Fuori la città non c'è più niente; la luce scompare in un fascio di nulla e tutta la vita risulta anormale.

Cielo nero

Alto il pino, forte il vento alza foglie che toccano fango. Un cielo nero non s'era mai visto!
ammutolisci e riprendi il tuo andamento sciancato in scarpe troppo grosse calze bucate
trasportando lui pesante in abbandono sulle spalle, con sopra i tuoi ricci
passati tra dita esploratrici ambasceria del suo cielo più scuro
diceva conoscerti non spaventa. Le sue dita troppo ossute i suoi occhi prosciugati
li ritroveranno tempo dopo in un fosso scavato lì dentro il tuo addome.
La tua chirurgia alchemica al buio di notte non lascia cicatrici rimarrà all'oscuro
e forse te ne scorderai perdendo l'arte.

Adesso
La sua testa è il tuo stomaco. Adesso il suo cuore è il tuo polmone.
Il suo pene proprio sotto il tuo cuore. Lui muore. Lui muore. Lui muore.
Lui muore e tu hai fame! L'importante nel delitto è che la traccia poi scompare.

Un uccello cantava sul ramo del pino


Un uccello cantava sul ramo del pino
voltava la testa veloce e volava
girava nel blu, poi scendeva in picchiata.
Ti ammazzo uccellino! che cazzo ti canti?
scendi dal ramo, ti spenno la vita!
Salito sul pino correndo impacciato
azzannandole, fini, mordendole forte
le alette a lui vivo con gioia ho strappato
urlava pietà in modo ridicolo
e gli occhi li aveva gonfi di lacrime.

Scaraventato per terra lui non volava
pennuto spennato senz'ali né macchia
venuto a mostrarmi il dono della grazia!
Lo raggiunsi veloce con gli occhi del pazzo
lui correva intorno non potendo volare
strillava il suo becco da ingenuo pagliaccio
mangia-vermi-vivi e poi rutta fischiando
Pascoli amava le testoline ruttare
(io no) e mentre ancora gli si muove
la spappolo sotto il peso del mio grosso stivale
lo calpesto una volta, due volte, altre cento
lo lascio per terra. Così mi è uguale.

Tempi morti

Catapultato in un'altra dimensione
giuro che non vedo il tempo passare
così sognano tanti poeti romantici ma
a ben guardare qui c'è solo male.
Le membra strette da pressioni atmosferiche
è buio rigido tanto pesto che ti schiaccia
cui dentro niente regge.
Fu quando sbloccarono le porte del tempo ed enormi
moli di passato presente futuro, intermezzi
si riattaccarono degenerando nel puntino originario.
E' il collasso del tempo e mi ci ritrovo fuori!
qui chi mi verrà a cercare?

Avessi muscoli addominali adeguati
una corazza, un elmo, una spada!
combatterei sto tempo anormale.

Ma oggi è ancora ieri.
E ieri oggi ormai da anni.
Quest'istante sbilenco che non può più passare.

L'eternità, se hai un corpo, fa male ai reni,
e morire da vivi non ci si addice.

Messaggio al Mondo

E te, sconosciuto abitante del mondo
con le tue nobili virtù e il tuo animo buono;
un innocente catturato nel mondo dei pazzi
costretto inerme a guardarsi sparire
divorato dal tempo per come sei digeribile.
Te, nascosto ottimista e sabotatore feroce d'intenzioni,
te, bianco e nero, o male e bene:
non ti conosco, ma ti voglio bene.
E se ti conosco, chiamami ogni tanto
una birra con te è sempre un piacere.
Che tu stia sentendo o no la mia voce
che tu mi abbia visto o non mi abbia mai visto
che tu parli o no la mia lingua
che tu sia già nato, ancora no o anche morto
che tu sia lo stronzo che tu sia la vittima
Che tu lo voglia o non lo voglia, beh,
Io a te penso. Io ti saluto. E da lontano,
Io ti mando a fare in culo

Gonne verdi molto corte ["Rivelazione" per "Manifestazione"]

