Schiaffo al Mascellone mussolini

Ci ho pensato, e secondo me il periodo più bello per vivere è stato quello agli inizi degli anni '40 del Novecento. Nei libri di storia leggete che c'è stata la seconda guerra mondiale, che è stata brutta, ma non dicono mica proprio tutto.
Negli anni '40 l'estate era fresca, il latte buono, i fichi crescevano sugli alberi e i prati sotto. L'epoca della seconda guerra  mondiale era incredibilmente più salutare per la metà popolazione mondiale che è sopravvissuta, rispetto ai giorni d'oggi.
No, no, in realtà c'era la cosa più bella mai esistita sulla faccia della Terra. Anzi, si poteva fare qualcosa a una faccia in particolare. Non era una cosa, ma più che altro una possibilità di azione molto molto bella. Un evento possibile bellissimo, il più ambito desiderio, che per noi oggi è ormai irrealizzabile, un tempo era possibile. Ma sconsigliabile. E il motivo è questo.
Ma secondo voi, quale cosa può dare più piacere e soddisfazione a un uomo di affondare la propria mano con uno schiaffo forte e veloce nelle paffute e strabordanti guance di quel mascellone da pesce di Benito Mussolini? E lo so benissimo che nel mondo contemporaneo sono spuntate tante altre facce meritevoli, ma sono tutti innoqui cloni imperfetti di quell'unico becero coionaccio primitivo sempre coi pugni ai fianchi e lo sguardo pichino (da miope) sollevato irascibile e presuntuosetto. Ma che meraviglia sarebbe stato vederlo arrossire di rabbia mentre protesta per aver ricevuto uno schiaffo sul suo grugnaccio? E sbattere i pugni in aria, e calciare le sedie?

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Guardate che faccia di uno che non capisce un cazzo di quello che gli altri stanno dicendo. Il cappellino quasi gli raddoppia il capoccione e le mascelle gli penzolano dal gargarozzo in una pappagorgia abominevole e catarrosa da disegnarci su dei cerchi e giocare a freccette o a tiro a segno.

Immaginate quanti hanno sognato, guardando quell'ammirevole apparato masticatorio, magari di palparlo almeno un pochettino, di tirarglielo quel faccione gommoso grande quanto il vaso del cesso. Anche solo una pacchetta amichevole, un buffettino, un'allisciebbussa, quanto mi piacerebbe, vi prego portatemi indietro o riportatelo in vita, devo farlo a tutti i costi, soprattutto dopo aver studiato quel libro di storia e i ridicoli capitoli su di lui.

Io avrei provato diversi approcci e soluzioni: perpendicolarmente in orizzontale con la mano destra e poi subito sinistra alternate.
In verticale soprattutto dal basso verso l'alto.
In diagonale, sfruttando a pieno tutte le dimensioni.

L'avrei fatto più sicuramente nell'età della sua infanzia, quando però doveva ancora essere relativamente una persona normale ma con la sfortuna di un padre testa di cazzo, perciò mi sarebbe dispiaciuto un po', ma che bella soddisfazione sarebbe stata vederlo piangere accarezzandosi la faccia da ragazzino grasso e stupido. E poi da piccolo non aveva ancora sviluppato l'ampiezza abnorme del suo rispettabile mascellone italico flaccido. Sarebbe stato meglio aspettare che gli crescesse: per questo preferisco l'inizio degli anni '40.
Da adulto faceva ridere perché si incazzava ancora di più e diventava rosso rosso in faccia urlando "Chi è stato? Chi è stato?!", e tutti i militari, gerarchi e altri pervertiti dovevano sforzarsi di trattenere le risate e non farsi scoprire quando lui li guardava. E se si accaniva contro di uno, ecco che subito un altro da dietro pam! gliene mollava uno senza farsi vedere, e lui si girava per capire chi fosse stato e da dietro subito un altro pam! pam! pam! Ma sono scherzi creati da loro stessi in quell'epoca...

Da notare che poco prima di seppellirlo, erano quasi tutti convinti di averlo sistemato a testa in su a piazzale Loreto, perciò anche se passavi in quel momento a tirargliene uno di soddisfazione, difficilmente ti saresti accorto che era stato erroneamente posizionato a testa in giù. Molti andarono via da piazzale Loreto gioiosi e soddisfatti, convinti di aver affondato i loro sonori schiaffi in quell'impasto da focaccia, mentre invece si trattava del suo romagnolo culo, in tutto simile a una porchetta d'Ariccia, perciò perfettamente confondibile.

La sua testa percossa da palmi di mano messi a coppetta era parimenti ambita da molta gente, ma quel rumore era sicuramente troppo poco profondo, la testaccia ossuta troppo dura e pesante, forse ci si sarebbe potuti anche far male alla mano. Insomma non doveva essere poi così invitante, ma la sua grande estensione doveva certamente fare gola non solo al popolo, ma anche a quei poveri diplomatici degli altri stati che erano costretti ad avere a che fare con lui - loro che avevano lavori seri da fare, sprecati con quel bambino di 3 anni in un corpo da flaccido cinquantenne psicopatico - e poi a bambini, ragazzini, donne, anziani, uomini, preti, militari, ufficiali, amministrazioni, funzionari statali.

