La vita del consumatore è così solitaria: gli viene fatto credere di essere libero e capace di tutto (vedi etichetta della philadelphia: "prova la nuova apertura con le linguette", uno prova e ci riesce e si sente capace di aprire l'involucro) e invece gli arriva il prodotto dal consumo facilitato (dalle linguette che si aprono) e lui non sa fare niente, deve sempre essere aiutato dagli altri. È solitario perché non ha bisogno di ascoltare gli altri, ma tende ad imporre il suo vano "gusto", le sue preferenze, a proiettarle su scala universale. Non deve cioè crescere e migliorarsi, raggiungere una condizione e un gusto differenti, ma rimanere ancorato alle cose che ha sempre scelto e preferito basandosi sulla conoscenza approssimativa e confusa che di esse ha.
Non fa esperienze del resto dei "prodotti": la sua scelta autistica lo porterà a fare sempre lo stesso tipo di esperienza, perché si sente legittimato a portare avanti lo stesso tipo di vita di sempre.
Non fa niente, e non se ne accorge.
Ha bisogno continuamente dell'aiuto di altri, e non se ne accorge. Perciò cade spesso vittima di trappole.
La sua vita si risolve nella scelta di questi prodotti preconfezionati, la sua personalità si limita a consistere in questa scelta. Può quello che ha e che altri gli danno, non è capace di far cose da sé, perciò tiene tutto gelosamente per sé e lo sfrutta in continuazione, dando più importanza a questi prodotti che alle persone. Vengono prima i prodotti delle persone, sia in una comune gerarchia di valori, sia temporalmente i prodotti "fanno" le loro personalità.
Incapaci di sentire il valore e la singolarità dell'uomo, tali consumatori si scagliano contro di lui e l'intera storia dell'umanità; mentre invece sono pronti ad esaltare il valore di un prodotto scadente ma di largo consumo. La tecnica esiste per loro come una divinità inattingibile e immodificabile, indiscutibile perché perfetta.

La voce dei posti

Io reputavo ormai terminata
quella fase transitoria di fantastica
locuzione con i luoghi della vita
che si pensa che rispondano.
Mirabile a dirsi, è anche tardi
collegarsi a miriadi di pozzi
che c'è l'acqua che vi scorre
nei canali sotterranei.
Riassapori i lunghi giorni?
Spariresti tra gli aromi
di sconfinati arrosti
di fegati alla brace
sui laterizi rossi romani.
La voce dei posti non è sussurrata
lei urla le grida di uomini morti
non lasciarle a sperdere intorno
ti devono ancora per forza implorare.
Niente è necessario, e ogni cosa avrebbe potuto essere benissimo diversa da com'è, senza che il sistema della Natura ne risentisse. Qualcosa di completamente diverso dall'antico "tutto è come deve essere", in cui ogni cosa esistente trovava una sua giustificazione assoluta dentro e fuori di sé (= se si deve esserci e non si è, si incrinerebbe lo svolgersi degli eventi, verrebbe meno l'Essere).

E ogni volta che uno muore
stiamo tutti tremando in attesa
di scoprire se è la temuta volta
che muoia pure il mondo.

Nella casa un'altra casa

(Tratto da "Nella casa un'altra casa", racconto inedito scritto da Mostro nel 2017).

"Noi ti osserviamo e chiamiamo da tempo! Perché non rispondi? Vieni con noi!". Ma io quel Giancarlo non lo conoscevo, o forse era passato così tanto tempo da non ricordarmi bene di lui. Ma quel viso di sicuro sapevo associarlo al Giancarlo, anche se nessuno me lo aveva mai detto. "Scusa Giancarlo, non mi interessavano tutte le offerte che mi suggerivi" gli dico ma lui mi guarda come stupito e "mi chiami Giancarlo?" poi dice ridendo. Io invece "ma sì, o mi sbaglio? ricordo più piccoli, forse, noi giocavamo..." e lui "no ero tuo compagno di scuola" e io arrossisco, poi dico per non passare per quello in difetto "sì, ma poi qualche volta giocavamo anche fuori" ma non ne ero sicuro e perciò cambio subito discorso "ma sono venuto apposta di persona per parlarci come ai vecchi tempi perché quando mi chiamavi io non avevo proprio mai tempo". E lui fu contento: "ma certo, sapevo che avresti ascoltato!" e mi porta a fare spesa in un supermercato.

Che visione chiara e precisa! Quel supermercato straripa di merce disposta in scaffali divisi in reparti, file alte e infinite di prodotti. Tutti uguali: delle scatole di cartone, e sopra scritte e colori che rimandano ad ambienti familiari, conosciuti, felici e affidabili. Giancarlo veloce, mi porta correndo fermandosi solo a guardare in punti precisi: e sceglie il pacco più conveniente, poi cambia corsia e fa la stessa cosa, sceglie sempre un pacco preciso e poco accessibile dagli scaffali e li mette in carrello, e ancora in un'altra corsia, e poi ancora in tutte le infinite altre, tanto che alla fine il carrello era pieno di scatole uguali ma con tante scritte e disegni anche diversi. Poi mi porta in un reparto nascosto del supermercato, pieno di prodotti a edizione limitata (come li chiama lui), prodotti speciali e marchiati in oro, con grandi cartelli che ne annunciano i titoli. Special edition! Leggevo spesso, anche se tra loro e gli altri prodotti nelle corsie più commerciali non cambiava niente, solo i colori, le scritte più intriganti. L'impressione di avere il meglio della Natura a presa di mano, sotto di sé, confezionato e sigillato perché sia sempre puro, vergine in eterno, incorruttibile vero.

Poi dice Giancarlo di mettermi in fila e aspettarlo alla cassa, che lui deve ancora salire in ufficio e parlare col direttore per nuove offerte sensazionalistiche. Io lo aspetto per venti minuti in coda alla cassa; poi passa mezz'ora; un'ora, ora due. Non vidi mai più Giancarlo il pubblicitario, mi ha lasciato in coda per pagare una spesa a prezzi stracciati: spendo due soldi e riempio bustoni e bustoni e bustoni. La porta scorrevole si apre con piacere, ma non dimentica di mostrarti le offerte per dirti che hai scelto il meglio nel mondo. Non vedo l'ora di fermarmi a mangiare tutto quel cibo degno di lode, di antonomasia, di targhe dorate espositive. Mi siedo per strada: non passa nessuno, e io scarto quei pacchi, li svuoto in gola, uno dopo l'altro, ne mangio a decine. Scopro che quindi il meglio per Giancarlo è solo un prodotto poco costoso. Non cibo di lusso, non autentico cibo, ma pappa insapore che un poco riempie lo stomaco e calma l'appetito.

È il lavoro tradizionale del cibo. Calmare per poco, non certo per sempre. E allora anche questo è cibo. Sostanze mischiate non identificabili, soluzioni deglutibili, compresse effervescenti. È roba smerciabile a un prezzo base sopra scaffali di un supermercato. Non conta il sapore se il prezzo è due soldi.
Ma che palle questo mondo
tutto grigio e orizzontale!
Le persone solamente
vanno intorno a lavorare
farsi male, lamentarsi
ogni volta vi fermate alle apparenze
tutto il resto lo ignorate.
Se bassa la nuvola il fiato sorregge
e aspetti con rabbia il momento che fugga
non ti stancare in mille discorsi
inefficaci e contraddittori,
ché in Amazzonia gli indiani cantano
ancora anche se in cielo non c'è luna piena.
Ingenuo cercarci nostro nello spazio
e sottovalutarci perché siamo piccoli: 
sappiamo com'è l'atmosfera di Giove 
ma non che Vita è amore e Poesia.

