche un suo colloquio col Bonaparte) ma anche nelle ripercussioni che quelle vicende hanno avuto nella vita intima e privata. A parte il fatto che piace, per un lettore di oggi, leggere di queste epoche in cui i paesini erano ancora limitati ad una esistenza provinciale, in cui le case erano basse e robuste, le stradine piene di terra, fango, animali e poveri uomini meno arroganti di noi; in più ci affascina quello stato di cose in cui gli eventi non sono ancora "accaduti", le storie non sono ancora finite e si può lottare per realizzare tutte le infinite possibilità alternative. In altre parole, andiamo a leggere dei libri anche soltanto per poter pensare a un'epoca fatta così, per conoscerla e per interpretarla.

Su un libro di storia è difficile capire che la storia ha davvero cambiato tutto: le persone, le cose, l'ambiente; è più facile accorgersene in un buon romanzo.

Certo, bisogna anche sceglierselo bene il romanzo: di certo a questo punto dell'Ottocento i buoni libri storici con riflessioni sociali obiettive scarseggiano, e non ci si può fidare molto dell'altro romanzo storico ottocentesco, più famoso e venduto, i Promessi sposi di Manzoni, pregno della visione aristocratica e conservatrice dell'autore, che condivide ben poco (=niente) con gli strati sociali non borghesi. La differenza principale è proprio nel modo in cui gli autori guardano al popolo (lo strato sociale basso): alcuni fanno come Manzoni che lo deride e rende inaccettabili/irrazionali le sue richieste; pochissimi fanno come Nievo che in esso vede comunque un barlume di bontà, non realizzata a causa del caos dell'ignoranza o della mancanza di mezzi.

Per Nievo bisogna dare al popolo i mezzi per realizzare il Bene comune. Per Manzoni... no, non se lo merita.

Ecco perché Manzoni è così cauto e deve ogni volta dare spiegazioni per dirigere l'interpretazione dei lettori verso le mete che egli ha previsto, mentre Nievo non indugia a far nomi e ad informarci in maniera esplicita delle colpe o dei meriti di ognuno. E, forse, sempre per lo stesso motivo Manzoni è cauto nel parlare di Napoleone nel suo Cinque maggio mentre Nievo ne presenta senza fronzoli tutto il lato meschino, egoista e cinico, disposto ad abbassarsi a qualsiasi infamia che può rimanere segreta pur di fare il suo interesse.

Forse è stata sua esatta intenzione il ridimensionare l'immagine di Napoleone, dopo che era stata eccessivamente innalzata dall'ode in suo onore di Manzoni. Nelle Confessioni c'è il Napoleone vero, e ci sono anche tutti quei traditori che, per assicurarsi un posto nell'amministrazione imperiale, hanno ceduto territori e tesori italiani agli aggressori francesi, senza combattere. Hanno procurato la rovina di ciò che prima c'era di Buono, per guadagnarsi, dall'infamia, la gloria.

Ecco perché un veneziano, deluso dalla "cessione" di Campoformio (attraverso cui la ex Repubblica di Venezia passa in mano agli austriaci, loro vecchi dichiarati nemici) è il personaggio più adatto a raccontarci con realismo (non solo del narratore) i reali sentimenti degli italiani tra fine Settecento e inizio Ottocento, e a spiegare i motivi dei sentimenti patriottici nell'Ottocento, giustificabili dalle ingiustizie che l'Italia subì per mano degli stranieri avversari, e oggi altrimenti incomprensibili. Si trattava di un patriottismo sano, non ancora degradato ai soliti prevedibili nazionalismi immotivati di fine Ottocento.

Non bisogna neanche pensare, come può accadere leggendo queste riflessioni, che il popolo sia ritratto con ingenuità idealistica! Gli si riconoscono i meriti, ma anche i limiti: limiti mentali e di mezzi che creano quella stupenda comicità contenuta nel decimo capitolo, che gli fanno credere che Carlino, solo perché capitato a cavallo in piazza mentre si festeggiava la Rivoluzione, fosse un suo liberatore a cui affidarsi per chiedere "Pane pane! Polenta polenta!" innescando un felice gioco di scambi e incomprensioni comiche.

Nel romanzo si legge più facilmente la stupidità della classe della borghesia, felice della Rivoluzione francese vista come opportunità di scalata sociale, tanto da farle ignorare l'involuzione autocratica in cui è presto sfociata. È la storia degli italiani delusi dall'ingiustizia al potere, disillusi.

Mica tanti, questi disillusi! Nievo è uno dei pochi intellettuali e scrittori aderenti alla possibilità della Repubblica Democratica voluta anche da Mazzini, molto interessante perché mirante all'allargamento dei diritti su scala nazionale, e non solo ai nuovi ricchi. La maggior parte degli scrittori ottocenteschi è stata dalla parte della borghesia ed ha esaltato i suoi modi di vita egoistici: dalla parte di quelli che, scalato il grado sociale, diventano a loro volta conservatori sordi a ogni allargamento di diritti al corpo nazionale.

Questo perché ogni intellettuale italiano ottocentesco proveniva proprio dalla borghesia e la voleva per questo difendere ed esaltare. In questo contesto Nievo è un outsider che col suo atteggiamento di denuncia si schiera al fianco di Leopardi, ed usa come lui la cultura (la conoscenza) per giudicare con obiettività il presente, senza illusioni e veloci o opportunistiche prese di parte.

Evasioni

  Quanti piccoli sotterfugi
speri restino nascosti
per poter tirare avanti
e mangiare un altro piatto?
Le isole di plastica
con colpevole lentezza
si son sedimentate.
Così i rifiuti alle discariche.
E vivevano gli inurbati
dimentichi nelle case.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.