La vita ridotta

La vita ridotta è come la voglio
evitare. È come la vuole con vigore
la mia viva sovrastruttura che non sa
a che pensare e vaneggia tutto vano.

Ahi nulla davvero necessario
ogni vita un vaso vuoto
tanto per gli altri si muore!
Folle voce la tua che vagheggia!

Vedi? Che voce viva è vivace,
vedi quanto rinverdisce?
È volo in Natura, non vanitoso
soffocare d'evidenza.

La vita bigotta non si può attaccare
sulla vista, tipo occhiali di vetro
oh Poesia m'invaghisci, volgi lo sguardo
verso verdi versi vividi.

Esperimento voce-pensiero

La notte scorsa ho dormito poco, perché ho provato un esperimento.

Dovevo semplicemente pensare una forte "OOOO..." gridata nella mia testa dalla voce della mia testa ogni volta che mi veniva un pensiero in mente.
Mi sono ritrovato, non so se 13 o 17 minuti dopo, a non poter parlare e ad avere delle immagini strane e fantasiose, e alle brevi frasi in lingua che ancora riuscivano a comparirmi nella testa opponevo un fermo "OOO...", a volte i due suoni si sovrapponevano. Mi sembrava proprio in quei momenti di sentire quella (mia) voce continuare a parlare, mentre io le chiedevo di fare silenzio... Niente! Ma io, zitto e nascosto nell'angolo la sentivo blaterare frasi brevi, semplici. Frasi brutte, proprio da vergogna: uno di sé si vergogna solo a notte fonda, quando ormai non serve a niente. Niente di orrendo e da tenere segreto: soltanto mi sembravo un vecchio rompicoglioni sempre a giudicare con sufficienza ogni piccolo evento che in quel momento mi veniva in mente o tornava alla memoria. Non volevo più sentirmi. Pensai a quando le persone scappano quasi per lasciare il loro presente, la loro vita, corrono in stato di incoscienza lontano, fuori di casa, fuori città, nelle periferie, in campagna, lontano da chiunque per sentire di essere soli, altrove, senza poi neppure sapere come ci sono arrivate: si pensa solo a scappare e seminare ogni eventuale inseguitore. La dissociazione da sé a volte è necessaria all'equilibrio della propria mente, e a volte è giusto scappare, lasciare tutto e correre incoscienti, senza poi saper spiegare come ci si è ritrovati nel posto in cui si arriva. Fuga psicogena la chiamano, terribile, ultimo sfogo di un'anima stanca e in pena, pura e maltrattata, si dissocia dal presente e scappa, anche fisicamente scappando come quando in un sogno si scappa MA il corpo non segue l'intenzione: qui il contrario, il corpo si muove senza intenzione, come sonnambulo, ma pienamente risvegliato, cosciente delle cose che gli sono successe, sempre presenti. In realtà si scappa dai propri pensieri (è la situazione più drammatica che si possa palesare?). E l'intenzione? Vuole il nostro bene, ci vuole bene, ci ama moltissimo, teneramente, in un modo che tra persone diverse è raro, in grado di sacrificarsi per noi stessi, eroica, magnanima.
È bene che me lo ricordi che certe volte cerco anch'io di andare lontano. Insomma, di giorno conviene meditare su ciò che è successo di notte, e non il contrario. Semmai il contrario giace nel profondo, e il nostro sogno ce lo rigetta, o ce lo rinfaccia; come se non fossimo stati abbastanza tempo con lui, geloso. Per questo iniziai a giudicarmi da lontano, in silenzio ad ascoltarmi.
Non accettavo di essere così petulante, ma è dura lezione: è lezione per quanto dura. Si impara, come io imparo che sono petulante e che ho le mie ragioni. Se vi interessa, se no passate avanti: ricordo sempre che qualcosa non va e ci rende schiavi, anche inconsapevoli e persuasi di non esserlo, schiavi o finti-liberi; e la cosa migliore che ho trovato per far fronte è andare contro (pensare - dire - fare - significare) le cose evidentemente ingiuste.
E ora che sono sveglio ci ripenso e dico che le cose dell'oggi cui io sono contro sono quelle che si spacciano come antidoti, e invece sono veleni. (È metafora per: tecnologia, mercato, industria, lavoro. Cose che si spacciano per antidoti universali). Se mi accorgo che per qualche motivo sono nocive, la prima cosa è parlarne male, giustamente, senza eccedere, spiegandone i motivi, in maniera coerente. Disprezziamo ciò che ci fa male, e vorremmo annullarlo, eliminarlo definitivamente. (Sia giusto? Ma non facciamo altro...) (Pensa che tristezza Machiavelli, il genio al servizio del padrone ignorante! Lui ha accettato, non è scappato).
Pensa allora, che tristezza Machiavelli provava, il disgusto con il quale scriveva, il suo rifiuto, dissociato eppure scriveva, disse tutto, lo ha rivelato. Tutte le cause del suo disgusto... tu pensa...
Devo fuggire allora dentro. Com'è possibile? Non c'è vera res anche interna che non sia solo extensa (parole di Spinoza da cercare su wikipidia). Fuggire allora sarà un simbolo che la mente dà per significare che dobbiamo accettare che la sua legge non è universale, e c'è da rompere il paradigma, tutte le nostre conoscenze sul mondo: riconoscere che c'è qualcosa che non va, ma dentro ad un punto di vista isolato, dentro alle nostre abituali interpretazioni dei fatti, entrambi chiusi e non comunicanti con il resto della Vita. Come chiamarla? Forse un'infanzia mai finita? ma "infanzia" in un senso non stretto, no, non va, ma forse è l'unica parola che più si avvicina. ("Primitività" o "Originalità/originalezza"). Un richiamo. Non so se diretto a me, ma che io ascolto. Voce dolce di donna angelica, che parla come da un lontano megafono, con i confini dei suoi suoni indefiniti, o come sfumati tra i rumori di una mattina qualunque. Anche se non parla a me, come faccio a non stare inebetito ad ascoltarla? tuffando tutto il resto del mondo in una nebula indistinta, lontana: sento solo lei, voglio solo sentire quelle parole, qualunque esse siano, qualunque cosa esse significhino, non farebbe differenza: non sono le parole. È il suono della sua voce che rapisce e rallenta il tempo, eleva la terra su cui sono (e dove dovrebbe essere lei) solleva, alza, verso luoghi fatti di nuvole. Non finte, ma antiche nuvole.

