Vajont

Di tanta vita che un baleno aduna
le montagne non aprono bocche
anche il cielo d'un tratto allagato
il tempo intero fu in pieno travolto.
Tra quelle spighe di grano io c'ero
spiga crescevo anch'io tra la valle
vento tra i monti stonio di campane
quando la diga mi dava respiro.

Segno

sul muro il solco d'una domanda
che fé tremare i muri alle torri 
crollò il balcone, il palazzo crollava
attorno le statue e i monumenti

esiste com'io esisto e tutt'ora
copre le uova di morbide piume 
del ventre che vogliono i serpenti
mimetizzata negli alberi alti

nel corso del sonno pomeridiano
divinità a miracol mostrare
che sotto i passi i suoi passi lei muove
e che la vita l'è base d'appoggio

rischiavo di perderla presa di mira
di non difenderla quando infamata
lei mi chiamava, ma non rispondevo
tutti ci chiama ma non rispondiamo

ma un graffio deturpa la facciata
a picco sull'impeto di scirocco 
se una madre fa segno di andare
un palpitare, un bruciore nel cuore

Numeri preferiti

Preferisco quei numeri soffici,
le onde del mare, i soffi del vento,
quelle forme incerte dei sogni,
donne di alghe, mani cavallo,
toccarti le dita calde d'inverno
invece di metterle su eBay 
fare che l'uso consumi i contorni,
che il gomito urti e rompa un display.
Soffro la porta dello sgabuzzino,
la vita interdetta, sillabe appese,
la vendetta di uggiose lumache
se gli si appresta un raggio di sole.
E oltre il sistema solare, che resta?
Oltretutto non riesco a contare
il cielo di notte buio m'inquieta
ed infinito diventa il minuscolo.

Hai il fuori e questo freddo dentro

Oggi è dentro non fuori dal corpo
addormentato venuto alla luce
- buio, che luce? silenzio, che voce? -
sfondo e figura, l'io e la natura,
e questi fantasmi in multicolor
il sogno che ha milioni di anni.

Foto

Io non so come ma dentro ad un foglio
non sono più io, ma un io passato
quando d'inverno era bello salire
sulle colline coperte di neve
stretto tra stretti sedili danzanti
e il loro domestico odor di benzina
mio padre mia madre e i miei fratelli
con quella fiat tra bianche campagne
come la pagina dove io scrivo
- è come se oggi fosse lontano
lo ricordassi tra venti o trent'anni
e dove sono non so, né chi sono -
sento una flebile parte di me
che si distende e nasconde nel tempo
più grande di me e che mi contiene
la mia parete coperta di foto.

Dove sei

La pellicola trasparente si confonde con lo sfondo
e pare tutto usuale niente nuovo tutto uguale
gli strumenti riposti in custodia flessi alla forza di gravità
niente luce, i ricordi dei fuochi visti ai falò 
già sbiadite macchie di retina immemore
una stanza sommersa dal mare durante la notte
un sincopato secco e sordo rintocco lontano
come se il tempo slegato si fosse piegato a fisarmonica
dove sei, che tra il buio hai più luce del sole
sopra la spiaggia dei giorni di ruggini
sollevavi nell'aria un odore di luglio 
non eravamo più io e te immersi all'estate delle parole
neanche l'aria bastava a sé stessa e i dolci colori restavano appesi
senza pesi le gambe sembravano remi di barche
la luce tra zigomo e labbra si era fermata a baciare un sorriso
dove inizia e finisce l'altra ma senza confine
dove sei non rimane più molto già si smonta l'impalcatura
e non voglio trovarmi su una pedana
di nebbia, vapore tra i colli.

Terzo piano

Nei loro visi i sorrisi sgargianti
si piazzano avanti non fanno entrare
e poi al lavoro si viene scelti
per attitudini e vanti passati
anch'io ho un lavoro nuovo mi piace
a tratti e mi fa rispettare
non credo di essere fatto per questo
un'apposizione professionale
infatti in orario lavoro ma guardo
il cielo azzurrarsi da rosa che era
tra le montagne coperte di case
della finestra mia al terzo piano
e in basso si vedono altri contenti
incerti del loro futuro uguale
al mio passato e ricordo la vita.

Al contrario

Come se il tempo andasse al contrario
più sei lontana da me, più vicina
quindi io corro andando in avanti
perché so già che sei lì a aspettarmi.

Diverso


Questa poesia sa squarciare il mondo
trova finestre e si affaccia alle stelle
ecco c'è Pegaso e l'Orsa Minore
sopra la casa rinchiusa nel tetto.

Ogni mattina non è mai se stessa
questo un bambino di certo lo sa
vedi che sporca è questa finestra
e forse gli occhi ti bruciano un poco.

Dentro il film non succede mai niente
un'aria di morte e poi tempi morti
dentro i quali chi assiste si specchia
e quasi si vede riempire gli schermi.

Quand'ero piccolo a casa dei nonni
andavo a vedere il quadro in salotto
la carta parati ingiallita del giorno
le I e le sue O casuali arabeschi.

L'aria si allunga diventa una strada
non segnata su mappa, trovata
alle spalle dei vividi monti
ora rido a pensarmi diverso.

Mare non piangi né voi mie colline?

e io che volevo portarvi in valigia
voi e le stelle delle nostre notti
e nello zaino il suono delle ombre
che sentivamo passare per strada.

Capisco il lavoro, la vostra funzione
ma vi aspettavo alla mia partenza!
Tornerò forse se voi mi aspettate:
temo il momento in cui saremo estranei.
Canne suonano agli scrosci
col loro vento sul fiume i flauti
le teste dei tori tuffarsi in avanti
le schiene col cielo nelle loro ustioni.

Presto tocco di campane immemori
con deferenza lasciato nei cuori
nei campi distrutti dal sole di estate
il tempo raschiato su spalle paonazze.

Oltrescienza

Credo da qui alla cima del colle
all'acqua del mare alle mie spalle
perché ogni vuoto è pieno di vita
non è di là che ogni cosa è infinita.

Vecchie parole la vita

Di vecchie parole è fatta la vita
pronunciate da chi qui c'ha vissuto
e se non siamo nient'altro che lingua
lieto di essere il tuo passato.
Non sono quello lì che ho sempre addosso
in questa lingua traduco i pensieri
sono una scia di stella cadente
dove l'attrito m'illumina i fianchi.

Le brevi schiarite

Rubo le pietre del tuo tesoro
di lievi candori che lasci cadere
li prendo, li aspergo di santità
come se carezzassi il mio cuore
sorpreso al suo eterno rintocco.
Aria di sera tu porto felice
ora lunghissima di un giorno breve
gli orologi non sono più tondi
i loro secondi diventano ore.
Luce sui fianchi del tuo stesso riso
ed è il sole che vuole guardarti
rosso grappolo dolce di uva
e di ogni frutto il succo spremuto.
Chiami dal sonno una luna dispersa 
oltre la linea di ogni orizzonte 
ignaro e rotondo, vuoto nel guscio,
altre stelle si accendono in cielo
le campagne sbadigliano ancora 
i rami si intrecciano e fanno richiami
animaleschi su scenografie 
dove imperava un maestoso silenzio,
e tutto è vapore di acqua che piove
e i miei studi lasciati interrotti
per disinteresse e dimenticanza
nella marea di negligenza
dove non più un cuore è il cuore
secondo i migliori pronostici.