Il prodotto dei desideri

Mi chiedo perché ogni volta ostinata
rifiuti la mia parte migliore
che ti offro in regalo, che scruti con studio
con la diffidenza di un compratore
assalito da merce al mercato.
Accetto a mio totale malgrado
non ti perdono, piuttosto sopporto
che consideri l'opzione di negarmi
la tua dovuta accoglienza
come se
ti volessi
fregare
da pubblicitario.
E spero non passi per i pensieri
che io sia il prodotto dei tuoi desideri.
è tradita la tua pelle, pupazzo
disegnata e colorata in superficie
e se non avessi occhi
non considererei.
è tradita la tua voce, futile
che racconta una storia mendace
e se non avessi orecchie
non immaginerei.
hai la voce registrata
non comandi regni
è detto quel che si dice
quel che appare quel
che è detto.
scoperta nascosta dietro le vesti
la tua bugiarda funzione
e torni
a far leva su loro.

Se avessi un cane lo chiamerei Pluto

Se avessi un cane lo chiamerei Pluto e sarebbe giallo chiaro con macchie più scure rosse. Io invece mi chiamerei Fabio e sarei un ragazzo con la pelle scura un po' come le macchie rosse di Pluto e sarei un agricoltore. Terrei Pluto nella casetta in campagna che avrei, lo farei addirittura salire sulla poltrona, lo guarderei per ore e ore e penserei al fatto che Pluto avrebbe proprio dei bei colori, e che anche io avrei voluto una bella pelle colorata come la sua: non mi ci sarebbe voluto molto, perché se avessi avuto già la pelle colorata come le macchie rosse di Pluto mi sarebbe mancato soltanto quel colore giallo chiaro che comunque avrebbe costituito gran parte del corpo del cane, e che io ancora non avrei. Mi sarei allora scervellato a cercare un modo per riempire di giallo chiaro un po' del mio corpo rossiccio: avrei fatto qualche esperimento con le piante nella campagna che avrei avuto, ma sfogliando qualche libro specializzato avrei scoperto probabilmente che non esistono piante capaci di ingiallire parti del corpo rossicce, e sarei rimasto veramente male. Oppure sarebbe successo ad esempio che un giorno Pluto sarebbe scappato via dal cancelletto della mia casetta in campagna e si sarebbe messo ad abbaiare e giocare intorno a una cagnetta che poi si scoprirebbe essere l'animale domestico di un tizio molto particolare perché pieno di tatuaggi. E questo tipo avrebbe cominciato a vedermi triste e io gli avrei dovuto spiegare che mi chiamerei Fabio e che avrei voluto la pelle un po' più gialla qua e qua e qua proprio come il mio cane, e lui mi avrebbe subito risposto contento che avrebbe potuto farmi felice facendomi dei tatuaggi proprio dove gli avrei dovuto dire io poco prima. E così sarebbe stato: avrei riempito il mio corpo di macchie giallognole tatuate e avrei tanto ringraziato quel tipo tanto simpatico, e con quel cane così bello che sarebbe Pluto, sarei tornato nella mia casetta in campagna guardandomi un po' più contento.

da/ha

Che cos'è adesso che stiamo combinando? Tutti insieme senza saperlo che lo creiamo, questo "qualcosa", che ci piace senza saperlo. Non è che lo scegliamo, è che lo abbiamo saputo ascoltare, e che adesso ci piace tanto, ci fa bene e non lo sentiamo imposto. Ma ci andiamo tutti a finire in quello, come dire, quello stile che ci attira, quel gusto comune. Eppure non è neanche facile da scegliere - uno pensava di avere avuto un desiderio originale o nuovo e invece tutti ci stiamo pensando, è giusto così, è più bello così, che il desiderio sia di tutti e non solo di uno eccezionale. E perciò ognuno deve annunciare a tutti se ha pensato qualcosa di nuovo, perché tutti lo aspettano già da tanto tempo prima che uno solo lo avesse pensato. Non c'è solo un guadagno personale, se fosse così, niente sarebbe oggi com'è, e nessuno avrebbe mai fatto niente di niente neanche lavorare per il proprio guadagno. Il guadagno lo ha anche il "mondo" (le persone che lo abitano, ma anche l'ambiente - spazio astratto) e quindi il Bene maggiore è condiviso, non consumato, ed è prodotto, non è acquistato già fatto.
Bisogna dare-creare perché tutti intorno lo stanno facendo per loro, per tutti. Con la propria tecnica (quella sì, originale) individuale, ma orientata sempre verso la stessa direzione in cui convergono le tecniche di tutti gli altri individui. Così si da/ha

Poema acquatico, di Mostro, 2017

Tratto dalla raccolta inedita "Poema acquatico" di Mostro, 2017.


(Immagine: Giuseppe Castelli - Il mare sul retro II)

"...
Forse qualcosa
può fare vivere
ancora il mare
piatto e fermo

in superficie ma è molto
profondo in verticale
e se lo sbucci
vedi se è fermo uguale.
..."

Mater-materia in occhiali da sole

Vividi ha gli occhi lucenti di sole
che mirano il cielo e poi versa il rosso
di rena coperta di erba e limoni

un bimbo in maglietta che insegue le rondini
e mica s'interroga della materia.
Ride. Ammira incantato i colori.

Applausi veri scrosciarono a lode e gloria degli eguali

- Applausi agli eguali!

  (Applausi veri scrosciarono a lode e gloria degli eguali).
  (Applauso di tutti, nessuno escluso).
  (Pochi che non applaudirono furono tratti a bersaglio di ingiurie).

- Odiate chi non è omologato!

  (Fischi e rabbia tra vene del collo gonfiavano le gole di tutti gli astanti)

- Evviva la retta somma scienza, evviva noi sotto il suo mantello!

  (Motivo d'orgoglio che soffiava nei petti-vele di barca)

- Benedetta sia l'ora di luce in cui noi viviamo!

  (Sicurezza, serenità e un respiro di sollievo)

- Marciscano i secoli bui passati. Tanto gli strizzammo il meglio, siano inutili e scontati!

"Nuove Braci": Editoriale di Claudio Damiani, Aprile 2007

"Se l’attuale dittatura economico-mediatica o dittatura della pubblicità, può, nei confronti di chi ha qualche attrezzatura culturale, essere tutto sommato limitatamente dannosa, dobbiamo riconoscere che nei confronti degli individui più fragili dal punto di vista culturale, che sono la grande maggioranza, essa ha degli effetti devastanti. Questa è la vera catastrofe, l’emergenza ecologica prima del nostro mondo. Che poi, la limitatezza del danno recato a quei pochi che possono spegnere la televisione, è in effetti molto relativa: perchè, se anche questi sono danneggiati solo nel fatto che sono emarginati, e non perseguitati, o sterminati, tuttavia la loro esclusione ha un ritorno devastante sulla società, che diventa come un corpo senza cervello. Se studiassimo la nostra società, vedremmo che il tratto comune a ogni sua singola parte, l’essenza della sua struttura, è la negazione dell’educazione.L’educazione è mostrare un’opera (di pensiero, di arte, di sentimento ecc), qualcosa che esiste, permettere a un educando di entrare in uno spazio di rigore, di arte, di realtà, di verità, permettergli di godere di quello spazio.
Il godimento di quello spazio, il godimento dell’opera (opera d’arte, di pensiero, di religione, di scienza) è il più alto che esista, la massima felicità è la partecipazione a quell’ordine, a quella comunità. Oggi si tende a dire che i cantautori sono i veri poeti, che i giornalisti sono i veri scrittori, che i pubblicitari sono i veri artisti. E’ la dittatura economico-mediatica che spinge a questo, utilizzando anche la devastata e devastante cultura ideologica precedente, che già aveva fatto deserto con storicismo, strutturalismo, fango e ceneri ideologiche sulla brace, sul fuoco vivo dell’opera. La dittatura pubblicitaria utilizza, assolda la vecchia cultura ideologica desertificante, vecchi tromboni che prima osannavano Mao, ora il Grande fratello: per questi personaggi è facile esaltare il trash, organizzare convegni su Liala, sostenere che Pirandello e Liala sono sullo stesso piano. Ci sono altri, e stanno più nella mia generazione, in quelli nati negli anni ‘50 e ‘60, e oltre, che non sono d’accordo, ma sono stati messi da parte. Si potrebbe dire: è inevitabile, non c’è niente da fare, la dittatura economico-ideologica è troppo potente, stiamocene appartati, coltiviamo i nostri studi nell’ombra ecc. Ma invece, se ragioniamo un attimo, c’è una forma di resistenza semplicissima, che potrebbe cominciare a minare l’intero sistema. Basterebbe cominciare a separare l’opera, la virtù, l’ordine, il bene, dal caos, dalla spazzatura, dall’ideologia, dalla violenza. Basterebbe cominciare, come diceva Confucio, a “raddrizzare i nomi”. Riportare i nomi, le parole, alla loro realtà. Cominciare a attaccare chi parla a vanvera, con le parole storte, rotte, chi dice fischi per fiaschi, chi scambia Liala per Pirandello. Questi, attaccati, non hanno niente a cui attaccarsi, non hanno altro che la loro ideologia, che è puro fantasma, non poggia su niente di vero, solo sulla propria soggettività distruttiva. Alle prime reagirebbero, utilizzerebbero tutto il loro potere, sarebbero aiutati dalle potenze economiche, ma la loro reazione si farebbe sempre più fioca, inevitabilmente, non consistendo su niente, essendo un gigante dai piedi d’argilla, dovranno capitolare. E la resistenza vincerebbe". Da: Editoriale di Claudio Damiani