Poeti cessi

Ho visto poeti guardarsi attorno per sapere di non essere guardati, entrare nel retro di un gran supermercato. Si toglievano i vestiti nelle agenzie dei pubblicitari, facce lesse scolorite corpi magri e debolucci, si lasciavano immobili mettere abiti nuovi dagli agenti. Quei gran cessi d'incapaci a vestirsi dalle strade, dalla vita quotidiana, in fila indiana a lasciarsi indottrinare. File di traditori e ciarlatani, di buffoni in scalata sociale, parassiti dei benefattori! Usciva questa fila dall'ingresso principale con sguardo da scrutatore, profondo e affabulatore, di uno che non sente neanche se dieci tenori lo stordissero. Che differenza c'è tra loro - forse il moto? - e le scatole di cibi chimici del supermercato? E quale dai pisciatoi di un aeroporto? Da chi ama in cambio di soldi? Da chi ammazza per un suo sogno?
Anche voi! No!
Insomma non ci sente nessuno quando il peso che ci opprime e la noia dell'inefficienza continuano a sprecare il nostro tempo di vita? A chi daremo i nostri conati, i rantoli riflessi incondizionati della morale, dell'umanità?? Ancora ai subdoli del super - mercato, per giocare coi bisogni?
Spero che in passato gli autori non fossero stati come voi.
O perderei l'ultimo appiglio che mi resta con quel mondo di autenticità che ho nella testa - e che mi serviva quando dovevo decidere in maniera libera; finita questa epoca, non voglio credere sia inutile. Spero che voi siate tra pochi che tradiscono e si arrabattano su bubbole, spero che la tradizione letteraria sia autentica, non una cazzata.

Compratevi il vostro Andri Snær Magnason e andate in silenzio a fare in culo.

Corpo: definizione (Breve Storia della Voce Mentale)

Dove è che la mattina
ogni mattina mi trovo?
Questa casa mi è familiare
e una voce sgraziata
che conosco
dispone altoparlanti
dietro i timpani
interrompe il sogno
con un vivace jingle
è sicuro leitmotiv
di compositori moderni
minori o sconosciuti
pressoché sconosciuti.
Nello stesso istante
sento sul corpo calore
penetra luce pupilla
viene? io la sento
sento? lei è che viene
ci parliamo l'uno sull'altra
non ci siamo capiti mai.

Ricordo che ieri pensai
scomparsa la luce:
"Stasera io muoio"
ma mi sono soltanto perso
come succede ogni notte
tra sera e mattina
tra vuoti e pilastri in cemento
tra infiniti sconosciuti
che si litigano i panni
come me per travestirsi.
In segreto mi tolgo i vestiti
e tutto è come avevo lasciato:
stanza buia e nera
comoda, discreta, silenziosa
tengo il corpo
sotto i piedi
come tavola da surf.
Che si cela
sotto la pelle quando
il giorno passeggiando
il corpo, travestito, 
emette i suoi segnali?
Si gioca i ruoli d'una vita
le posizioni simboliche negli altri
costruisce relazioni
che la notte poi canti
con le lacrime
dai rimorsi o dai piaceri.