Ahahah! Che bella serata!
eravamo usciti sapendo di non esserci
e che quelli lì non eravamo noi
ma facevamo lo stesso finta di esserlo.
(Scoppiettio di suole sul mattone)
- Oggi troppi individui tutti insieme ammassati qui
- Vuoi dire gente?
(Gonne verdi molto corte. Seni sporgenti a prendere fresco)
- Domani ce ne dimenticheremo.
- Fra uno, cento, mille anni sarà peggio
(Sassolino brillante sotto il sole. A te non ti leva mai nessuno davanti)
E chi sapeva di esserci? Tu?
- Io c'ero ne sono certo.
Ma allora... ci saremo anche incontrati
- Io proprio non ricordo
(Angolo di bocca alzato)
- Bene, allora è deciso, l'evento è prestabilito.
- Il progetto è prestabilito, l'evento necessita!
- Io so quello che devo fare. Andrà tutto come previsto.
(Dita)


Aspetta. Ripeti daccapo.


La sera più brutta della mia vita
ognuno era solo ed io più di tutti.
E tu chiunque sia non c'eri
nessuno c'era. Nessuno.
Per strada.
Nei bar.
A casa.
Tutto quello che potevo era
fumare migliaia di sigarette;
guardare il fumo. Fumo! fumo! Lo vediamo sperdersi in cielo
Il fumo è la morte del tabacco che brucia!
Il fumo è il fuoco che muore! Vedere il fumo è vedere la morte!
Guarda il fumo che meraviglia! E' fuoco morto che ancora si vede
è la coda di una lucertola, è l'anima incarnata!
Cosa diavolo sto guardando ora?
Cos'è? Uno scherzo?


Aspetta. Ripeti daccapo.


Il momento in cui cadono le maschere e ti scopri fumo
che da qualche fuoco pur verrà e in qualche cielo poi sparisce
arrivo a negare l'esistenza mia e delle cose sussistenti
ogni evento e relazione è la sua stessa morte lenta
il suo processo di degradazione che brucia energia.
Fossi qui, persona vera, a dirmi che è una falsità.
E, abbracciandomi, mostrarmi la specificità di ogni fuoco
che non brucia e non muore, non fa fumo,
non vedo.


Aspetta...

La stanza vuota

Quando aprii la porta della stanza la trovai vuota, senza più i miei mobili, senza i miei libri e la mia chitarra. Aprii la finestra, e alzai le tapparelle, ma la finestra era stata murata. Perché mi hanno murato la stanza? Avevo la vista migliore della città, con i tetti in tegole marroni e le torri delle chiese illuminate di notte, i colli verdi in lontananza che si alzavano fino al cielo. Era ancora casa mia? Potrei sempre aver sbagliato casa... Ma girandomi, notai che non c'era più la porta, al suo posto solo il bianco della parete ora senza più poster e fotografie appese. Una stanza completamente vuota, non come me la ricordavo io, piena di gente, di miei amici, i miei parenti, i miei fratelli, i conoscenti e quelli mai visti prima in vita mia; ora c'è chi di loro è morto, e chi è ancora vivo, sparso per il mondo come del resto anche quelli morti; non so dove fossero andati, festeggiavamo e credevo che la festa andasse bene. Avevo visto tutti divertirsi e fare le cose che veramente sentivano di voler fare, e tutti erano allegri; davvero una gran bella festa. C'era anche lei, l'ho rivista, non ricordo di averla invitata, e non so gli altri da chi fossero stati invitati ma erano tutti i benvenuti, e anche lei lo era. Mi parlava in maniera dolce, serena e tranquilla sorridendomi, come non fa più da troppo tempo. Io l'abbracciavo, l'ascoltavo e le parlavo e poi la portavo a ballare in mezzo a quegli alberi. Lei volteggiava e lasciava ondeggiare i suoi veli rossi, che rimanevano in aria sospesi senza il peso né la gravita. "Sei ancora importante per me" mi diceva, "torniamo dagli altri, tua madre sta per stappare lo spumante". Io non ci avrei mai creduto, ma mia madre stava davvero stappando una bottiglia da cui uscirono bollicine, e c'era mia nonna che avvicinava il suo bicchiere prima degli altri invitati e se lo faceva riempire guardandoli col sorriso sulle labbra, contenta, e brindava alla salute di tutti. Se era contenta era perché era tornato mio nonno, morto già da quattro anni, che le mancava terribilmente. Lei ha pianto per lui ogni singolo giorno da quando successe, ma adesso erano di nuovo insieme, abbracciati e felici, e anche mia madre e mio padre li abbracciavano e anche i suoi fratelli, con i miei cugini tutti stretti ad abbracciarsi, e guardavano sorridendo me e lei che passavamo davanti a loro. Ci salutarono, e noi ricambiammo. Nel sentiero che io e lei percorrevamo insieme mano nella mano incontrammo Francesca e Davide che erano nudi e correvano verso di noi con il vino in mano cantando ritornelli popolari, e a vederli, lei lasciò la mia mano guardandomi con un'espressione di compassione, di pietà, e io non riuscivo a capire se fosse lei a darmi la sua pietà o se cercasse la mia; ma risposi con un'espressione uguale alla sua, dando e ricevendo entrambi pietà. Lei si girò di spalle e si spogliò, lasciandomi rivedere per l'ultima volta le sue forme tonde e morbide che tanto avevo amato e desiderato, voltò la testa verso di me e mi soffiò un bacio in aria, poi si unì a Francesca e Davide e andò via cantando con loro. A questo punto mi ritrovai solo, ed ebbi l'occasione di cercare la persona che più desideravo incontrare, che non capisco come mai non fossi ancora riuscito a vedere. Quel giardino notturno era pieno di persone, ma lui ancora non l'avevo incontrato. "Strano" pensai, "che non sia venuto neanche questa volta? Eppure c'è tutto quello che gli piace: uno stranissimo gruppo hardcore anni '80, tante bottiglie misteriose da bere, tantissime ragazze da lasciarti senza fiato..." e continuai a cercarlo affannosamente tra gli invitati senza però riuscire a trovarlo.