Al sole

Voli sui verdi e la terra dei campi
così veloce che non ti raggiungo
provo a chiamarti - Aspetta! - tu niente
che cosa vedi davanti? Io niente.

Il lago. Incantamenti

L'eco di voci lontane risuona
sopra il lago che brilla di sole
come nel sole la voce del lago
e la sua voce incanta chi nuota.

Le onde

Ma è importante tutto il progresso?
Che ci sia l'uomo in tutto questo
paradiso di pietre assolato?
Le città al posto di verdi boschi
le macchine e non gli animali?
Ora sei seduta vicino a me
guardi il mare e pensi altrove.
Non a quello che c'è.
Comunicazioni non necessarie
sopra il fragore delle onde
che si infrangono sul lido.
La mia marea, la tua impazienza
dolce nel dubbio della mia assenza
non dovuta a un disinteresse
ma alle domande senza risposte
che nascono se osservo le onde.

Un morto che vola

Un morto vola nel cielo di notte
assieme agli atomi dell'atmosfera
vede dall'alto i tetti argentati
le strade, le auto, gli ombrelli grigi
non riconosce neanche un parente
fra la gente che dovrebbe conoscere
non vede vita che sia una vita,
tutti rinchiusi dentro ai palazzi
è un sorvolo di desolazione,
va poi sul mare e sui fiumi dei campi
scambia i pesci e le foglie per noi.

Il bosco nel quadro

Il bosco nel quadro era infinito
e ancora più a lungo io lo guardavo
nel corridoio a casa dei nonni.
Quand'ero bambino ed era Natale
o il compleanno di uno dei nonni
o di uno zio, dopo il pranzo
nella gradevole attesa del dolce 
mi alzavo a guardare il rosso del legno
che ricopriva il suo corridoio
e mi chiedevo se le venature 
fossero vere oppure dipinte
come le I nella carta parati
gialla di luce distesa del giorno.
Mi fermavo a guardare quel quadro,
la bimba seduta di fianco al bosco 
sopra un sentiero che si addentrava
nel mondo dietro la vegetazione
che copriva alla vista gli spazi
presi d'incanto nel loro mistero
d'iperbole quando non sono visti
ma io davanti me li spiavo
io li vedevo e sapevo ci fossero
anche il pittore dovette saperlo 
al secolo suo che intercettavo 
lì nella luce di quel corridoio
poi la voce il dolce! e scappavo.

Sfera

Viene spesso quel momento
di guardarsi le mani sparire
i dolori si dileguano in silenzio
come oltre una cima boscosa

quel momento di gioia privata
che si sa che non si è mai niente
nella vita c'è un poco di morte
il suo sfondo - il tuo mondo - è una sfera.

2d

Figura davanti a uno sfondo
così è fatta una scena conclusa 
che li riunisce e mescola bene.
Lo sfondo è nella figura.

La Poesia III

Mi apparirai nella notte d'estate
tra le luci con cui brilla il mare
che sprizza la spuma in mezzo ai palazzi,
tra le strade viste dall'alto
piene di traffico delle vacanze,
tra le donne affacciate al balcone 
dove asciugano i loro sudori,
tra le musiche stanche dei bar
degli uomini senza una faccia,
come una punta di ghiaccio 
strofinata sulla mia schiena 
la luce di un magma che erutta 
un germoglio tra noi e le stelle
con le foglie attaccate alle braccia,
una cascata infinita di acqua
voragine senza una base
come un giorno nel giorno, una casa
dentro una casa più grande
dove scendi le scale, ti affacci
e sei sul bordo di una gravina,
o una punta di freccia di selce
la cruna di un ago grande una porta 
mi apparirai se ti accolgo
riconosco, se colgo i segnali,
sarai trasparente in silenzio
mentre il mondo ti cammina addosso
rimani il suolo sotto le scarpe.

Tralicci

Righi il cielo di tralicci
e di virgole su un foglio 
dici è cielo, mai stato altro
nel firmamento a margine.

Roba da stenderci i panni
perché il vento li faccia danzare
al sole di là delle nubi
artificio dell'artificiale.

Senza attrito

Senza attrito un suono
si genera spontaneo
dalle stanze vuote
che santifica lo spazio
nullo e immenso nel suo silenzio
fra due movimenti attigui
nero all'occhio come
lo spazio tra due fotogrammi
e l'attore non è sé, né un altro,
quando l'occhio non lo vede 
per non vederlo non essere
nelle riprese quando non è.
Dolce riposo fessura interstizio
dalle fatiche dei grandi prosceni.
Il protagonista di qualsiasi film
di qualsiasi trama, il fondamento
dell'universo 
mai nei titoli di coda 
trasparente come al pensiero
è un rifiuto non digerito
noi ci voltiamo dall'altra parte
cercando lui che ci sta alle spalle,
viene di fronte ma noi ci giriamo,
non si presenta all'appuntamento,
aspetta nel luogo sbagliato
o a sbagliare siamo stati noi
necessario come fame
o pneuma senza polmoni
fuori da un'aria pressurizzata
che soffia sé stesso ed è vento
che inghiotto ed è il mio respiro
ramifica nella corteccia
e che dirige i nostri neuroni.

Vieni da sola o c'eri già prima

Vieni da sola o c'eri già prima
nelle falde acquifere sporche
nelle notti di carta strappata
del quaderno a quadretti consunti
dove entro e percorro il sentiero
che ci unisce e però ci separa
ma tu sei diversa e l'aria è diversa
la tua voce è un velo di vento
baritonale, non più campanello
sul manubrio che ha perso il controllo
curvi col corpo e arrivi veloce
non ti fermi per me vai veloce
un poco ti ho vista, chiamata,
ti ho detta, parola che già non ricordo
per un momento che vale una vita
che per la vita andrò a ritrovare.

Un prodigio II

Vieni vicino, fermati un poco 
rallenta la corsa, mi serve un aiuto 
- io che mi sbraccio al sole lontano -
non puoi fermarti e venire da me?

Lui che fa il giorno senza ritardi
è così avanti, neanche mi sente:
col braccio segnala di tenergli dietro 
come se avanti vedesse un prodigio.

Nihon teien

Bronzeo delirio di timpani e fiati
dove a picco ha ripidi i fianchi
delle sue valli scoscese il maestro
che non sa dire né alpha né beta.

Ora il mio tempo si fa trasparente
morte non sei contrario del campo
né al di là delle iridi lucide
da cui mi innalzi sopra la luce

quando ti scopro mia madre sorella
forse me stesso pietra tra pietre
onde entrate nel mio giardino
di ghiaia e sassi che vedi in Giappone.

Sintassi

Torno da te, mia sorella carnale
studente di lingua e letteratura
per colorare la lingua di verde
chiaro di ulivo, acceso dei prati,
scuro di salvia e di rosmarino,
e del celeste come stamattina
che io respiro e che mi rinfresca
all'ombra di una chiesa del Seicento
piena d'edera dentro un vigneto.
Una sintassi scolpisce i suoi rami
fa le parole grappoli rossi
dolci quanto più crudi e spontanei
pieni di semi che sputa la bocca
oh, è l'estate che mangio a chicchi
e mi scalda le nuove intenzioni
col succo più dolce per me.

