Esperimento voce-pensiero

La notte scorsa ho dormito poco, perché ho provato un esperimento.

Dovevo semplicemente pensare una forte "OOOO..." gridata nella mia testa dalla voce della mia testa ogni volta che mi veniva un pensiero in mente.
Mi sono ritrovato, non so se 13 o 17 minuti dopo, a non poter parlare e ad avere delle immagini strane e fantasiose, e alle brevi frasi in lingua che ancora riuscivano a comparirmi nella testa opponevo un fermo "OOO...", a volte i due suoni si sovrapponevano. Mi sembrava proprio in quei momenti di sentire quella (mia) voce continuare a parlare, mentre io le chiedevo di fare silenzio... Niente! Ma io, zitto e nascosto nell'angolo la sentivo blaterare frasi brevi, semplici. Frasi brutte, proprio da vergogna: uno di sé si vergogna solo a notte fonda, quando ormai non serve a niente. Niente di orrendo e da tenere segreto: soltanto mi sembravo un vecchio rompicoglioni sempre a giudicare con sufficienza ogni piccolo evento che in quel momento mi veniva in mente o tornava alla memoria. Non volevo più sentirmi. Pensai a quando le persone scappano quasi per lasciare il loro presente, la loro vita, corrono in stato di incoscienza lontano, fuori di casa, fuori città, nelle periferie, in campagna, lontano da chiunque per sentire di essere soli, altrove, senza poi neppure sapere come ci sono arrivate: si pensa solo a scappare e seminare ogni eventuale inseguitore. La dissociazione da sé a volte è necessaria all'equilibrio della propria mente, e a volte è giusto scappare, lasciare tutto e correre incoscienti, senza poi saper spiegare come ci si è ritrovati nel posto in cui si arriva. Fuga psicogena la chiamano, terribile, ultimo sfogo di un'anima stanca e in pena, pura e maltrattata, si dissocia dal presente e scappa, anche fisicamente scappando come quando in un sogno si scappa MA il corpo non segue l'intenzione: qui il contrario, il corpo si muove senza intenzione, come sonnambulo, ma pienamente risvegliato, cosciente delle cose che gli sono successe, sempre presenti. In realtà si scappa dai propri pensieri (è la situazione più drammatica che si possa palesare?). E l'intenzione? Vuole il nostro bene, ci vuole bene, ci ama moltissimo, teneramente, in un modo che tra persone diverse è raro, in grado di sacrificarsi per noi stessi, eroica, magnanima.
È bene che me lo ricordi che certe volte cerco anch'io di andare lontano. Insomma, di giorno conviene meditare su ciò che è successo di notte, e non il contrario. Semmai il contrario giace nel profondo, e il nostro sogno ce lo rigetta, o ce lo rinfaccia; come se non fossimo stati abbastanza tempo con lui, geloso. Per questo iniziai a giudicarmi da lontano, in silenzio ad ascoltarmi.
Non accettavo di essere così petulante, ma è dura lezione: è lezione per quanto dura. Si impara, come io imparo che sono petulante e che ho le mie ragioni. Se vi interessa, se no passate avanti: ricordo sempre che qualcosa non va e ci rende schiavi, anche inconsapevoli e persuasi di non esserlo, schiavi o finti-liberi; e la cosa migliore che ho trovato per far fronte è andare contro (pensare - dire - fare - significare) le cose evidentemente ingiuste.
E ora che sono sveglio ci ripenso e dico che le cose dell'oggi cui io sono contro sono quelle che si spacciano come antidoti, e invece sono veleni. (È metafora per: tecnologia, mercato, industria, lavoro. Cose che si spacciano per antidoti universali). Se mi accorgo che per qualche motivo sono nocive, la prima cosa è parlarne male, giustamente, senza eccedere, spiegandone i motivi, in maniera coerente. Disprezziamo ciò che ci fa male, e vorremmo annullarlo, eliminarlo definitivamente. (Sia giusto? Ma non facciamo altro...) (Pensa che tristezza Machiavelli, il genio al servizio del padrone ignorante! Lui ha accettato, non è scappato).
Pensa allora, che tristezza Machiavelli provava, il disgusto con il quale scriveva, il suo rifiuto, dissociato eppure scriveva, disse tutto, lo ha rivelato. Tutte le cause del suo disgusto... tu pensa...
Devo fuggire allora dentro. Com'è possibile? Non c'è vera res anche interna che non sia solo extensa (parole di Spinoza da cercare su wikipidia). Fuggire allora sarà un simbolo che la mente dà per significare che dobbiamo accettare che la sua legge non è universale, e c'è da rompere il paradigma, tutte le nostre conoscenze sul mondo: riconoscere che c'è qualcosa che non va, ma dentro ad un punto di vista isolato, dentro alle nostre abituali interpretazioni dei fatti, entrambi chiusi e non comunicanti con il resto della Vita. Come chiamarla? Forse un'infanzia mai finita? ma "infanzia" in un senso non stretto, no, non va, ma forse è l'unica parola che più si avvicina. ("Primitività" o "Originalità/originalezza"). Un richiamo. Non so se diretto a me, ma che io ascolto. Voce dolce di donna angelica, che parla come da un lontano megafono, con i confini dei suoi suoni indefiniti, o come sfumati tra i rumori di una mattina qualunque. Anche se non parla a me, come faccio a non stare inebetito ad ascoltarla? tuffando tutto il resto del mondo in una nebula indistinta, lontana: sento solo lei, voglio solo sentire quelle parole, qualunque esse siano, qualunque cosa esse significhino, non farebbe differenza: non sono le parole. È il suono della sua voce che rapisce e rallenta il tempo, eleva la terra su cui sono (e dove dovrebbe essere lei) solleva, alza, verso luoghi fatti di nuvole. Non finte, ma antiche nuvole.

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25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.