Niente di buono

Vecchio! scalci in aria seduto sul bordo del precipizio
la zavorra ti trascinerà se continui a sporgerti urlando:
"Niente di buono! Niente di buono in questo posto!"
la tua faccia sommersa dalle rughe come fossero cuciture
occhi tanto stanchi e indecifrabili hanno tutta la tua rabbia
o forse cupa rassegnazione a una vita che non cambia?
Quegli occhi sanno che è già tutto qui davanti e che il suo
compito è l'esserci senza altri significati. Al contrario di te
vecchio che sei tutto significato e che per giunta non esisti
come non esistono anche gli altri in questo posto.
Vecchio poi i tuoi occhi urlano che pretendi vita eterna
perché hai lo sguardo che resiste senza posa su un cimitero
di ossa di corpi e aspettative decomposte.
Perché poi non è lì il tuo figlio prediletto? Nato in palestra
buono tanto da ammazzarti, da scalciarti giù dal bordo,
che ti faccia scomparire nel pieno vuoto del precipizio
che si pigli ciò che è tuo: casa, donna, frutti degli sforzi?
Un figlio non ce l'hai perché anche lui ne avrebbe uno
e suo figlio pure finendo col riempire anche questo precipizio
a forza di corpi spodestati con violenza della brama
corpi inutili che rotolano al fondo felici e non se n'accorgono
corpi bramosi che ottengono materia.
Lecchiamo la materia succhiamo la materia
amiamo la materia eccitiamo la materia
scopiamo la materia stupriamo la materia
vestiamo la materia e la portiamo a spasso
tener per mano la materia parlar con la materia
assumiamo la materia per produrre la materia
abbracciamo la materia ci inculiamo la materia
da milioni di anni lecchiamo tutti la stessa parete
sempre più lercia di sperma e peli ricci
tutti convulsamente a turno e superandoci
spingendo strattonandoci ridendo ammalandoci
una parete fredda guardiamo sorridendo inebetiti
avremmo potuto costruirci una casa, un intero quartiere ma
è morta e senza vita e non è mai nata. E forse vera più di te.
Una parete da invocare disperati e con cui viver soddisfatti
E tu vecchio, ci pisci sopra! Ma dunque dimmi: nella vita non c'è nulla di importante?