Comunicazione

Tu parli e accendi i bagliori
del mio sistema nervoso, lampioni
della città che ho dentro la pelle
dove guido seguendo il tuo odore.

Come facevi a sapere le strade,
le costellazioni che vedo di notte?
Sembra che tu qui ci abbia vissuto.
Sai che le chiavi le ho sotto al tappeto.

Oppure ho guidato talmente lontano
che la mia città l'ho già alle spalle
eppure qui è così familiare 
mi piace sempre venirti a trovare.

Chi medita vede

Chi medita vede il paradiso
dall'orizzonte che sembrava nero
che inconsistente traspare
al silenzio in cui vibra il Nulla

non vede nulla al di là del cancello
oltre una strada che forse è un disegno
lì dove brilla una luce che ride.
Si sveglia. Buio. Sorride d'orrore.

Frase nucleare

Sarò la morbida riga del foglio
dove ti sdrai esausta a dormire
sarò un supporto del tuo contenuto
come un fonema veicola idee.

Io sarò forma e tu il mio pensiero,
io predicato, tu il sostantivo
argomentale che satura il verbo:
la nostra frase è di senso compiuto.

Tutto il resto è circostanziale:
di complementi si abbonda anche troppo
pur che non manchi tra noi la coesione
per non smarrirci la pagina accanto.

Ci lega il terrore di voltare il foglio
e di smarrirci in periodi distanti
potremmo scoprire sciolto il sintagma
finita la frase e il suo capoverso.

Ma non temere amore ogni a capo
è disseminato di connettivi
i dolci richiami che ci lanciamo
anafore del nostro primo bacio.

Domani

raccolgo i tuoi baci con le dita
ci carico il mitra delle parole
e con le mani emano discorsi
gonfio di vento che ha visto i celesti 
Roma nubetta infeconda di piogge
infila i suoi guanti di biondo pallido
ed esce lì dove dubbio non corre
si piazza in un cielo sgombro - diluvia
giorno di farsa giornata del cuore
non voglio un nome ma nuda esistenza
ecco due soldi compra un giornale
leggi che c'è chi combatte violenza
tra l'interlinea e le righe in grassetto
si scolorisce in un ligio candeggio
che ancor di più gli varrà poemi
finché una penna ancora avrà inchiostro
già i miei colli mormora l'alba
dove la notte nega se stessa
domani lo chiamarono gli antenati
domani i figli e i loro figli
anche se niente cambiava - domani
lo diremo sempre ma chi più ci crede

ecco domani ci siamo già stati
ridi soltanto perché non lo guardi
dove l'incendio sembrava domato
lì che torniamo a salvare la brace

Premio Europa in Versi 2023 - premiazione 20 maggio 2023 Como

 Sabato scorso, 20 maggio 2023, ero a Como per ricevere il premio *Europa in Versi 2023* sezione poesia inedita in dialetto con la seguente motivazione: 

sono immagini forti, quelle di M., incise in una lingua poetica vitale ed energica, persino con una certa vena espressionistica: «Casa mia è tagliata in terra / con un coltello in mezzo a un sasso / e tra tutte le altre che hanno tagliato / si fa largo la via tutta storta / urtando contro le pareti». Attraverso un dialetto sempre mosso e guizzante, M. riesce a comunicarci l'amore che lo lega alla sua terra, collocandosi giusto a metà tra idillio e invettiva.

La giuria era così composta:

- Presidente di Giuria per la poesia: *Milo De Angelis*, poeta;

- Presidente di Giuria per la Narrativa: Prof. *Gianmarco Gaspari*, Docente di Letteratura Italiana, Università dell’Insubria DiSUIT – Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio – Direttore dell’International Research Center for Local Histories and Cultural Diversities Università degli Studi dell’Insubria;

- *Elisabetta Broli*, giornalista e scrittrice;

- *Chiara Evangelista*, giornalista e scrittrice;

- *Bruno Galluccio*, poeta;

- *Roberto Galaverni*, critico letterario e giornalista culturale del Corriere della Sera;

- *Laura Garavaglia*, poeta e giornalista, direttore del Festival Internazionale di Poesia Europa in versi;

- *Andrea Tavernati* poeta, scrittore, vice presidente de La Casa della Poesia di Como;

- *Martina Toppi*, giornalista e collaboratrice di blog e riviste letterarie.


Vi consiglio di leggere i poeti inseriti nell'antologia del premio già in vendita online; teneteli d'occhio, sono tutte letture bellissime da fare. Eccoli tutti:

Sezione poesia edita: *VALERIA ROSSELLA, ROBERTA CASTOLDI, QUITO CHIANTIA*. Sezione poesia inedita: *ELISABETTA SANTINI, MARCO CARRETTA, DANILA DI CROCE*. Sezione poesia giovane: *CARLOTTA ALESSANDRA CATTANEO, DAVIDE COLLETTA, KAMIL SANDERS*. Sezione poesia inedita in dialetto: *ALFREDO PANETTA, NICO BERTONCELLO, MARIO MOTTOLESE*


Durante la premiazione una ristrettissima selezione di poeti provenienti da tutto il mondo ha letto le sue poesie. 

Ho assistito a reading grandiosi!

C'erano i bravissimi italiani: *Laura Capra, Deborah Zingarello, Giuseppe Bova, Emilio Coco*; e i poeti esteri, *Kieu Bich Hau*, poetessa, narratrice e giornalista del Vietnam, vincitrice di numerosi premi di letteratura a livello nazionale e internazionale; dalla Corea del Sud *Kooseul Kim*, Professoressa Emerita di Letteratura inglese all’Università di Hyupsung, *Dongho Choi*, anche critico letterario, studioso di letterature orientale e occidentale, *Ko Doohyun*, giornalista della principale testata nazionale di Seoul; dalla Russia, *Julia Pikalova*, laureata in Lettere all’Università di San Pietroburgo e in Amministrazione del Business presso l’Università Statale della California, si dedica ormai totalmente alla poesia; dagli Stati Uniti, il poeta beat *William Wolak*, fotografo, artista del collage, nelle sue poesie, apparse in oltre cento riviste, esplora l’eros; dalla Colombia, *Carlos Velasquez Torres*, traduttore, musicista, accademico e co-direttore dell’Americas Poetry Festival; dall’Ungheria, *Attila Balazs*, le cui opere sono state tradotte in 20 lingue ed è stato invitato a diversi festival letterari in tutto il mondo; dal Kosovo, *Jeton Kelmendi*, professore presso l’AAB University College e membro attivo dell’Accademia europea delle scienze e delle arti di Salisburgo, in Austria.


Per concludere, vorrei anche condividere le poesie che mi sono piaciute di più. (Già pubblicate sul web)


*ME LA RICORDO ANCORA (di Emilio Coco)*

La costruivo mattone su mattone

con la mia fidanzata

lì dove la stradale provinciale

s’incrociava con una carrareccia

che portava al paese.