Un giorno ho letto un verso
lunghissimo diceva:
le vite sono come
un corpo unico disintegrato
che sopravvive in ogni istante
cambiando le cellule-individui
che siamo e si serve di noi
per stare al passo coi tempi:
è tua la voce degli altoparlanti?
Ma allora non smetti mai,
vivi e parli da miliardi
di miliardi di anni, miliardi
di piccoli piccoli istanti
e te ne vai in giro per la materia
vestendoti di noi
elogiandoti in versi.
Ti venissi a presentare!
Ci mettessimo a parlare
senza impedimenti
o con chiarezza
mi provassi a spiegare.
No? Niente?
allora dammi un giorno

Nirvana - Nirvana (2002)

A pensarci sono 15 anni che è uscito NIRVANA, il primo cd non truzzo che comprai, uscì nel 2002, in piena epoca hit mania dance.

15 anni fa, a 12 anni feci una scelta. Mi trovavo davanti a un banchetto di cd masterizzati. Hit mania secondo me aveva perso originalità tra l'Hit mania dance autunno 2001 e l'hit mania dance inverno e estate 2002, e avevo letto articoli molto buoni su due album appena usciti. Che sarebbe successo se avessi comprato la ristampa di Dark side of the moon? Mi sono perso una vita in cui forse mi sarei lavato e mi sarei tagliato i capelli un po' più spesso, e i jeans si sarebbero strappati da soli col passare del tempo secondo il loro naturale ciclo vitale? O sarebbe stato esattamente lo stesso? Fatto sta che comunque non mi faccio una doccia da 15 anni (senza ascoltare quest'album), mi sono appassionato sempre di più agli anni 90 e a quell'ambiente convinto che fosse proprio quello che faceva per me, ho preso la chitarra elettrica, ho fatto schifo. Ma oggi (che i Pink Floyd li posso scaricare quando c. mi pare, e conoscere) posso dire ancora che mai mai mai mi è scaduto, e che ho fatto proprio bene e, se avessi potuto, avrei dovuto comprarlo qualche anno prima.



Ma com'era essere umani ai tempi pre-moderni? (A me piace come dice Leopardi)

Ma com'era essere umani ai tempi pre-moderni? (A me piace come dice Leopardi)
Qualcosa di non artificiale è rimasto? O ci hanno lavato il cervello e non siamo più animali?
Troppe distinzioni portano nel nostro sguardo troppe differenze, e vediamo nei nostri giorni quanto questo crei violenza, rabbia, come se nessuno possa essere inquadrato. Forse scopriamo che le leggi fatte apposta per gruppi specifici ci ammazzano. Ammazzano i più deboli. Forse scopriamo che la "massa" è qualcosa che esiste, e viene scritta la loro storia, non di quella dei pochi (dei reali), che perdono.
No. Forse essere umani deve essere qualcos'altro, non il progresso della civiltà.
La civilizzazione non sostiene più la civiltà com'è ancora concepita.
Forse noi tutti siamo un branco. Come ogni specie, abbiamo bisogno di un branco, e ci uniamo spontaneamente. Forse stare nelle caverne è essere umani, stare col branco intorno al fuoco a raccontare storie incredibili - tutte divenute realtà - e non dividerci in pareti.
Ho visto grotte nel mio paese dove gente come noi abitava in gruppo. Venti trenta persone? Le grotte sono strette una affianco all'altra, tutte addosso per farsi coraggio e proteggersi dal bosco intorno, in superficie. Loro, lì dentro, sono sopravvissuti.
Oggi si fa un gran parlare della tecnologia, che ci avrebbe reso tutti in contatto.
Vi pare? In superficie!
La tecnologia ci dà un focoso abbaglio che ci coglie in furore perché ci mette nelle mani una piccola fetta del potere, ma non ci serve a niente per migliorare qualitativamente le nostre condizioni di vita. Il modo di affrontare la vita è sempre lo stesso da milioni di anni, e perciò lo sarà in fondo sempre, misterioso e insensato ma incessante. Il livello della quantità di strumenti in questo periodo non coincide con quello scarsissimo della loro qualità: non solo spesso, dietro grandi nomi o marchi, acquistiamo fregature, ma, indipendentemente da noi, i prodotti ideati, progettati e realizzati, anche se funzionanti, poi non sono in grado di offrire tutte quelle performance che la pubblicità raccontava (anche solo "l'immagine", il simbolo che fa lo status) non ci servono a molto se non allo svago. Basti ricordare questo, per innescare un desiderio di tecnologia fatto non per il mercato ma per le esigenze dell'uomo, per sviluppare le sue potenzialità e cercare di rispondere alle nuove creazioni della sua mente, guidato dalla sua curiosità e dai bisogni, dall'esperienza concreta e quotidiana. Sarebbe una tecnologia "umana" una tecnologia che non rispondesse agli ordini del mercato; che non ci trattasse come pecore almeno, con tutta questa globalizzazione. Sarebbe utile la tecnologia che arrestasse la globalità del potere, che lasciasse alle comunità il diritto di decidere e di agire sul proprio territorio. Basta scempi ambientali. Basta oggetti non fatti per noi. È tutto scadente. Non vale la pena sprecare il proprio denaro per qualcosa che diventerà obsoleto dopo poco tempo, in pochi anni; e dovete vedere però con quanta soddisfazione ognuno compra il suo nuovo prodotto innovativo... Lo chiama "l'ultimo" ma poi lo sostituirà con un altro: dovrebbe chiamarlo "il corrente".
È così che vogliamo essere descritti? acquirenti creduloni? Il bersaglio della retorica politica - pubblicitaria? La tecnologia di questi anni va soltanto a livellare gli standard di aspettativa (di prodotti tecnologici) e dunque critici. Lo standard critico, o il senso comune. Mutiamo i valori che diamo alle cose, dandogli nuovi significati. Riusciamo veramente a dimenticare il passato (ciò che hanno fatto prima di noi. Anche dimenticare i propri cari defunti, il proprio passato) in nome di un prodotto bellissimo?