"Allora diciamo le cose come stanno: chi attacca la poesia lo fa con un intento ideologico, lo fa perché un'ideologia (che può essere politica religiosa filosofica o altro) si sente minacciata dalla poesia, e dal suo dire la verità così come effettivamente è". Da: "Appunti vari" in Claudio Damiani, "La difficile facilità", 2016, p. 78.

Occasione sporadica

Proprio oggi, in occasione dei miei 7 anni trascorsi da quando avevo 21 anni e mezzo, anzi un po' in anticipo, comunque c'è proprio da festeggiare! ma poi alla fine in queste occasioni viene naturale mettersi a pensare a quante cose sono cambiate di me e intorno a me. Ah  sì, e intanto mi sono messo a scrivere così pensavo.
Che io non ho perso niente e, anzi per fortuna sono sempre quello e non è cambiato niente cioè non ho perso niente di quello che già ero prima. No, qualche cosa in più e in meglio l'ho avuta e l'ho fatta.
Bene vado a fare festa. 
Per chi non potesse oggi, non fa niente, però mi raccomando venite alla prossima che è tra 4 anni e 3 mesi circa, ci sentiamo.

La festa del paese

Non si ode una voce,
non c'è movimento
in questa festa paesana
piena di nuovi nati
che nelle altre non c'erano,
e le bancarelle che hanno
le novità della tecnica:
non c'è davvero la luce
vivace delle migliaia
di lampadine fra le luminarie,
le strade affollate immobili
se dentro una piatta fotografia
con tutte le altre
disperse dal vento
sui marciapiedi
inquinati del tempo.

Ho un barlume

Ho un barlume che riscalda
nel ghiaccio scemo della notte
che è la nostra conoscenza!
Era fatto di un istante. Impalpabilissimo
barlume d'oro di stelle a noi celate
che ci fa dimenticare e cambiare
di persona,
e tutti i sassi e bastoni
dove poggia
resteranno un poco vivi
ancora un poco a chiacchierare.
Ho un barlume alieno
e non importa se pensate "Scemo!
Sembri un pazzo che delira" se non uso
solo la ragione.
Ora i grigi rumori
distinguo:
le risate dei bambini
delle voci femminili
i racconti degli anziani
i segreti degli adulti
i silenzi delle cose
la diversa singola essenza
dentro ai flussi universali.
Un'orchestra non può suonare un Requiem.
Che cosa ne sanno loro? Affidare a così tanti inesperti che scherzano la musica che celebra la vita di una persona.
Sì, come un'agenzia funebre non può fingere di importarsi di un corpo.
Ognuno ha un ruolo che non gli si addice, non fa quello che può/sa fare, e anche per colpa di questi chi ha talento viene ignorato.
La causa dei problemi è che nel mondo c'è un altro mondo virtuale senza nessuna corrispondenza col reale. Noi siamo certo altro da quello che ci dicono di essere: rispettosi della legge. Perché l'unica legge che seguiamo è quella del mercato, che ci detta regole e costumi. Il problema è che c'è l'economia, che è un mondo totalmente separato dal reale, e che dal di fuori regola il reale. Ogni cosa ha il valore che le assegna il mercato: il valore sentito non esiste. Il reale non è dunque il sentito, è quella voce delirante che corregge le percezioni, filtra secondo i suoi capricci.

Fiume sezionato


(Immagine: Eugenia Loli, Daily Obstacles)

Marea: è una marea di individu_
i diversi trovati per caso in viag_
gi coatti verso deriva e senza
freni velocissimo che pare
uno stupido treno non dirigibi_
le con i finestrini bloccati
l'esterno placido è impedito
non c'è la sosta né guida che illustri
che cosa si veda alla rela_
tiva destra che giustamen_
te, ignorato, scompare irreale
sprofonda nel "Non-", non se ne 
può parlare. Noi constatatori
che non lo apprezziamo: saremo
proprio fatti per altro, non per
constatare che cosa c'è attorno,
ché presi a cadere dentro ad un
vortice senza appigli o riferimenti
- o: noi siamo anche nelle acque
del fiume tagliata una fetta -
caduti o scaricati in infinito
universo sciacquone o trascinati
in merdosa crociera intorno alle fogne
dell'esistenza, i cimiteri.
Ecco la mia malattia
più cara
che ritorna e scuote
la nave
come in forte burrasca.
Non me sarei senza le tue braccia.

Vergine nera

Quando tu guardi a me, vergine nera
madre dei parti, madre dei morti
io giro la testa e guardo gli aerei.
Non credevi un'altra volta
che ti avrei ignorata
volevi avere i culti
sacri che a te spettano.
Madre santa, disattenta
gravida di ritocchi mescolanti
avida di rintocchi mescolati
corri dentro le mie vene
palpiti coi miei
atri e ventricoli
e dentro a quelli dei leoni
dentro ai veleni, inceneritori
nelle micro-polveri e dentro i tumori,
ascolta il mio pianto
asciugami gli occhi:
io ti amo tanto
non esser gelosa.
Io che ti vivo
dentro le membra
sia il prediletto figlio negletto.

(Siamo dentro un utero cosmico
ma non nasceremo mai
se non con la morte, saremo aborti
nati altrove e in altri universi)

Genere del Dialogo in età neo-neroniana

Scrivete dialoghi, vi farà bene.
Per noi contemporanei è un genere lento perché vogliamo subito arrivare al punto della questione. Preferiamo il monologo, l'unità dei punti di vista. Preferiamo che ogni elemento della composizione risponda a una sola lettura possibile; ogni altra informazione e punto di vista è per noi oggi nient'altro che un disturbo alla comprensione dell'unità.
Oppure preferiamo i dialoghi di Galileo Galilei, dove i personaggi letterari dai tratti più discutibili sono quelli che difendono il punto di vista avverso a quello assunto dall'autore. Le idee dell'autore, il suo mondo e il suo punto di vista sono invece incarnati in personaggi autorevoli, virtuosi, dignitosi. Non è che quelli dai modi più eleganti siano portatori di verità più vere di quelle difese dai personaggi sciatti; è il mondo costruito dall'opera-dialogo stessa, è l'ideologia dell'autore. Sono gli effetti della Retorica, dell'arte del parlare, che da millenni ci condiziona; a volte è un bene, altre un male. Dipende dall'autore e dal pubblico.
Oggi non puoi fare un dialogo come i "Massimi Sistemi", oggi siamo tornati in un'età premoderna, pre-rinascimentale, medievale, classica dove ogni individuo ha la sua legittimità. Neo-Neroniana. Post-democratica, pre-platonica, socratica età dove non si può discriminare il perdente della battaglia, e il vincente non è più l'eroe del vero giusto. È un'età relativista dove ognuno difende il suo punto di vista contro quello dominante. Le basi del dialogo galileano sono azzerate: non tendiamo più verso uno stato nobile-aristocratico ultra umano, ma verso la nuda vita vera, comunque essa sia/diventi.
E quindi ogni personaggio odierno deve giustificarsi, non trova già pronto il modello ideale e razionale scientifico a cui affidarsi per svolgere un discorso in maniera giusta. Basta aristotelismi pre-confezionati. Il dialogo odierno corrode progressivamente un'idea inizialmente sicurissima di sé, è un gioco l'abbandonarsi all'altro punto di vista, al punto di vista dell'altro. Non c'è regola di restare in sé.
Ora, così, il dialogo diventa un mezzo di esplorazione della parte dell'Io che di solito (di giorno) neghiamo e non facciamo venire a galla. Le tante possibilità dei noi che non realizziamo, però, continuano a mandarci tanti stimoli e messaggi nell'immaginazione, e non le disprezziamo del tutto; ma sappiamo che nella vita razionale quei messaggi sono da tenere a freno. L'immaginazione è creatività non sempre richiesta, non sempre possiamo renderla realizzabile. Di giorno quindi, preferiamo restare convinti di noi (razionali), zittire le voci di quelli che non siamo, voci che non si addicono all'immagine che abbiamo di noi. Forse è per questo che sogniamo, la notte, è lì che tutte le possibilità trovano una precaria realizzazione impalpabile.
E forse è per questo che la Poesia e l'Arte fanno un effetto diverso tra il giorno e la notte. E per questo è meglio crearle di notte, quando cadono le ideologie della nostra mente e i sogni ci assalgono. Così come è meglio leggerle o "consumarle" di notte piuttosto che giorno.