Ci fermavamo lì seduti su un muretto

forte abbracciati e con gli occhi sognanti

a pensare la nostra bella casa

costruendo rifugi per l’amore

su un’amaca attaccata al tronco del ciliegio

o sul prato odoroso di mentuccia

in un giardino tutto recintato

a ripararci dagli sguardi estranei.

Nessuna casa intorno

la più vicina ad oltre cento metri.

Mi turavo le orecchie

allo strepito della scavatrice

che ammontonava nuvoli di terra

nel cassone di un camion sgangherato

o al frastuono delle autobetoniere

che con i loro tubi riversavano

fiumi di calcestruzzo

nelle casse di legno dei pilastri.

E la nostra villetta prendeva consistenza

con gli allacci delle tubature

la posa del parquet e degli infissi

con il letto a due piazze sistemato

al centro di una stanza tutta in rosso.

Quante volte l’abbiamo immaginata

seduti sul muretto

di quel pezzo di campo invaso da sterpaglie

ma eravamo giovani e le tasche

risuonavano a vuoto

e in quel posto rimase

la cenere di qualche sigaretta

col mozzicone spento sotto il piede.

E lasciammo la casa confinata per sempre

nell’angolo più buio della memoria.

Perché così succede

perché s’invecchia in una casa estranea

senza nessun muretto e brama di volare.


. . . .


*IL BUCATO (di Dongho Choi, Corea del Sud)*

La fragranza della pelle che emana dai seni materni

Un raggio di sole che trabocca, bianco e abbagliante

Come le squame di un branco di sanguinerole

Che risalgono dal fondo di una vasca di nichel argentato

Il respiro bianco

del bucato che si asciuga

Steso in alto

Sventola i raggi del sole con due braccia

La fragranza del respiro di una madre trasportata dal vento.


. . . .


*LA MIA VITA È UNA POESIA (di Kieu Bich Hau, Vietnam)*

Volare alto nel cielo

Raggiungere il mio uomo ideale

Caldi abbracci e mente aperta

Chiudere gli occhi e vivere una splendida vita

Sorridendo sempre

Senza problemi finché siamo accanto

Non un passato doloroso, né un futuro nero

Che possano turbarci ora

Non sapevo

Che l’amore fosse così puro

Che il paradiso fosse in noi

Anche il silenzio può parlare

Una sola volta per tutta la vita.


. . . .


*RITORNO ALLE FONTI (di Jeton Kelmendi, Austria)*

Certi segni sono disseminati dappertutto

Fino alla collina dove sibila il respiro,

Due notti d’autunno e i nostri baci

Bruciavano sopra il nulla.

Da quel giorno fino ad oggi

Tante anime, tante notti

Sono passate,

Ma ritrovo ancora una volta

La nostra vita di un tempo.

Del soffio dell’anima allora

Sopravvive la memoria

Nella coscienza

Di questa sera abbandonata;

Si guardarono

Negli occhi,

Sebbene la collina dietro di loro,

Testimone di quel tempo passato,

Del tempo vissuto,

Custodiva lo spirito splendido, angelico,

Custodiva la natura di un amore

Unico,

E l’effondersi del canto.


. . . .


*William Wolak, U.s.a., SEGNO DI BELLEZZA*

Inafferrabile come una goccia di pioggia

che cade

l'ombra di un colibrì,

il segno della bellezza aspetta

come il punto preciso

in cui finiscono tutte le nuvole.


È l'unico specchio

del bersaglio.


è un seme di anguria perso

caduto su una tovaglia da picnic.


Cerca in ogni cosa

la luce ignora

il segno della bellezza

fugace bagliore nel buio.


. . . . 


*AUBADE (di Valeria Rossella)*

Il passo sciancato del vento tra le foglie

è simile a quello del mio amore è simile

alla morta farandola che i gusci degli insetti

danzano con le immagini dei ragazzi col piercing e l’aritmia cardiaca

negli specchi dei bar che chiudono alle quattro del mattino

quando tramontano gli occhi imperturbati della notte

gelidi sfaccettati occhi di mosca.

È ottobre:

il vecchio dio cieco ci vede come ombre.

Qualcuno smonta il turno con le ambulanze e i camion

della nettezza urbana, e il grido

che annuncia l’alba pare di un uccello

invece è il tempo che piange ininterrotto [...]


In foto: l'autore di Mostroblog, Roberto Galaverini, Laura Garavaglia, Milo De Angelis (Como 20 maggio 2023).


L'ipermetro

Continueremo a ridere così
non ci sta dentro un verso canonico
ma non mi importa, è un verso bellissimo:
l'hai chiesto tu a me temendo il domani 
e io che guidavo ho tolto la mano 
dal cambio, non era tanto importante,
per poggiarla sulla tua
ho detto di sì, noi continueremo
ma non potevo distrarre la vista
per farti capire che non scherzavo.

                        . . . .

Adesso che siamo arrivati a casa
la differita mi ha solo bruciato
solo annientato da quanto abbia voglia
di vedere gli occhi tuoi che amo,
e dirti ti amo, ridiamo. Prometto.
Una sillaba in più ma è necessaria
e non importa: è un verso bellissimo.

Concessivi

ma ruggito deflagrante tremore 
che tuttora sebbene e tuttavia 
in quest'altra nuova noia sperdente
splendente e deliziosa di dolce requia
e distensiva su lenzuola a più piazze
che grazie e buon giorno al mattino
tutto il liquido sembra sia solido 
come perimetro ma non contenuto
senza ristare alla mia tema
beffarda e immatura vegliarda
che vortica in turbine quando non passa
serrature fessure aperture di porta
il fiume su esonda l'acqua si annera
per quanto eroda ogni parete
e scava riscava si cerca un percorso
da cui sgorgare in falde profonde
e lì a tal punto l'acqua è chiara
che ti sembra trasparente quasi aria 
di volare in mezzo al niente
dove tutto si incolora 
e maturano i sapori ma non c'è stagionatura 
verace l'acquatile agile guizzo 
scorre sebbene tuttora talmente
per quanto a tal punto
più niente di lui affiori alla luce
che piace talmente e tuttavia
vibri il tremore di un do minore

L'interiezione

Mi è scappata una poesia
come scappano tosse e starnuti
come un bisogno fisiologico,
o a casa o in strada, nei parchi;

a volte, mi scuso, non le tengo a freno
mi scappano come gli strafalcioni,
o le parolacce, o le risate,
come mi scappa di bocca un segreto.

È vero, per molti sono un disturbo
- se tutti i poeti son disturbatori -
ho un manuale di buone maniere
ma io non credo a una sola parola.

Rima baciata

Siamo due versi in rima tra loro 
le sillabe tue son come le mie 
io sarò A se anche tu lo sarai
tu dirai B se una B dico anch'io.

A volte siamo divisi, in strofe
diverse molto lontane, tra versi
sciolti senza legami sonori:
allora siamo degli echi lontani.

A volte staccati in due poesie,
un tempo forse persino in due libri
poi uno scrittore ci ha letti, evocati,
e ci ha legati in un solo contesto:

anche se fosse, le nostre parole,
usate solo in rime difficili,
lo stesso rimavano anche se ignare
le une delle altre prima di allora.