Niente di buono

Vecchio! Scalci in aria seduto sull'orlo del precipizio
la zavorra ti butterà se continui a sporgerti urlando:
"Niente di buono, niente di buono in questo posto!"
la tua faccia sommersa dalle rughe i tuoi occhi
così stanchi e indecifrabili contengono tutta la tua rabbia
o forse cupa rassegnazione ad una vita che non cambia?
Gli occhi tuoi sanno che è tutto qui davanti e che
il suo compito è esserci senza altri significati
al contrario di te che sei tutto significato
e per giunta non esisti come anche gli altri.
Vorresti fosse lì tuo figlio cresciuto in palestra
forte e sicuro che arrivasse in silenzio alle tue spalle e
con un calcio ti spingesse dall'orlo nel vuoto.
Un figlio, un figlio vorresti tanto buono da ammazzarti
e che rubi ciò che adesso ti appartiene: la casa
la donna ed i frutti dei tuoi sforzi. E anche lui vorrà
lo stesso e suo figlio pure e riempirete il precipizio
a forza di corpi spodestati con violenza della brama
corpi che cadono verso il fondo del precipizio
felici o che non se ne accorgono.
E' poi normale vecchio ribellarsi attraverso il sesso
promiscuo con gli atomi della materia?
"Lecchiamo la materia succhiamo la materia
amiamo la materia eccitiamo la materia
scopiamo la materia stupriamo la materia
vestiamo la materia e la portiamo a spasso
tener per mano la materia parliamo con la materia
assumiamo la materia per produrre la materia
abbracciamo la materia inculiamo la materia
da milioni di anni lecchiamo tutti la stessa parete
sempre più lercia di sperma e peli ricci
tutti convulsamente a turno e superandoci
spingendo strattonandoci ridendo ammalandoci
una parete fredda guardiamo sorridendo inebetiti".
E tu, vecchio, ci pisci sopra? avremmo potuto
costruirci una casa, un intero quartiere ma è morta
e senza vita e non è mai nata. E forse già più viva di te.
Vecchio i tuoi occhi urlano che pretendi vivere
perché hai lo sguardo che resiste senza posa
su una sfilza di progetti andati a male
in cui credevi fin da quand'eri bambino
solo tu resisti ai colpi più duri quando un soffio
di vento ci butterebbe tutti giù dall'orlo.
Ma dunque nella vita non c'è niente d'importante?


Calefazione dei Viventi

Un branco di cani divora un gruppo di bambini collegati con i fili alle montagne blu
Abbiate pietà slacciategli le scarpe altrimenti un genitore stanco non faticherà
A riempirgli le ossa di odori di cannella e masticarle affianco ai cani sopra il mare di fanghiglia
I bambini mutilati si contorcono con spasmi orrendi suonatori di privazioni permanenti
da ricoprire con protesi in ferro e ruggine trofei di lordura incompiuta attaccata
Bambini mutanti transpecie con teste di cane che rutta sbavando e gli occhi di bile
nascosti sotto balconi dei palazzi di città guardano gli altri sbattere a terra i piedi sbam sbam
aguzzano gli occhi e attendono in cibo del sangue da bere e violenza carnale
Arriva la consapevolezza del paradosso che il vuoto è totale quando rimani pura materia
meccanica pulsa in convulsioni spastiche in agglomerati di buio deforme inquietante
Che agghinderai con collane e silicone per portarla a spasso ad esser guardata come fosse meraviglia
E poi fogna hai nelle vene mosche verdi e vermi gialli a succhiare il cervello in degenerazione
Ogni gesto che tu compi ti porta alla progressiva e lenta decomposizione
Ognuno chiede il suo antipasto e il cameriere è premuroso. Venite a tavola finalmente è pronto.
Polvere e terra e sassi e polvere e sassi e terra e morte della specie come le balene
I fili scomposti da mani con zoccoli di un mostro che resta lì appeso al soffitto
Hanno fatto un gomitolo come un'orgia di atomi senza il centro né il nucleo
con la gravità, le ore dodici e cinquantuno ed i suoi riti quotidiani sorti in spontaneità
Abbiate pietà sgomitolate la matassa mangiate mio figlio staccandogli i denti
buttatelo in mare toglietegli l'aria aggiungete del burro e far rosolare.

Stelle cadenti

Avete visto quella stella cadente
rotolare in una scia?
Esplodeva di luce accesa
un vivo bagliore nel blu
prima di sparire via
sacrificata per i nostri sguardi
per un tuo sorriso coi denti.
E' venuta da lontano per brillare e morire guardata
dagli occhi avidi degli innamorati
che di notte guardano il cielo abbracciati.

Avete sentito le foglie sui rami vibrare?
sfregavano creando un'armonia
sta' attento affinché l'avverta
è frutto del lavoro di migliaia di condizioni
il concerto di molecole e relazioni.