Miopia: definizione

Sono degli anni che ho la miopia
la più poetica mia malattia
vedo contorni sfocati e penso
tutto sia un fluido viscido e denso
senza contorni ma macchie cromatiche
senza contorni non son forme statiche
i corpi che vedo sono dinamici
non riducibili in schemi geometrici
io vedo pulviscoli atmosferici.
- Ricordo quando i ghiacciai si sciolsero e il mondo di adesso che galleggiava. Adesso siamo sopra fondali profondi di un tempo: e le conchiglie dentro ai tufi erano una volta vive e succose. Questo accadeva prima delle regole di comportamento, regole civili, qualunque discorso, qualunque idea. C'era il niente sotto forma di silenzio e acqua dove adesso è rumore e aria.
- E il niente?
- Il niente è rimasto sotto forma di materia anche dove ora non si vede. È trasparente o senza estensione: non si può vedere. Il modo migliore per godersi il presente è tornare indietro all'inizio di tutto, quando era solo possibilità, e si preparava la sua realizzazione (miliardi di anni dopo).
- Perché non si guarda mai al futuro?
- Ci hanno provato intorno alle due guerre mondiali...
- E lo spazio, invece?
- Per lo spazio c'è da fare il ragionamento con le stesse premesse e schemi, ma senza le coordinate temporali. Pensa che tutt'ora esistono grandezze che per te sono inconcepibili, troppo piccole o smisuratamente grandi e se le pensi ti gira la testa. Un po' ti senti sperduto.
- Lo sento. Perché? Da dove viene questo brivido?
- Perché ti accorgi che il pensiero è insufficiente e un po' bugiardo: per esistere devono esistere tanti diversi quanti di spazio neanche immaginabili, altrimenti si spaccherebbe. E tutto deve correre in maniera incessante, altrimenti finisce.
- Non credo che questo movimento incessante e necessario alla vita dell'esistenza nasca da un suo stesso "volerci" essere. Dico che non può essere lei causa di sé stessa. Deve essere più qualcosa di materiale, una forza fisica che innesca quel movimento. Come il risucchio di acqua dentro un sistema di tubazioni dove tutto scorre a pressione. Anche il tempo dev'essere così.

Un po' di silenzio e di guardarsi intorno.

- Non trovo nulla che neghi questo tuo pensiero. Ma il trucco che viene usato è che il tempo è una cosa che non c'è, è piccolissimo, preso tutto insieme è neanche un millesimo della durata di un fulmine. Non c'è passato presente e futuro, ma tutto coesiste in un minuscolo istante solo. Ce ne accorgeremmo infatti se fossimo molto, molto più grandi di così, grandi di più di tutto l'Universo.
- Ma non mischi certe volte il tempo e lo spazio?
- Sono legati uno all'altro: se fossi grande più dell'Universo, allora sarebbe piccolissimo e velocissimo. E tu ti muoveresti e penseresti e faresti ogni possibile cosa molto molto più lentamente di quanto fai ora. Se vedessi sopra di te un fulmine che brucia e scompare in un istante, a noi piccolissimi sulla Terra sembrerebbe una luce eterna, tanto a lungo ci illuminerebbe.
- Quindi il pensiero mente perché ci rende normale la nostra dimensione, che in realtà è un nulla. Se assumiamo un pensiero universale-eterno allora siamo nulla; invece se ci isoliamo allora qualcosa la siamo, e ci sta anche bene, e possiamo pensare a un prima e un dopo; totalmente arbitrari. Se assumiamo il pensiero universale-eterno, però, allora siamo tutti individui soli, pietre o minerali; invece, se assumiamo quello isolato dall'Universo, ci vediamo tutti uniti, più umani e socievoli: è la base delle società, si chiudono e lasciano fuori, appunto, il fuori! E infatti ci definiamo: "Umani" piuttosto che cose e animali. E raggruppiamo tra loro - differenziandole in gruppi - le cose, gli animali e noi.
- Un fuori arbitrario anch'esso.
- Ma vedremo mai cosa succede fuori da tutto? Ne vedremo di fulmini dalla durata superiore alla nostra esistenza?
- Vedere, non credo. Noi per vedere abbiamo solo occhi, al massimo qualche tecnologia fatta in modo da rendere apprezzabile ai nostri stessi occhi dei dati o dei segni. Noi vediamo solo quello che possiamo, il resto no. Ma c'è. Non possiamo vedere niente di troppo grande e troppo piccolo, ma possiamo benissimo sperimentare le loro esistenze dentro di noi.
- È interessante questo, perché viene meno anche la distinzione tra dentro e fuori i nostri corpi.
- È ancora il pensiero che mente.

Cose intorno: definizione

In questa radura vengono cose
a tenermi in piedi e a farmi un po'
di compagnia. Care e umili vivide cose,
sempre poche ma vive

mi venite attorno quando io piango,
cercate di ottundere il vago pensiero
fermarlo un istante e dargli conforto,
tenerlo per mano siate voi enormi

siate minuscole, o trasparenti
che attaccano sillabe come nei versi
di una poesia: per un secondo
siete giganti, corpi, non cose,

e vi rivelate come tradendo
le disposizioni che vi furono imposte
(ma sì, come ogni tanto si deve essere onesti)
e fate un sorriso, istantaneo per dopo
riprender l'aspetto di stupidi blocchi.

Io vi ringrazio, tenere cose
autentiche voci che io abbraccio
ma il terrore, quello

che lasciate col vostro sorriso
che è quello onesto,
cose piccoli orribili blocchi.
- Come devo sistemare
il cammino della vita?
Ci fossero regole sarebbero care
date da chi ha autorità.

- Senti bene: il mondo è tanto (grande)
che un filo tolto dall'erbe
assomiglia a quello accanto
ma spegne del prato quel verde (di fronde).

- Mi dici allora
che ogni filo è una mia scelta
e che non cambia
quale prenda?

- Dico che si rassomigliano
e che vanno bene uguale. Se anche
un filo solo ingiallisse
tutto il prato ancora verdeggia.

- Riempirò questo prato
di tante e grandi difficili azioni
che sia bello e prosperoso
sia foresta e non giardino!

- Non ti serve fare a niente
per ingrandirlo azioni;
ogni prato è fatto di scelte
e delle stesse dimensioni.

- Le scelte silenziose come ognuno
continuerò a fare. Se son grandi uguali,
loro uguali però - due prati -
non lo saranno mai.

Tasso: AMINTA (I, 245 - 253)

Al magazzino delle ciance: ah fuggi,

fuggi quell' incantato alloggiamento."