Il nostro testo è come una danza:
siamo una rima alternata, a distanza
siamo incastrata, incrociata. Poi interna:
il nostro posto si sposta e si alterna.

Le altre rime e le strofe famose,
i versi sciolti o con sola assonanza
come ci applaudono quando ci vedono 
già si ricordano tutti di noi.

Poi la magia: ci siamo incontrati
nella Poesia che ci tiene legati.
Messi vicini due timidi versi
si sono fusi in rima baciata.

La Poesia II

Ho trovato la Poesia per strada,
era sola, silenziosa, guardava
tutti quelli che neanche "buongiorno"
andavano via, come se fosse
consueto vederla, giusto ignorarla.
Sono stato fermo a guardarla,
dietro un muretto che a lei mi celava,
vedevo come, anche umiliata,
lei sorridendo diceva "buongiorno".
Quelli di fretta "parliamo dopo"
come si scansa una scocciatrice,
ma invece lei aspetta. Che pazienza.
Tornavo da lei di tanto in tanto
dicevo "buongiorno" senza guardarla
emulo del malcostume locale
e poi correvo a spiarla dal muro
sempre e solo nascosto ai suoi occhi.
Faticai anch'io a rendermi conto
come potevo infatti pensare
che quella in strada che ci salutava
fosse colei di cui parlano i libri?
Poi venne un giorno, scrivevo poesie,
non avevo da dire e scrivevo
pagine vuote perché mancava
lei l'umiliata, ignorata e paziente
davanti a tutti e tralasciata
da chi crede che sia qualcun'altra;
mi dissi "scrivi di lei, poltrone"
(cosa non facile, a stile sublime,
fare iperboli a insulsi dettagli)
"dì che si vede e l'hai vista, trovata
come si vede e si trova un'amica,
come un aiuto per strada, una guida
per i passanti che si sono persi".

Se non ci fossero stelle

Se non ci fossero stelle nel nero
buio di notte: allora il cielo
sarebbe un confine, non più una strada,
la fine del Mondo che il Mondo rifugge.

Eccole invece, belle e splendenti
quanto evidenti sul nero di notte!
La notte non è un incarto al presepe,
ma questo Mondo. È casa, quartiere.
Dopo millenni ci riaccorgiamo 
che parlare è diretto a uno scopo,
sempre lo stesso a cui è diretto 
ogni possibile umano lavoro,
aiuto a chiunque per superare 
i problemi reali dell'esperienza 
tra gli individui e i loro contesti
tra gli individui e i vari contesti
tra gli individui e i contesti reali.
La retorica non è vuota, la lingua
stessa è contenuto e forma. Grazie tv,
grazie serie fatte non certo per comunicare!
Grazie a voi ho capito che io 
non farò parte del vostro raggiro
che fa della lingua una cosa complessa
e così il mondo, feticci impenetrabili.
Quello che c'è di obsoleto è questo 
nuovo
stanco e annoiato, svogliato, ignavo
dei vostri insensati allestimenti.
Grazie a voi definisco il modello
da evitare: tutto quello
che non fate è il giusto. E io lo faccio.
Quando si è estinto il comunicare
retorica morta
morto il pensiero.

Emoji Poesia

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Legenda
⚛️ Atomo, molecole, materia 
🌍 Mondo, Natura, Spazio-tempo 
🧠 Cervello, sistema nervoso, corpo 
👥 Persone, popolazione, cultura 
🗣️ Parlante, comunicazione 
❤️ Sintonia, parentela, =, cura, ascolto 


Possibili criteri di lettura
- Ogni verso è una frase, composta da minimo due o tre o cinque o nove o dieci elementi (parole, simboli).
- Ogni verso ha elementi del verso successivo o del precedente che danno continuità e coerenza ai versi, ma in ognuno il tema è sviluppato con variazioni. Non ci sono due versi uguali.
- La Poesia indagherebbe la stretta relazione tra Mondo e Lingua, che porterebbe a sintonia e reciproca assistenza: tanto tra persone, quanto tra individui e Mondo.

Impronte di una marcia cerimoniale

Fertilizzanti azotati nei fiumi 
plastica nelle carote di ghiaccio 
con l'anidride carbonica all'apice 
terre rare i circuiti nei campi.

L'impronta ecologica di suole sporche
da cui poter riconoscere presto
la breve gran marcia cerimoniale
dell'animale dal grande cervello.

Note e parole II. L'ascolto

Non hai ancora finito di parlare
che applaudo forte le note che enunci
conformi alla lingua del cuore. Tu
allestimento da compositore.

Il periodo ipotetico

Un parlante non può sapere
se la sua parola raggiunge una mente.

Può solo supporre una tesi
tra le ipotesi infinite.

Il destinatario è ipotetico.
Cosa so io del Mondo?

Allora parlo al vento.
Forse è il Mondo che porge un orecchio.

Tutto è Poesia

Poesia, poesia, tutto è Poesia!
Ma non siamo più i Poeti.
Guardiamo serie esclusive sul premium.

Note e parole I. L'eloquio

Che bello possa enunciare le note
come quelle con cui sono composte
le più belle musiche al Mondo,
perché io senta il tuo cuore parlare.

Figli dell'ambiente

I corpi comunicavano tra loro già prima che nascesse la lingua. 
Tuttora organismi molto meno evoluti dell'uomo, unico animale dotato di lingua, addirittura creature non dotate di sistema nervoso come le piante, comunicano con loro. Ed anche in maniera efficiente.
La comunicazione è nata prima del pensiero tipico dell'uomo; o piuttosto il pensiero è nato prima della lingua umana?
L'albero pensa quello che comunica? Soprattutto è cosciente della sua intenzione comunicativa? Nonostante non possa pensare, essendo il pensiero un'abilità cognitiva che necessita quanto meno di un sistema nervoso.
E la lingua umana è capace di interpretare questa protolingua? Forse deve dimenticare la sua grammatica e interpretare la più complessa grammatica non umana, "abbassarsi" secondo un'ottica antropocentrica; ma invece aprendosi alla scoperta dell'ambiente, da cui l'uomo si è allontanato evolvendo il suo sistema nervoso. Non è abbassamento: è liberazione dai pregiudizi umani, eravamo noi a guardare troppo in alto, troppo in là, trascurando tutto ciò che intanto c'era sotto. Trascurando cosa siamo noi. Nient'altro che corpo, organo, muscolo ossa e nervo, materia, atomo: come qualsiasi oggetto. 
Tutto ciò che l'uomo ha ottenuto finora, l'hanno ottenuto in effetti l'atomo, la materia, nervo ossa e muscolo, l'organo, il corpo.

Per comunicare il pensiero (attività neurale) non è necessaria la lingua umana ma la grammatica sì. Una grammatica universale e non più antropocentrica. La grammatica umana viene in qualche modo da quella "senza cervello" del Mondo (che non ha un sistema nervoso. È l'ambiente). D'altronde il linguaggio comprende la grandissima area del non verbale che è istintivamente elaborato da parte del cervello quasi immediatamente. La lingua (verbale) richiede uno sforzo cognitivo in più perché è meno immediata.