Grotta in gravina

C'è una caverna

che cela mistero

inaccessibile lungo

una rupe scoscesa.

Di che parla

la tua bocca

cavernosa, se non di noi

a noi, costante.

E guardandoti

lontana

sentiamo solo dei canti

di notte

con le cicale

fra gli ulivi contorti

straziati nel tronco.

Dov'è la pietra

interrata che sveli

i tuoi giorni

dentro i millenni

come tu intorno

incastrata in sedimenti

lenti, calmi, irregolari

che vengono solo

se loro vogliono

quando lo vogliono

e decidono

- ormai stanchi

di guardare il mondo

di avere funzioni

in corpi diversi,

una volta per tutte -

di posarsi lì

cavo giaciglio

tana e riparo

sarcofago e lapide

e onesta dimora

per il minerale?

C'è il sacro nelle grotte

dei giorni antichi

non scritti dentro un diario,

che ha solo le consonanti

più dure

che dicevano i tamburi

del nostro seme.

Sono persi i ricordi

o sono

tra i ricordi

e persi

e noi andiamo

a ricercare.

Durante la notte

si muove il detrito

che crolla in gravina

ad altro sito, pigro,

e ad altra officina

ed ogni volta

che la pietra

fa un passo

sente il paese

un forte boato

soltanto se, al bordo,

c'è chi si affaccia

e guarda in basso.

C'è chi

dormendo lontano

non sente vita

scorrerti dentro

credo perché

lei debba celarsi

dietro decine

di metri di arbusti.

Daniele Benati - Cani dell'inferno, 2004

E poi sono partito insieme a lei ma ancora adesso non so dove siamo andati. L'eternità ha una forma circolare e ripetitiva: uno crede di andare avanti mentre invece torna sempre nello stesso posto - dei cani neri gli stanno alle calcagna

Che precipita

Il pescatore dispone mollica oppure dei vermi sul filo dell'amo
In una visione miracolosa passa il pasto davanti agli occhi
Innocente. Indifeso. Pare un bambino in gabbia di tigri
Il desiderio di una giornata è il pasto, nutrire le carni
con altre carni strappate da altri a proprio vantaggio.
Piccola orata dal dorso squamato senza opinione
né cognizione sei fatta proprio in modo che abbocchi
Abbocchi il trofeo, ne vale la pena? Ti strappi
le fauci ridotte a brandelli vibranti nell'onda
non avrai più pasti da oggi vale la pena?
Poter farne a meno, o questo è l'errore
ma non si è mai visto caso in natura
di orata lasciare la propria famiglia
per intraprender strada monastica
abbandonando i suoi beni terreni.
Abbandònati semmai alle leggi
della pesca. Abbocca all'esca
compi il ciclo che ti assegna
la catena alimentare. Va'
all'amo, dal pescatore
finisci dentro al suo
secchio. Un amore
universale sempre
guida i suoi figli
se la famiglia è 
lontana.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.