"Che luogo è questo?" io chiesi; ed ei soggiunse:

"Quivi abitan le maghe, che incantando

fan traveder, e traudir ciascuno.

ciò, che diamante sembra ed oro fino,

è vetro e rame; e quelle arche d' argento,

che stimeresti piene di tesoro,

sporte son piene di vesciche buge.
Ricordo una casa in pianura
lì a farmi paura in mezzo alla nebbia.
Quando il buio calava le mura
crollando spandevano un'eco
di boati, di lamenti. Il corridoio
cadeva a decine di metri dall'alto.
E quanti giorni bloccato passati
sopra il solo mattone restante!
Uno spazio che cresce
se diminuisco
mi faccio minuscolo
e mi adatto all'ambiente.
No! Perché pensi male? Minuscolo è grande
ogni atomo glorioso e mistero eminente,
siamo uno per uno e come
ogni altra cosa raggiante
e nelle sue forme contenta
segno di tempi sbalorditivamente grandi,
grandi e reali, non di un piccolo atomo
muto.

Album buoni buttati a casaccio

Trovare un intero album fatto coi controcoglioni è motivo di stupore e capita poche volte nella vita. (Conosci qualcuno degli album qui pubblicati? Allora prova anche tutti gli altri!)

Pneu - Highway to health (2011) math/noise/jazzcore/punk
Magma - Attahk (1977) zehul/progressive/funky
Calibro 35 - Calibro 35 (2008), Ritornano Quelli di (2010), S.P.A.C.E. (2015) spaghetti funk
Zu - Carboniferous (2009) metal/jazzcore
Verdena - Requiem (2007) grunge/art-pop
Meat Puppets - II (1983), Up on The Sun (1985), No Joke (1995) grunge/art-pop
Morkobot - Morbo (2013) metal/jazzcore
NoMeansNo - Wrong post-hardcore/art-punk/jazzcore
Jesus Lizard - Head e Goat post-hardcore
Barkmarket - Vegan Throat post-hardcore/grunge
Perigeo - La Valle Dei Templi progressive/funky/zehul
Microwave With Marge - Cow Licks Cow (2008) post-hardcore/noise/punk
Boys On Dolls - Ruined Youth (demo) (2008) punk hardcore/grunge/metal
Omar Rodriguez Lopez - Old Money (2008) math/noise/art-pop
Osanna - Milano Calibro 9 spaghetti funk
Jimi Hendrix - Electric Ladyland art-pop
Nirvana - Incesticide (1993) e In Utero (1994) grunge/pop-punk
Air - Premiere Symptomes progressive/art-pop
Alterjinga Lepers - Ghost Friends noise/art-pop
Bastro - Sing The Trouble Beast e Diablo Guapo grunge/post-hardcore
Bitch Magnet - Ben Hur grunge/post-hardcore
Guapo - Five Suns progressive/metal
Splatterpink - Industrie Jazzcore; #3; Mongoflashmob (2014) metal/jazzcore/prog
Le Singe Blanc - Bai Ho (2008) regressive rock
Qui - Love's Miracle grunge/post-hardcore
Gong - Angel's Egg progressive/canterbury
Red Hot Chili Peppers - Mother's Milk funk
Rage Against the Machine - Evil's Empire funk
Sloy - Plug e Planet of Tubes post-hardcore/punk
Helmet - Strap It On e Meantime metal/post-hardcore
Edible Woman - Spare me/calf math/post-hardcore
Skiantos - MonoTono (1978) art-punk
Zeus! - Zeus! (2012) metal/math/jazzcore
Turing Machine - Zwei math/noise/art-pop
Maserati - Inventions For The New Season math/art-pop
Yawning Man - Rock formations math/art-pop
Minutemen - Double Nickels on The Dime post-punk/art-punk
John Zorn and Bar Kokhba Sextet - Lucifer, The Book of Angels vol.10 (2010) progressive/zehul
John Zorn - The Gnostic Prelude (2012) e The Mysteries (2013) progressive/zehul
Egle Sommacal - Legno (2007) acoustic/art-pop
Stereolab - Dots and Loops (1997) pop
Jannick Top - Soleil D'Ork progressive/funk
Tied and Tickled Trio - Observing System (2004) art-pop
The Lounge Lizards - Big Heart, Live in Tokyo (1991) progressive/art-pop
Pantera - Cowboys From Hell (1990) trash metal
Musica Per Bambini - Dio contro diavolo (2008) art-pop
Area - Maudits (1976) progressive/funky
Bombino - Nomad (2013) art-pop
Picchio dal Pozzo - s/t (1976) progressive/canterbury
Eterea Post Bong Band - Bios (2013) art-pop
Barberos - OOO (2012) math/noise/jazzcore
Brainiac - Bonsai Superstar art pop/punk
Frank Zappa - Sleep Dirt (1979)
Getatchew Mekurya and The Ex - Moa Anbessa jazzcore
Lebowski - The best love songs for the love... art-pop
Pull my daisy - E.P. (2008) grunge/art-pop
Reevoluto - Reevoluto jazzcore/pop
Tom Waits - Rain Dogs (1985) art-pop
Traffic - Mr. Fantasy progressive/canterbury/art-pop
Squadra Omega - Le nozze chimiche (2011) progressive/math/noise
Surgical Beat Bros - S.B.B. (2014) post-hardcore
Caboto - Nauta (2001) progressive
Lleroy - Juice of Bimbo (2009) metal/post-hardcore
Old Time Relijun - Witchcraft Rebellion pop
Beastie Boys - Licensed to Ill (1986) rap/pop/punk
Hüsker Dü - Zen Arcade (1984) post-hardcore
Tougsbozuka & La Confraternita del Purgatorio - split (2015) jazzcore/post-hardcore
Bo Diddley - Where it all began (1972) funky / blues / soul
Bo Diddley - The black gladiator (1970) funky / blues / soul
Flying Lotus - You're Dead! (2014) art pop/trip hop/electronic jazz
Preston Reed - Ladies' Night (2004) art pop/funk/blues
Aquefrigide - Un Caso Isolato (2006) industrial/grunge
Tar - Jackson (1991) grunge/post-hardcore
Alberto Camerini - Cenerentola e il pane quotidiano (1976) pop/prog/punk
The Stooges - Raw Power art-pop
Exuma - Exuma (1970) art-pop
Porcupine Tree - Deadwing (2007) pop/grunge
Igor Stravinsky - The Rite of Spring (1913) classica/avantgarde
Richard Wagner - (Die Walküre) La Valchiria (1889) classica/romantic
Ludwig van Beethoven - Symphony 9 (Op. 125) (1824) classica
King Crimson - Red (1974); VROOM (1994) prog/industrial/grunge
CAN - Soon over Babaluma (1974) prog/art-pop



Avete album buoni da buttare a casaccio?
Scrivete i loro titoli nei commenti, verranno giudicati da un'apposita commissione d'inchiesta e, su discrezione di quest'ultima, buttati qua (a casaccio) se ritenuti meritevoli.

P.S. La commissione d'inchiesta non indagherà nei vostri crimini privati.
Quelli potete confessarli qui: http://www.servizisegreti.com/

La vita ridotta

La vita ridotta è come la voglio
evitare. È come la vuole con vigore
la mia viva sovrastruttura che non sa
a che pensare e vaneggia tutto vano.

Ahi nulla davvero necessario
ogni vita un vaso vuoto
tanto per gli altri si muore!
Folle voce la tua che vagheggia!

Vedi? Che voce viva è vivace,
vedi quanto rinverdisce?
È volo in Natura, non vanitoso
soffocare d'evidenza.

La vita bigotta non si può attaccare
sulla vista, tipo occhiali di vetro
oh Poesia m'invaghisci, volgi lo sguardo
verso verdi versi vividi.

Esperimento voce-pensiero

La notte scorsa ho dormito poco, perché ho provato un esperimento.