Il diseducato

Eccolo qui il diseducato
prodotto della vostra tradizione
con un bagaglio di sapere
da coscienza relativista,
e niente sbocchi per sfruttarlo
niente orecchie ad ascoltarlo
niente occhi niente tempo
niente, niente. Niente. Soltanto fastidio
riesce a destare se gli si porge
l'attenzione come se fosse spreco
eccolo il frutto di discorsi millenari
ormai fuori moda, da intellettuali
in sottigliezze di fini eruditi
senza colori fosforescenti
consumati dai pesci che siete,
da chiacchiere inutili su ciò che han comprato
i vostri parenti per la prossima cerimonia,
sui progetti di villeggiatura
nei luoghi di lusso scelti
anche da politici e attori.
Non ha appreso a mettere in pratica
un bel niente, né ad adattarsi all'ambiente
ha perso del tempo
studiando i classici rinascimentali.
Colpa dei maestri caporali,
dei pregiudizi della famiglia
maturati dall'infanzia
nei confronti degli altri.
Colpa di chi orienta la vita
a telenovela da canale regionale
e mette bocca
sempre a parlare di ciò che non sa
a emettere sentenze dicendo cose
senza sentire, leggere, imparare.
Troppo istruito, è diseducato
ed in quanto tale, diseducativo.

De pigrizia VI: oggetti di una sana pigrizia e creatività

Verso quali eventi o oggetti si deve rivolgere una sana pigrizia?
Verso la cura esteriore del corpo ad esempio, specie quando così si vuole nascondere la coscienza di non essere intraprendenti, intelligenti, di non avere qualità. O verso la speculare salvaguardia della propria bugiarda fama. È pigro chi pensa di essere nato con delle qualità, e non fa nulla per acquisirle o esercitarle. Lo fa soltanto chi si ispira alla merce da discount: incarti accattivanti ma qualità finale effettiva molto scarsa; colpisce l'attenzione all'inizio ma si rivela come sempre una fregatura deludente.
Gente e merce così sono per tutti gli altri degli sprechi di attenzione, di energia psichica che si potrebbe rivolgere verso qualcosa di utile e invece è costretta a rimanere ferma intorno alla superficie delle cose visibili, vanamente. La pigrizia lavora a favore dell'esteriorità, non dello sforzo del pensiero, essendo più appetibile perché reputata ingenuamente capace di fornire risultati immediati, come la soddisfazione personale narcisistica verso l'aspetto del proprio corpo. Ancora viene insegnato nelle università a farsi idee soltanto guardando l'aspetto di una persona. È una delle basi attraverso cui una azienda sa riconoscere il proprio target: ognuno conosce il suo pollo per spennarlo e spolparselo.
La pigrizia è da rivolgere verso di sé, verso l'epica che avvolge le narrazioni di ognuno su se stesso, ma è difficile ammettere di essere pollo. Per questo occorre uno sforzo, cioé dirigere la propria pigrizia verso l'affermazione della propria grandezza (immeritata) (verso l'epica).
La pigrizia immeritata o non sana si traduce in soddisfazione personale e momentanea, orgoglio.
La presunzione è un atteggiamento naturale cioè infantile, lo sforzo sano è quello di non esserlo.

Una pigrizia da fuggire è quella verso oggetti e occasioni di vantaggio personale, è utile una pigrizia rivolta verso gli oggetti del desiderio, conoscendone la vanità e mutabilità, cioé la continuità dell'insoddisfazione personale. Immagina se ognuno prendesse parte alle decisioni di pianificazione urbana: se avesse la disponibilità economica, costruirebbe luoghi di divertimento e non di ricerca e studio. Si tende a dividere queste due sfere, quindi a non evolvere, e a rimanere ancorati ai propri preconcetti, a mantenere lo status quo quando si potrebbe studiare per progredire, far scoperte e miglioramenti tanto nella vita concreta quanto nell'etica, nella filosofia e nella mente individuale e nella mentalità sociale, per raggiungere migliori modi di vita e di pensiero.

Dunque è sempre utile creare ciò che non c'è ancora, avendo piena coscienza di ciò che già c'è. Nei momenti di creatività, sogno, fantasia, allucinazione, si esercita un sanissimo disinteresse nei confronti dello stato presente della realtà materiale-concreta e delle occasioni di vantaggio personale. La creatività poggia sul dissenso nei confronti della realtà esistente nello stato di veglia razionale, perciò una sana pigrizia è da rivolgere verso le comodità personali, i vantaggi individuali di tipo economico e gli oggetti dei desideri nati da una razionalità egoistica ed egocentricamente fondata. Verso tutto ciò che tende ad accontentarci e a non farci immaginare altri modi di vita possibili, non per forza più impegnativi o difficili.

Bisogna lavorare non per ottenere miglioramenti nella propria condizione di vita: la vita di un lavoratore non cambierà mai, se prima non cambia la sua mentalità, i suoi obiettivi, o se le sue idee rimangono sempre le vecchie stesse. Soltanto in questa maniera una persona può sperare di essere utile, e di non sprecare inutilmente tutto il tempo della sua vita.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.