Ecco chi siamo dunque: Mondo. E Mondo è quel mistero che chiamiamo Natura, fatta di forze che tengono coesa la realtà e la fanno così com'è al di fuori del corpo: siamo il fuori da noi. Siamo l'ambiente.

E se siamo quello, allora che senso ha ancora distruggerci tra di noi? Non siamo Mondo che distrugge, ma che salvaguarda, che si prende cura. Siamo nati dal Mondo e per questo il Mondo vive in noi. E viceversa. Non è vero quindi che siamo nati da noi stessi e che il mondo è nato solo dal Mondo, e che noi e Mondo ci conciliamo: ci eravamo soltanto distratti guardando altro, cercando altrove, se per caso ci fosse altro. Adesso gli strumenti scientifici, i nuovi telescopi, ci dicono che, fin dove si può guardare, tutta la realtà è in sé rivelata, non c'è nascosto niente e nessun altro, dobbiamo solo sviluppare ulteriori progressi alla tecnologia per aver contezza di quello che succede in ogni atomo e fuori in tutto l'universo.
Probabilmente la tecnologia farà progressi in questo senso: di andare a vedere ogni più nascosto anfratto, minuscolo o mastodontico che sia.

Ben venga, si spera di conoscere l'ambiente, con precisione crescente.
È conoscere l'ambiente che significa conoscere noi figli dell'ambiente. È la fenomenologia la passione del dettaglio in comune ad archeologia, scienza, storia, letteratura poesia e arte, geografia, sport, attualità, ecc... gli elenchi di ritrovamenti archeologici, elenchi di brevetti, almanacchi di storia, sport, attualità, storie di filosofia letteratura cultura medicina...

È così che dobbiamo lavorare? Che fare se siamo ambiente? 
Fermando la distruzione, l'annullamento dell'essere, conservarlo e salvaguardandolo, ogni suo dettaglio e manifestazione per quanto condannabile dal più paziente saggio mai esistito finora.
Facciamo come l'uomo trovatosi avanzato e libero alla fine dell'età del bronzo, dobbiamo ricreare le condizioni che hanno reso possibile le prime antiche civiltà, libere da vincoli morali pilotati e distorti dai pregiudizi accumulatisi nel tempo, da etiche immotivate, arbitrarie e imposte, che hanno reso l'uomo sempre più sofisticato.
Se noi siamo Mondo, e noi Mondo ci creiamo, e il Mondo se crea rifugge il non essere in cui comunque è diretto, allora dobbiamo solo creare e salvaguardare tutto dalla sua estinzione/annullamento. Fare tutto ciò che non è distruggere, fare violenza, odiare, negare, ignorare. Ciò che distrugge è proprio ignorare i dati dell'esperienza provenienti dalla percezione, inconsciamente fingiamo di non avere corpi, di essere più che corpi, e vantandoci di possedere presunte alte capacità che ci innalzano al di sopra della Natura. Natura indicante un referente non chiaro, vago confuso e indefinito: non esistente. Natura è nient'altro che ambiente che è noi, e noi siamo creati nel senso che siamo nati dal Mondo. Quindi il Mondo produce, noi siamo Mondo e noi perciò lavoriamo producendo. Il prodotto viene poi conservato più a lungo possibile, finché si consuma da solo.

Dobbiamo lavorare perché ogni dettaglio esistente resista più a lungo possibile prima che davvero si consumi da solo, scompaia per sempre annullandosi. L'unico modo per conservare qualcosa destinato ad annullare il suo corpo è simbolizzato, togliendone il corpo. Ma il simbolo dev'essere davvero concentrato e ricchissimo di informazioni, come una poesia e più di una poesia, deve dire tutto di noi. Deve contenere l'intera cultura e rievocarla nel pensiero dei viventi futuri. C'è davvero chi si sta facendo ibernare sperando di essere resuscitato tra centinaia di anni, quando si scoprirà la cura alla morte. Ecco che pensa l'uomo razionale contemporaneo 🤣
Mentre invece è così economico e naturale e scientificamente più probabile rimanere nella cultura. Anche se magari non verrà ricordato il nome di un individuo, il suo aspetto, eccetera, abbandonare il corpo quando muore non è che un gran vantaggio. L'uomo di oggi invece è già uscito dal corpo e dall'ambiente senza neanche morire quando li ha ignorati e stabilito nuove verità ideali, e stabilito che fossero più vere delle cose vere del Mondo. "La mia idea è più vera di quello che mi sta davanti" è in sé contraddizione, follia.
È una distorsione dei nostri scopi perché si sceglie non solo di ignorare ma di eliminare ogni dettaglio che contraddice quell'idea. Ogni idea ha un suo opposto esistente e individuabile, perciò se una cultura sceglie di istituzionalizzare una idea vuol dire che ogni manifestazione contraria a essa è nemico pubblico.

E questo è assolutismo, dispotismo, violenza esercitata direttamente sul pensiero, che è per sé figlio del Mondo (attività neurale) e Mondo stesso, e che avendo la lingua si esprime in qualsiasi creatura, secondo la sua grammatica.

Comunicare è il nostro unico lavoro, fare che la comunicazione, vero e proprio miracolo, vada a buon fine. Dunque dare peso al contesto e alla situazione comunicativa, all'ascoltatore se si parla. Ascoltare se si è ascoltatore, nel senso di sacrificare lo sforzo cognitivo, effettivamente dispendioso, necessario ad ascoltare e comprendere: fare attenzione. Alla comunicazione, al contesto alla situazione. Oltre al messaggio, che deve essere veicolato in forma chiara cioè adatta al contesto e alla situazione comunicativa. Il nostro jolly tra le diverse abilità cognitive, forse il nostro libero arbitrio, l'attenzione. Forse il Mondo che fa attenzione a sé. Ma che si ritrova imprigionato in un cervello materico, limitato e pur sempre orientato al risparmio energetico e alla conservazione di sé, al riposo, pur sempre necessario. Al non ascolto e altre pigrizie, che per quanto innocenti sono di per sé violente e distruttive, volontarie e educabili tramite esercizio, l'ascolto. La disponibilità a cooperare per stabilire comunicazioni a buon fine tra corpi e sistemi nervosi di persone ed entità diverse.