Dovevo semplicemente pensare una forte "OOOO..." gridata nella mia testa dalla voce della mia testa ogni volta che mi veniva un pensiero in mente.
Mi sono ritrovato, non so se 13 o 17 minuti dopo, a non poter parlare e ad avere delle immagini strane e fantasiose, e alle brevi frasi in lingua che ancora riuscivano a comparirmi nella testa opponevo un fermo "OOO...", a volte i due suoni si sovrapponevano. Mi sembrava proprio in quei momenti di sentire quella (mia) voce continuare a parlare, mentre io le chiedevo di fare silenzio... Niente! Ma io, zitto e nascosto nell'angolo la sentivo blaterare frasi brevi, semplici. Frasi brutte, proprio da vergogna: uno di sé si vergogna solo a notte fonda, quando ormai non serve a niente. Niente di orrendo e da tenere segreto: soltanto mi sembravo un vecchio rompicoglioni sempre a giudicare con sufficienza ogni piccolo evento che in quel momento mi veniva in mente o tornava alla memoria. Non volevo più sentirmi. Pensai a quando le persone scappano quasi per lasciare il loro presente, la loro vita, corrono in stato di incoscienza lontano, fuori di casa, fuori città, nelle periferie, in campagna, lontano da chiunque per sentire di essere soli, altrove, senza poi neppure sapere come ci sono arrivate: si pensa solo a scappare e seminare ogni eventuale inseguitore. La dissociazione da sé a volte è necessaria all'equilibrio della propria mente, e a volte è giusto scappare, lasciare tutto e correre incoscienti, senza poi saper spiegare come ci si è ritrovati nel posto in cui si arriva. Fuga psicogena la chiamano, terribile, ultimo sfogo di un'anima stanca e in pena, pura e maltrattata, si dissocia dal presente e scappa, anche fisicamente scappando come quando in un sogno si scappa MA il corpo non segue l'intenzione: qui il contrario, il corpo si muove senza intenzione, come sonnambulo, ma pienamente risvegliato, cosciente delle cose che gli sono successe, sempre presenti. In realtà si scappa dai propri pensieri (è la situazione più drammatica che si possa palesare?). E l'intenzione? Vuole il nostro bene, ci vuole bene, ci ama moltissimo, teneramente, in un modo che tra persone diverse è raro, in grado di sacrificarsi per noi stessi, eroica, magnanima.
È bene che me lo ricordi che certe volte cerco anch'io di andare lontano. Insomma, di giorno conviene meditare su ciò che è successo di notte, e non il contrario. Semmai il contrario giace nel profondo, e il nostro sogno ce lo rigetta, o ce lo rinfaccia; come se non fossimo stati abbastanza tempo con lui, geloso. Per questo iniziai a giudicarmi da lontano, in silenzio ad ascoltarmi.
Non accettavo di essere così petulante, ma è dura lezione: è lezione per quanto dura. Si impara, come io imparo che sono petulante e che ho le mie ragioni. Se vi interessa, se no passate avanti: ricordo sempre che qualcosa non va e ci rende schiavi, anche inconsapevoli e persuasi di non esserlo, schiavi o finti-liberi; e la cosa migliore che ho trovato per far fronte è andare contro (pensare - dire - fare - significare) le cose evidentemente ingiuste.
E ora che sono sveglio ci ripenso e dico che le cose dell'oggi cui io sono contro sono quelle che si spacciano come antidoti, e invece sono veleni. (È metafora per: tecnologia, mercato, industria, lavoro. Cose che si spacciano per antidoti universali). Se mi accorgo che per qualche motivo sono nocive, la prima cosa è parlarne male, giustamente, senza eccedere, spiegandone i motivi, in maniera coerente. Disprezziamo ciò che ci fa male, e vorremmo annullarlo, eliminarlo definitivamente. (Sia giusto? Ma non facciamo altro...) (Pensa che tristezza Machiavelli, il genio al servizio del padrone ignorante! Lui ha accettato, non è scappato).
Pensa allora, che tristezza Machiavelli provava, il disgusto con il quale scriveva, il suo rifiuto, dissociato eppure scriveva, disse tutto, lo ha rivelato. Tutte le cause del suo disgusto... tu pensa...
Devo fuggire allora dentro. Com'è possibile? Non c'è vera res anche interna che non sia solo extensa (parole di Spinoza da cercare su wikipidia). Fuggire allora sarà un simbolo che la mente dà per significare che dobbiamo accettare che la sua legge non è universale, e c'è da rompere il paradigma, tutte le nostre conoscenze sul mondo: riconoscere che c'è qualcosa che non va, ma dentro ad un punto di vista isolato, dentro alle nostre abituali interpretazioni dei fatti, entrambi chiusi e non comunicanti con il resto della Vita. Come chiamarla? Forse un'infanzia mai finita? ma "infanzia" in un senso non stretto, no, non va, ma forse è l'unica parola che più si avvicina. ("Primitività" o "Originalità/originalezza"). Un richiamo. Non so se diretto a me, ma che io ascolto. Voce dolce di donna angelica, che parla come da un lontano megafono, con i confini dei suoi suoni indefiniti, o come sfumati tra i rumori di una mattina qualunque. Anche se non parla a me, come faccio a non stare inebetito ad ascoltarla? tuffando tutto il resto del mondo in una nebula indistinta, lontana: sento solo lei, voglio solo sentire quelle parole, qualunque esse siano, qualunque cosa esse significhino, non farebbe differenza: non sono le parole. È il suono della sua voce che rapisce e rallenta il tempo, eleva la terra su cui sono (e dove dovrebbe essere lei) solleva, alza, verso luoghi fatti di nuvole. Non finte, ma antiche nuvole.

Poeti cessi

Ho visto poeti guardarsi attorno per sapere di non essere guardati, entrare nel retro di un gran supermercato. Si toglievano i vestiti nelle agenzie dei pubblicitari, facce lesse scolorite corpi magri e debolucci, si lasciavano immobili mettere abiti nuovi dagli agenti. Quei gran cessi d'incapaci a vestirsi dalle strade, dalla vita quotidiana, in fila indiana a lasciarsi indottrinare. File di traditori e ciarlatani, di buffoni in scalata sociale, parassiti dei benefattori! Usciva questa fila dall'ingresso principale con sguardo da scrutatore, profondo e affabulatore, di uno che non sente neanche se dieci tenori lo stordissero. Che differenza c'è tra loro - forse il moto? - e le scatole di cibi chimici del supermercato? E quale dai pisciatoi di un aeroporto? Da chi ama in cambio di soldi? Da chi ammazza per un suo sogno?
Anche voi! No!
Insomma non ci sente nessuno quando il peso che ci opprime e la noia dell'inefficienza continuano a sprecare il nostro tempo di vita? A chi daremo i nostri conati, i rantoli riflessi incondizionati della morale, dell'umanità?? Ancora ai subdoli del super - mercato, per giocare coi bisogni?
Spero che in passato gli autori non fossero stati come voi.
O perderei l'ultimo appiglio che mi resta con quel mondo di autenticità che ho nella testa - e che mi serviva quando dovevo decidere in maniera libera; finita questa epoca, non voglio credere sia inutile. Spero che voi siate tra pochi che tradiscono e si arrabattano su bubbole, spero che la tradizione letteraria sia autentica, non una cazzata.

Compratevi il vostro Andri Snær Magnason e andate in silenzio a fare in culo.

Corpo: definizione (Breve Storia della Voce Mentale)

Dove è che la mattina
ogni mattina mi trovo?
Questa casa mi è familiare
e una voce sgraziata
che conosco
dispone altoparlanti
dietro i timpani
interrompe il sogno
con un vivace jingle
è sicuro leitmotiv
di compositori moderni
minori o sconosciuti
pressoché sconosciuti.
Nello stesso istante
sento sul corpo calore
penetra luce pupilla
viene? io la sento
sento? lei è che viene
ci parliamo l'uno sull'altra
non ci siamo capiti mai.

Ricordo che ieri pensai
scomparsa la luce:
"Stasera io muoio"
ma mi sono soltanto perso
come succede ogni notte
tra sera e mattina
tra vuoti e pilastri in cemento
tra infiniti sconosciuti
che si litigano i panni
come me per travestirsi.
In segreto mi tolgo i vestiti
e tutto è come avevo lasciato:
stanza buia e nera
comoda, discreta, silenziosa
tengo il corpo
sotto i piedi
come tavola da surf.
Che si cela
sotto la pelle quando
il giorno passeggiando
il corpo, travestito, 
emette i suoi segnali?
Si gioca i ruoli d'una vita
le posizioni simboliche negli altri
costruisce relazioni
che la notte poi canti
con le lacrime
dai rimorsi o dai piaceri.