Non vibreranno più e siamo rimasti soli
con i nostri affetti elargiti a dismisura.
Le foglie e le stelle, ormai entrambe cadute
sarà difficile trovarle di nuovo così
come le vogliamo noi.

Vedrai,
troveremo dove finiscono le stelle cadenti
quando finiscono il loro lavoro
ma forse questo è il tempo
di brillare ancora in cielo.

Terreno

Povera anima persa tra i meandri del terreno in cunicoli stretti ti costringono a passare. Credevi di non avere niente a che fare col mondo della gente che piange per ciò che non può avere, eri libera di volare su una corrente ascensionale soffiata dai sogni della tua innocenza piena di buoni propositi e di idee rivoluzionarie che ritornano nel tempo sempre e per sempre uguali. Povera anima ti hanno detto che non avevi le ali ma solo gambe molto lunghe e sottili ma che non te ne accorgevi; che non volavi ma rimanevi giù. Più in alto degli altri ma sempre giù insieme a tutti gli altri, dove gli innocenti vengono mangiati da porci luridi affamati che grugniscono grugniscono grugniscono bestemmie, che godono solo mangiando un'innocente che non fanno che ammazzarsi l'un l'altro e morire tutto il tempo. Ed è qui che io ti ho vista, triste e spaventata da questo luogo terribile, con i porci che masticavano le tue lunghissime gambe d'uccello per tenerti in mezzo a loro. Povera anima persa tra i meandri del terreno coi miei attrezzi da artigiano ti costruirò un paio d'ali leggere che ti portino in alto per non vederli, farti esplodere di luce e ridere di gusto e non tornare più.

Gli stronzi di pecora

Quando mi guardi vedo i tuoi occhi grandi
e tondi come stronzi di pecora.
Quando mi accarezzi la tua mano è come una
grattugia vecchia che mi si strofina contro.
Mentre mi parli, assorto il pensiero va alla
mia agenda ma non mi trattengo e vado a diarrea.
Quando mi baci è come se io avessi una
sanguisuga appiccicata in faccia.
Il tuo profumo è quello del cavolo
bollito con spazzatura in ammoniaca.
Tenerti la mano per me è come tenere una
seppia moribonda che ancora si muove.

Quando sto con te è come se mi torturassero come un prigioniero di guerra.
L'amore con te è come una caterva di calci e pugni da un gruppo di shaolin in cocaina
Come essere calpestati da un branco di bufali impazziti inseguiti da ippopotami in sovrappeso.

Quel giorno che ci siamo conosciuti amore mio avrei preferito fare qualcos'altro
Come esplodere con una bomba o farmi sbranare da un orso polare
Che guardo fisso negli occhi mentre affonda i denti nel mio addome.
Avrei preferito essere da un'altra parte come ad esempio sotto una ruspa
O in un altro anno, come quello del Terrore.



Torna presto. Ancora ti aspetto.





Cammino solo per strada
strada buia, fredda, dritta, lunga
è piena di voragini, è franata.
Non cammina nessuno oltre me.
Di sera mi perdo, lascio le gambe
superarsi senza una meta
fermandomi ogni passo a dubitare
della mia strategia e del suo senso.
Avrò già superato tutti?
O tutti mi aspettano al traguardo?
Voltandomi c'è il mondo che affonda
in abissi profondi e si allontana nel nulla:
la strada è franata e non so dove sono,
non riesco a tornare da dove provengo
luogo dove si svolgono le mie meritate pause,
lavoro ai miei progetti
e conservo ciò che mi appartiene.
Io cerco te, casa mia.
Io non ti trovo, e ancora più mi perdo.


Tutti vorrebbero essere come te

Tutti vorrebbero essere come te
il bambino che ti vede camminare
con i tuoi gesti precisi ben calcolati
il vecchio dal molo sospeso sul mare.
Il morto nella tomba darebbe via tutto
 l'uomo non nato si dispera dove sta,
quello che può esserci e che c'è
e quello che non può esserci che non c'è,
tutti ti invidiano perchè sei desiderabile
perchè cogli il buono e lo sai usare
perchè ora sei abile e sai comandare.
Io vorrei essere te per sapere ciò che sai
tu vorresti me per sapere chi sono io.