Fare attenzione è il nostro lavoro. Fare le esperienze piuttosto che impedirle a tutti, e permettere che gli altri facciano la loro attività neurale, l'esperienza del mondo attraverso il mondo stesso. Il nostro lavoro è che noi facciamo questo lavoro che consiste nel fare nient'altro che far fare il lavoro-esperienza che consiste nel far fare esperienze ad altri, in un circolo pienamente sostenibile ed autorigenerante. La comunicazione dell'attività neurale è il nostro lavoro. Ora siamo troppo distratti da altro di molto sofisticato, che forse per questo motivo reputiamo più degno di essere pensato, anche più di ciò che esplicitamente abbiamo intorno a noi. Una specie più evoluta dell'uomo avrebbe le stesse capacità di analisi dei dettagli dell'ambiente di animali come i felini, le scimmie e i primati, ma anche degli insetti, dei rettili, e delle piante e dei funghi e dei microbi, ecc... e sarebbe perciò capace di fare più attenzione, in maniera sempre più efficiente.
Mia sorella, quanto tempo
da quando ho preso una casa diversa
posso baciarti il tronco, le foglie?
Andrebbero bene, i cespugli, le guance
tue su rocce verdi come le mie.
Posso baciarti il cielo? Avvicinati
vengo con te, non ho le valigie, 
cammineremo allo stesso andamento
mano per mano come da piccoli
io verso il cielo, tu alla mia testa,
le suole bianche dei piedi di nuvola
dove il sole passeggia di giorno 
io mi tuffavo, tu dissetavi
tu mi allattavi, io ti mangiavo,
mi pensi ancora o ti sei arrabbiata?
Mi hanno detto infatti "sta male"
sei malata? Ti do parola, giuro 
in qualche modo, non troppo tardi,
non così tanto da farti rimpiangere 
troverò il modo di farti guarire,
studierò ogni cosa che serve
ti donerò i miei anni migliori 
lavorerò anche tutte le notti
perché mi manchi e sto male anch'io.
La mia malattia è la casa diversa.
Torniamo a vivere noi insieme
io guarisco se tu mi guarisci
e ti guarisco se tu mi guarisci,
perciò guariamo se entrambi guariamo 
come volevano i tuoi genitori.

Lode alla mente

Lode alla mente animale 
semplice e intuitiva
logica a modo suo
e a modo suo vera.
Lode a un limpido specchio
che non distrugge o distorce il creato
dal creato è nato lo specchio 
e dallo specchio lo stesso creato.
Il mondo cade all'infinito nel mutamento e nuova creazione da nuove distruzioni, sostituzioni.
Crea il sistema nervoso centrale e, dopo varie evoluzioni, la mente umana, e chiede loro di aiutarlo a mantenersi, cioè trovare assoluti anche se relativi e momentanei: adatti e geniali (=congeniali) al loro particolare contesto (spazio, tempo, occupanti, disturbo, risorse materiali e culturali, strumenti...).
La mente perciò sviluppa la logica, sistema di pensiero coerente, tendente alla perfezione: all'assoluto infinito ed eterno idealista. Le grammatiche, le tecniche, corrette in quanto i loro costituenti non si contraddicono. La logica rispecchia il mondo e ne scopre l'assenza di assoluto infinito ed eterno; il relativismo quindi, l'accettazione delle infrazioni alle convenzioni formali sacrificate in nome della inclusione delle diversità, che è fatta delle varie manifestazioni di uno stesso principio, finalizzate al soddisfacimento momentaneo degli stessi bisogni. Ci si aspetta che ogni animale dotato di sistema nervoso abbia sviluppato una sua logica, delle grammatiche, delle tecniche a loro modo vere, a partire dalle sue proprie abilità cognitive. Il sistema nervoso più elaborato e sofisticato è attualmente quello umano, per cui non c'è dubbio che gli animali vivano una esperienza più immediata e spontanea del mondo rispetto a quella umana. L'uomo è certamente meno efficiente (veloce, bravo, preciso) ad elaborare l'esperienza e ad interagire con la realtà rispetto a una lumaca o una gallina o una scimmia ad esempio; perché il suo pensiero elabora più dati e a confronto è più lento durante il processo della cognizione. L'idealismo non può che essere soltanto umano, vizio dovuto al suo sistema nervoso complesso tanto potente da interagire nella cognizione, ad esempio distorcendola con pregiudizi non volontari ma tuttavia arbitrari.
La Storia mostra brevi periodi di apertura dell'assoluto-idealismo dominante al riconoscimento dell'effettivo relativismo in cui si presenta il mondo. Quest'ultimo è interesse dell'autorità dominante che sia normato e istituzionalizzato, prevedibile e controllabile, frenato quando necessario per la conservazione dello stato di cose che essa domina. A volte l'autorità è obbligata a scendere a patti con novità per divenire più efficiente (nel bene e nel male), accettando nuovi punti di vista che fanno emergere dettagli non nuovi ma certamente prima non emergenti. Chiaro che quest'ultimo caso è richiesto o nella democrazia (diretta) o quando un monarca o partito politico cerca consensi.
Una mente che rispecchia la realtà non può che partire dalla considerazione della materia, dall'esperienza che aggancia il nostro corpo all'ambiente, e la mente alla materia. La realtà è totale ma varia, non c'è omogeneità tra corpi e individui distinti (verosimilmente anche ogni atomo cellula o unità singola che li compongono possono essere molto diversi tra loro se osservati ingranditi), ma c'è il resistere e persistere dell'unione spazio-tempo (dimensione reale) che fa da minimo comune denominatore dei fenomeni.
La realtà è rivelata e solo ciò che è rivelato è reale: non più di quanto rivelato, né più di quanto sia realmente esistente/esistito/futuro. Ora e qui, ma anche ora e lì, ma anche allora e qui, e anche allora e lì.
Perciò la mente non può far altro che rivolgersi alla varietà delle manifestazioni reali per trarre insegnamenti e modelli di condotta (si intende anche di pensiero).
Il mondo per frenare la caduta nel non essere (che esiste necessariamente ma il mondo rifugge, perciò non possiamo averne esperienza, almeno - sicuramente - in vita) verso cui il tempo tende, ma anche lo spazio, attratto dai gravi fino a non essere (e contemporaneamente continuare essere!) nel buco nero, ci dà gli strumenti per cogliere la sua richiesta di aiuto ed elaborarla.
L'episteme non è umana (l'umano sa solo ipotizzarne e assumerne che esistano solo spazio e tempo fuori la mente), la doxa lo è e contemporaneamente e paradossalmente è più verosimile dell'episteme stessa. L'ipotesi è probabilmente più vera delLa Verità. È dal primo termine che il mondo si aspetta che noi troviamo il punto fermo "minimo comune denominatore" a cui aggrapparsi e frenare la caduta. Lavoriamo per il mondo, altrimenti destinato a perdersi - continuamente - per sempre; la sintonia di interesse uomo-mondo è la vera strategia per non perdere sempre per sempre noi né, tantomeno, il mondo.

Mi viene in mente Allacci e sleghi dei Bud Spencer Blues Explosion (Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio). Testo di Umberto Maria Giardini ("Moltheni"):



Storia (più o meno l'aggettivo possessivo)

tentativi di comunicazione
frustranti. letto. domani di nuovo

Interruzione pubblicitaria

Problemi di linea?
Vuoi vestire capi aderenti di seta?
Vuoi aderire alla forma ideale?
Ridurre la vita di dieci centimetri?
Vuoi eliminare gli scarti che il corpo
non brucia e mette da parte?
Sgombra ora i tuoi magazzini:
Bruciano sillabe e versi da anni. Poeti. 
Né corpi né eccessi e imbarazzi.