Un giorno ho letto un verso
lunghissimo diceva:
le vite sono come
un corpo unico disintegrato
che sopravvive in ogni istante
cambiando le cellule-individui
che siamo e si serve di noi
per stare al passo coi tempi:
è tua la voce degli altoparlanti?
Ma allora non smetti mai,
vivi e parli da miliardi
di miliardi di anni, miliardi
di piccoli piccoli istanti
e te ne vai in giro per la materia
vestendoti di noi
elogiandoti in versi.
Ti venissi a presentare!
Ci mettessimo a parlare
senza impedimenti
o con chiarezza
mi provassi a spiegare.
No? Niente?
allora dammi un giorno

Nirvana - Nirvana (2002)

A pensarci sono 15 anni che è uscito NIRVANA, il primo cd non truzzo che comprai, uscì nel 2002, in piena epoca hit mania dance.

15 anni fa, a 12 anni feci una scelta. Mi trovavo davanti a un banchetto di cd masterizzati. Hit mania secondo me aveva perso originalità tra l'Hit mania dance autunno 2001 e l'hit mania dance inverno e estate 2002, e avevo letto articoli molto buoni su due album appena usciti. Che sarebbe successo se avessi comprato la ristampa di Dark side of the moon? Mi sono perso una vita in cui forse mi sarei lavato e mi sarei tagliato i capelli un po' più spesso, e i jeans si sarebbero strappati da soli col passare del tempo secondo il loro naturale ciclo vitale? O sarebbe stato esattamente lo stesso? Fatto sta che comunque non mi faccio una doccia da 15 anni (senza ascoltare quest'album), mi sono appassionato sempre di più agli anni 90 e a quell'ambiente convinto che fosse proprio quello che faceva per me, ho preso la chitarra elettrica, ho fatto schifo. Ma oggi (che i Pink Floyd li posso scaricare quando c. mi pare, e conoscere) posso dire ancora che mai mai mai mi è scaduto, e che ho fatto proprio bene e, se avessi potuto, avrei dovuto comprarlo qualche anno prima.



Ma com'era essere umani ai tempi pre-moderni? (A me piace come dice Leopardi)

Ma com'era essere umani ai tempi pre-moderni? (A me piace come dice Leopardi)
Qualcosa di non artificiale è rimasto? O ci hanno lavato il cervello e non siamo più animali?
Troppe distinzioni portano nel nostro sguardo troppe differenze, e vediamo nei nostri giorni quanto questo crei violenza, rabbia, come se nessuno possa essere inquadrato. Forse scopriamo che le leggi fatte apposta per gruppi specifici ci ammazzano. Ammazzano i più deboli. Forse scopriamo che la "massa" è qualcosa che esiste, e viene scritta la loro storia, non di quella dei pochi (dei reali), che perdono.
No. Forse essere umani deve essere qualcos'altro, non il progresso della civiltà.
La civilizzazione non sostiene più la civiltà com'è ancora concepita.
Forse noi tutti siamo un branco. Come ogni specie, abbiamo bisogno di un branco, e ci uniamo spontaneamente. Forse stare nelle caverne è essere umani, stare col branco intorno al fuoco a raccontare storie incredibili - tutte divenute realtà - e non dividerci in pareti.
Ho visto grotte nel mio paese dove gente come noi abitava in gruppo. Venti trenta persone? Le grotte sono strette una affianco all'altra, tutte addosso per farsi coraggio e proteggersi dal bosco intorno, in superficie. Loro, lì dentro, sono sopravvissuti.
Oggi si fa un gran parlare della tecnologia, che ci avrebbe reso tutti in contatto.
Vi pare? In superficie!
La tecnologia ci dà un focoso abbaglio che ci coglie in furore perché ci mette nelle mani una piccola fetta del potere, ma non ci serve a niente per migliorare qualitativamente le nostre condizioni di vita. Il modo di affrontare la vita è sempre lo stesso da milioni di anni, e perciò lo sarà in fondo sempre, misterioso e insensato ma incessante. Il livello della quantità di strumenti in questo periodo non coincide con quello scarsissimo della loro qualità: non solo spesso, dietro grandi nomi o marchi, acquistiamo fregature, ma, indipendentemente da noi, i prodotti ideati, progettati e realizzati, anche se funzionanti, poi non sono in grado di offrire tutte quelle performance che la pubblicità raccontava (anche solo "l'immagine", il simbolo che fa lo status) non ci servono a molto se non allo svago. Basti ricordare questo, per innescare un desiderio di tecnologia fatto non per il mercato ma per le esigenze dell'uomo, per sviluppare le sue potenzialità e cercare di rispondere alle nuove creazioni della sua mente, guidato dalla sua curiosità e dai bisogni, dall'esperienza concreta e quotidiana. Sarebbe una tecnologia "umana" una tecnologia che non rispondesse agli ordini del mercato; che non ci trattasse come pecore almeno, con tutta questa globalizzazione. Sarebbe utile la tecnologia che arrestasse la globalità del potere, che lasciasse alle comunità il diritto di decidere e di agire sul proprio territorio. Basta scempi ambientali. Basta oggetti non fatti per noi. È tutto scadente. Non vale la pena sprecare il proprio denaro per qualcosa che diventerà obsoleto dopo poco tempo, in pochi anni; e dovete vedere però con quanta soddisfazione ognuno compra il suo nuovo prodotto innovativo... Lo chiama "l'ultimo" ma poi lo sostituirà con un altro: dovrebbe chiamarlo "il corrente".
È così che vogliamo essere descritti? acquirenti creduloni? Il bersaglio della retorica politica - pubblicitaria? La tecnologia di questi anni va soltanto a livellare gli standard di aspettativa (di prodotti tecnologici) e dunque critici. Lo standard critico, o il senso comune. Mutiamo i valori che diamo alle cose, dandogli nuovi significati. Riusciamo veramente a dimenticare il passato (ciò che hanno fatto prima di noi. Anche dimenticare i propri cari defunti, il proprio passato) in nome di un prodotto bellissimo?

Grotta in gravina

C'è una caverna

che cela mistero

inaccessibile lungo

una rupe scoscesa.

Di che parla

la tua bocca

cavernosa, se non di noi

a noi, costante.

E guardandoti

lontana

sentiamo solo dei canti

di notte

con le cicale

fra gli ulivi contorti

straziati nel tronco.

Dov'è la pietra

interrata che sveli

i tuoi giorni

dentro i millenni

come tu intorno

incastrata in sedimenti

lenti, calmi, irregolari

che vengono solo

se loro vogliono

quando lo vogliono

e decidono

- ormai stanchi

di guardare il mondo

di avere funzioni

in corpi diversi,

una volta per tutte -

di posarsi lì

cavo giaciglio

tana e riparo

sarcofago e lapide

e onesta dimora

per il minerale?

C'è il sacro nelle grotte

dei giorni antichi

non scritti dentro un diario,

che ha solo le consonanti

più dure

che dicevano i tamburi

del nostro seme.

Sono persi i ricordi

o sono

tra i ricordi

e persi

e noi andiamo

a ricercare.

Durante la notte

si muove il detrito

che crolla in gravina

ad altro sito, pigro,

e ad altra officina

ed ogni volta

che la pietra

fa un passo

sente il paese

un forte boato

soltanto se, al bordo,

c'è chi si affaccia

e guarda in basso.

C'è chi

dormendo lontano

non sente vita

scorrerti dentro

credo perché

lei debba celarsi

dietro decine

di metri di arbusti.