Ecco mio figlio (Ode a una roba greca)

La differenza tra me e te è nelle nostre molecole.
Ma è possibile ogni volta ricominciare lì dove tu lasciasti?
Dover rifare ciò che da sempre è stato rifatto?
Mio figlio faccio nascere senza corpo per non tornare.
Gli faccio solo la persona e non gli faccio solo il corpo
- tanto, che ci vuole? -
così che avanzi ciò che è iniziato e sempre interrotto.
Non mi ero accorto ma quel figlio mi è già nato!
Non occupa spazio: è nato imparato e appunto perché
non lo si vede, ancora in più lo percepirete.
Guardate che bello mio figlio, signori
Lo vedete qui come in foto
che portamento, che spalle, che bei colori!
metafisico, appassionato, e perseverante.
Fatelo crescere, io ve lo affido: non strilla di notte
non scappa al mattino, fa come voi ma è ancora un bambino
che ha bisogno ogni tanto di essere ascoltato
ma crescerà da solo e lo vedrete camminare
penserete com'è diverso da quando era nato
adesso che è uomo ed ha la sua vita
che è dottore e maestro in retorica
che parla con tutti e comprende gli umori
- morirà contento e avrà figli straordinari.

Marrone Vermuomo: favola splatter

Marrone si svegliò per il freddo dell'alba sulla terra umida della campagna piena di lombrichi, stretti che sembrano cannucce rosa, e lunghi quanto tutto il torace di Marrone, completamente nudo e infangato sotto le stelle che iniziavano a scomparire nella luce sbiadita. Se ne stava rannicchiato lì a terra ricoperto di lombrichi che gli strisciavano addosso lenti, e lui li lasciava fare, li prendeva in mano, li guardava, poi li mangiava come spaghetti, succhiandoli ad uno a uno. Si girò di scatto sul fianco destro muovendo la testa con spasmi verso l'alto, urlando. Delirava, ululava. Sbatteva la faccia contro la terra con violenza, insistentemente; gli uscì sangue da una narice che gli scolò su tutto il lato destro della faccia e delle spalle. Sbatteva, e la sua faccia diventava sempre più simile alla melma che si stava creando nella terra fredda e umida. Nella terra si era creata ormai una piccola pozzanghera di sangue e fango in corrispondenza del suo mento e Marrone si fermò a guardarla con attenzione, sfiorando con le dita la sua circonferenza anche, e ritirando subito la mano come intimorito. Dopodichè dispose il suo corpo quasi a cerchio tutto intorno alla pozzanghera e iniziò a strisciare seguendo il cerchio, come un verme. Si fermò per alzare la testa e prendere lo slancio per lanciarsi, come se si tuffasse, a bocca aperta nella pozzanghera di sangue, terra, bava e lombrichi, più friabile della terra intorno, nella quale Marrone adesso aveva incastrato completamente la sua testa. Intanto inginocchiato, spingeva con le gambe in avanti, facendo scorrere nella melma anche le spalle, e tutto il torso. Fin quando di Marrone in superficie si vedevano solo le gambe che scalciavano forte in aria; e poi, dopo poco, scomparve interamente sotto terra.
Marrone strisciava dentro tunnel che scavava mangiando la terra che trovava davanti, la quale scorreva dentro il suo corpo e veniva defecata subito dopo essere passato, quasi esattamente dov'era quando lui l'ha mangiata. La terra, le radici e la ghiaia gli raschiavano la pelle e gli organi interni, lasciandoglieli screziati e pieni di graffi. Lui scavava e strisciava, e velocemente scendeva sempre più in basso, dove la terra fredda e umida pesa e schiaccia le ossa.
Arrivato al limite delle sue forze, Marrone mangiò la terra intorno a lui in modo da creare una cavità, dalla forma che ricordava quella di un uovo e delle dimensioni tali da contenere a malapena il suo corpo rannicchiato come un feto: con le gambe piegate e strette tra le braccia e la testa volta in basso, spinta dal peso delle decine e decine di metri di terra che la sovrastavano e che premevano forte contro ogni punto del suo corpo. Il tunnel che aveva scavato per arrivare fin lì si era ormai richiuso. Marrone urlò alla terra il suo arrivo ridendo come un ossesso e lanciando grida più forte che poteva; e da lì non uscì mai più.

Preghiera animale

Dio uomo che sei in terra con una guerra annienta le idiote antiche credenze, falle fruttare da vincitore riscrivi la Storia: "Lo slanc...