Daniele Benati - Cani dell'inferno, 2004

E poi sono partito insieme a lei ma ancora adesso non so dove siamo andati. L'eternità ha una forma circolare e ripetitiva: uno crede di andare avanti mentre invece torna sempre nello stesso posto - dei cani neri gli stanno alle calcagna

Che precipita

Il pescatore dispone mollica oppure dei vermi sul filo dell'amo
In una visione miracolosa passa il pasto davanti agli occhi
Innocente. Indifeso. Pare un bambino in gabbia di tigri
Il desiderio di una giornata è il pasto, nutrire le carni
con altre carni strappate da altri a proprio vantaggio.
Piccola orata dal dorso squamato senza opinione
né cognizione sei fatta proprio in modo che abbocchi
Abbocchi il trofeo, ne vale la pena? Ti strappi
le fauci ridotte a brandelli vibranti nell'onda
non avrai più pasti da oggi vale la pena?
Poter farne a meno, o questo è l'errore
ma non si è mai visto caso in natura
di orata lasciare la propria famiglia
per intraprender strada monastica
abbandonando i suoi beni terreni.
Abbandònati semmai alle leggi
della pesca. Abbocca all'esca
compi il ciclo che ti assegna
la catena alimentare. Va'
all'amo, dal pescatore
finisci dentro al suo
secchio. Un amore
universale sempre
guida i suoi figli
se la famiglia è 
lontana.
Dentro il vuoto un antivuoto pieno
di solido cemento
pieno di sabbia di deserto
dove non si può respirare.
Dentro l'essere e nelle cose
però un vuoto che dissipa
buchi neri senza luce
dove non si può vedere.
Siamo in bilico salvifico
e non c'è neanche un divano.
Siamo un fiume o fiamme
sappiamo solo cambiare forme.

Zygmunt

Addio Zygmunt, esploratore fragile. Mostro Maestro.





  • Questo è invece il mio articolo apparso sul periodico "Sensificio":


BAUMAN e MASSAFRA
Di Mario Mottolese
L’ospite più illustre che Massafra abbia avuto negli ultimi anni ci ha da pochi giorni lasciati. Zygmunt Bauman (1925 – 2017) è stato autore di una vasta bibliografia nella quale, filtrando le letture che lo hanno formato, spiega con chiarezza e profondità i più significativi aspetti sociologici del mondo di oggi. Ce lo ha raccontato diviso in due macro-classi: quella dei produttori che prende decisioni e quella passiva degli acquirenti, i quali mutano valori, gusto e immaginario a seconda degli orientamenti che la prima classe è in grado di dirigere, attraverso una retorica “aumentata” dagli attuali usi della tecnologia. I suoi studi dunque sono continuatori di una linea già affermatasi in passato presso altri filosofi e autori di area marxista, tra cui Simmel, Benjamin, Adorno, Lukàcs, Gramsci, tesi alla definizione dell’identità di una qualsiasi comunità a partire dalle sue condizioni materiali. Anche i concetti di Bene, Giustizia e Libertà mutano a seconda delle condizioni materiali e del modo di approcciarsi all’ambiente che ha una certa comunità; e nel mondo contemporaneo diventano liquidi, perché, proprio come fanno i liquidi, mutano la forma a seconda del “contenitore” che gli viene dato dalla prima classe. Questo comporta diverse conseguenze: se i produttori con campo di azione globale in epoca neo-capitalista hanno più peso nei processi decisionali rispetto agli individui con campo di azione (nel Bauman “mobilità”) limitata alla sfera locale, essi possono più facilmente intervenire sull’ambiente e sulla società e mutarne valori, gusto e immaginario: l’identità di un luogo. E molti esempi di scempi ambientali sono riscontrabili nel Sud Italia, perpetrati non soltanto dai grandi capitalisti, ma anche da più “piccoli” locali che ne assecondano gli scopi e i significati propagandati, con l’illusione di trar profitto dalla globalità quando, di fatto, finiscono per tradire la loro comunità. Bauman ha investigato anche la rovina dei rapporti personali derivati dal modo di vivere contemporaneo: la de-responsabilizzazione degli individui nei nuovi flussi virtuali. Allo stesso modo dell’ambiente, anche le tecnologie, gli oggetti e l’uso che ne facciamo modificano le nostre idee e il nostro modo di approcciarci a chi e a cosa ci circonda. La coscienza storica è costantemente messa in pericolo dal continuo arrivo di interpretazioni e punti di vista esterni ad una comunità, che continua ad inseguire un’ormai obsoleta idea di sviluppo-globalità in nome della quale poter sacrificare i propri ricordi e la propria terra. Massafra dal grande filosofo ha imparato che la Retorica esiste anche da noi.

La mia poesia nasce dallo scontro tra me e l'esterno, mai pacifico, mai equilibrato. L'Umanità recentemente ha scoperto che il mondo non è come quello che appare al nostro organismo: noi lo elaboriamo, lo distorciamo in base alle nostre diverse personalità. Noi siamo incompleti, non solo perché limitati dalla cultura del nostro tempo, ma anche perché non siamo individui slegati dal resto dell'esistenza: noi+ambiente siamo un tutt'uno: siamo una somma di contrari, dentro+fuori, pieni+vuoti, tutto+niente, ogni opposizione è sempre presente, e l'esistenza presuppone il Nulla. La materia poi, eternamente cangiante, non è solida come pensavano gli antichi, né autonoma e indipendente (bisogna che per ogni atomo esista un "contro"-atomo di materia oscura). Anche la luce non è di per sé "luminosa", la luce è indice di calore e movimento, dunque le immagini non appartengono al mondo, ma al cervello. Così i suoni/rumori, non nascono così come li avvertiamo noi, noi per elaborarli dobbiamo ridurli a quel suono che avvertiamo. I suoni indicano che nell'ambiente almeno due entità sono entrate in contatto tra loro, producendo attrito, da cui le onde sonore. Ma per alcuni sono sinonimo di rimprovero, o di gioia o di vita. E il tatto? E l'olfatto? Il colore? Noi nasciamo come esseri viventi, predisposti all'evoluzione, in funzione adattiva all'ambiente; ma molte esperienze sono oggi - dopo l'età moderna - negate a chi come noi cerca nuovi usi della mente. Ci viene detto con perentorietà cosa si può e si deve fare, e cos'altro no: ci viene insegnato a cosa credere e quali stimoli sensoriali avvertire. Lì, fuori di noi, invece c'è tutto, l'esistenza è tutto, e noi ci adattiamo pian piano ad essa, mai cogliendola in pieno: è lecita la Ricerca. Da qui il bisogno di una rilettura "filologica" (in senso ampio e non tecnico) della Storia degli usi mentali. La mia poesia nasce dal modo di interpretare la Fisica, ed esplora quel mondo con cui veniamo ogni momento in contatto, ma del quale non possiamo fare esperienza, se non molto limitata, filtrata e depurata di quelle caratteristiche che il corpo non può elaborare. Il contatto tra la Poesia e quel mondo "buio" e "nero" perché senza luce - e quindi immagini - senza rumori e fatto di materia cieca, è un legame molto produttivo, tanto da permettermi di esplorare la realtà con occhi diversi, e ricreare il mondo grazie alle parole portatemi dal dettato interiore-mentale. Così come hanno fatto molti prima di me, in altri modi. Ad ogni punto di arrivo, o teoria-scoperta, il mio animo può reagire con stupore, o paura e sbigottimento, o - raramente - con piena padronanza e sicurezza di sé. Infatti da un lato c'è l'angosciante evidenza del Nulla, dall'altra la consolante potenza della poiesis (=creazione). L'utilizzo dei personaggi letterari, della prima e terza persona poetiche, permette un'investigazione senza paura: "disinteressata" (cioè non tesa a dimostrare o affermare un mio pregiudizio o ideologia) perché sia più efficace e rivelatrice, e meno personalistica e autistica. Una ricerca personale, piena di spunti da approfondire per negare o confermare le mie teorie è la mia Poesia, che tenta di appianare i tormenti e adattarmi all'ambiente.
Senza più finestre aperte
io ti so portone grande
riempire largo i cieli.
E non serve un indirizzo
per sapere dove è
l'importante è l'orologio.
Grande fresca ottusa aria
va' e accedi alle sue soglie
strofina avvolgi le sue spalle.
Brevi e fragili parole
fluite a cresta d'onda,
senza canto tutto muore.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.