Quale Letteratura è possibile dalle Neuroscienze

Una letteratura del XXI secolo, come anche il nuovo insegnamento scolastico della letteratura non potrà prescindere dalle modalità di interpretazione: a) del testo, b) dell'atto della scrittura e c) della comunicazione verbale non verbale ecc... offerte dalle neuroscienze e dai meccanismi fisiologici alla base della lingua e del pensiero, due funzioni cerebrali superiori o attività cognitive tipiche dell'uomo (sia dell'individuo che non presenta malformazioni o malfunzionamenti, sia dell'uomo che invece presenta questi due aspetti) secondo diversi livelli di avanzamento e competenza, insieme a memoria, capacità di ragionamento, di pianificazione, di risolvere un problema, percezione, sensazione e l'azione.
Il pensiero nasce dall'attività neuronale del sistema nervoso centrale (attività neurale). La lingua è l'interfaccia (o veicolo) di tale attività, attraverso cui un utente (parlante, emittente) può allo stesso tempo: a) interagire con i propri pensieri, dirigere in parte e con esiti in gran parte imprevedibili i percorsi neurali, indagare all'interno della mente (risultato dell'attività neuronale globale di cui siamo più o meno coscienti); b) comunicare cioè trasmettere l'attività neuronale dall'interno della propria mente verso l'interno della mente di un altro utente ascoltatorelettore, destinatario.
I percorsi neurali sono dunque trasmissibili tramite lingua e comunicazione; componenti senza le quali un'esperienza (attività) vissuta all'interno della propria mente a) come scritto prima, non avrebbe avuto la possibilità di realizzarsi ed essere indagata o esplorata; b) appunto, non si potrebbe trasmettere (far vivere anche) ad altri.

COSA DIRSI
Il cosa dire nasce quindi da basi concrete e naturali, come la cultura in ogni suo livello e manifestazione, compresa la scienza, la storia, la fisiologia e la psicologia dell'uomo contemporaneo.
Il cosa dire coincide con l'intenzione di un parlante (un preciso itinerario del percorso neurale da voler far percorrere anche ad un ricevente-lettore). L'intenzione dunque nasce da esigenze di sincerità e chiarezza: esigenze di verità: il destinatario è il cliente che acquista il pacchetto dell'agenzia turistica e accetta dunque modalità, itinerario e quant'altro si possa prevedere. L'intenzione, il cosa dire, coincide con la parte più vera e sincera di un individuo ed ha basi tanto più vere quanto realmente legate ai bisogni fisiologici e psicologici di un preciso individuo parlante. Ognuno ha la sua cosa da dire... idealmente almeno, cioè in realtà pochissimi individui parlanti hanno sempre e in ogni occasione almeno e come minimo una cosa da dire. In questo momento in cui voi leggete, su circa 60 milioni di italiani che idealmente stanno parlando contemporaneamente, all'unisono in questo istante, sicuramente, e anzi arrotondando per eccesso, non più di cento-duecento parlanti hanno in realtà qualcosa da dire. Gli altri parlano ma senza avere realmente l'argomento.
Perché divagano tutti allora?
Per mentire? I meccanismi psicologici alla base di qualsiasi identità personale tendono all'equilibrio psichico: perfino una coscienza può mentire a se stessa. È possibile, e non solo: accade ed accade continuamente sempre a chiunque; la verità la si ritrova mediante esercizio costante e di intensità progressivamente crescente. Un metodo per non sbagliare quasi mai è affidarsi alla grammatica, che norma la correttezza, a sua volta improntata su criteri di verità cioè sincerità e precisione: due criteri volutamente sintetizzati in termini vaghi e non specifici al dettaglio, termini riferiti a stati mentali e insieme linguistici.
La sincerità è l'interfaccia più aderente possibile all'originale, della verità di un individuo, della cosa da dire.
La menzogna del pensiero non è intenzionale: è solo esercitandosi che ci si avvicina a soluzioni sempre più vere. 

PERCHÉ
La mente mente a se stessa perché il pensiero, solo con complicati e costanti esercizi appositamente mirati può giungere a indagare verità sempre più aderenti al vero... ma, scusate l'ovvietà, il pensiero non è il vero, una parola non è il suo referente, non si tratta di materiale stabile, non soddisfa i parametri dell'assoluto, perché è soltanto un'attività del sistema nervoso centrale che, più che riflettere nitidamente come fa una superficie piatta e liscia di uno specchio, distorce e sporca come gli specchi curvi e pieni di protuberanze e rientranze concave e convesse: dà una rappresentazione verosimile della realtà, più accurata quanto maggiore è lo sforzo richiesto da parte del sistema nervoso. Più lavora il sistema nervoso (la nostra interfaccia fisiologica con la realtà) più c'è verità e più c'è la cosa da dire. Fare esperienza per avere ispirazione è l'unico modo. L'esperienza, si badi, seguendo questo ragionamento, può essere effettuata vissuta tanto sottoforma di azione esperienziale con la vera realtà quanto indirettamente tramite il veicolo della lingua. Basta che il percorso neurale innescato dalla comunicazione coincida con quello previsto: appunto, coincida con l'intenzione per la quale la comunicazione è stata pianificata più o meno consciamente e poi messa in atto.
L'esperienza è il lavoro dell'attività neurale e neuronale in un dato momento. Tramite il mezzo della lingua, ciò che un parlante effettua (vive) nella sua mente, può essere effettuato e vissuto anche nella mente di un ascoltatore ricevente o lettore.

LE PAROLE NON HANNO SIGNIFICATI
L'uomo, limitato per Natura nelle modalità di esperienza individuo-realtà dal lavoro deformante del suo cervello e del suo corpo, ha scoperto solo nel Novecento (escludendo eccezionali intuizioni e previsioni, come il pensiero di Leopardi) che l'esperienza dell'assoluto gli è preclusa. Ogni esperienza della realtà e con la realtà è relativamente vera, in quanto vera solo limitatamente al punto di vista di ciascun soggetto. Ogni esperienza non è immediata, anzi al contrario mediata dal tramite (limitante, sintetico, indefinito, vago) a cui siamo legati per natura della lingua, del pensiero, della mente, del sistema nervoso.
Per un po' si è temuto che fosse vera l'ipotesi che non esistesse nessuna realtà assoluta ma che ogni individuo ne creasse una per conto suo, il suo universo da cui sarebbero stati esclusi tutti gli altri. Ma filosofi e scienziati si mantengono, e noi con loro, cauti nel dire che: una realtà unica assoluta uguale per tutti in cui viviamo esiste, ma ognuno limitato dal suo sistema nervoso non può che farne esperienza che per sua natura stessa è personale, cioè relativa: l'esatto contrario di assoluto.
I significati sono azionati nella mente di un utente della lingua, poniamo un ascoltatore, in maniera vaga e confusa: ascoltare una parola genera l'attivazione del percorso neurale connesso a quella parola, cioè il percorso che il cervello è abituato a fare ed effettivamente compie abitualmente quando ascolta o usa o scrive o legge o pensa quella parola. Ecco il significato di qualsiasi parola: non è trattato né trattabile da nessun dizionario. È la verità imprevedibile del percorso neurale avvenuto in un momento determinato all'interno dell'encefalo di un determinato individuo, immerso in una particolare situazione (combinazione spazio-tempo), che è il contesto dove è stato fatto un pensiero o si è svolta una conversazione.
Questo paragrafo non avrebbe dovuto intitolarsi così, ma: "I significati delle parole non sono decisi", perché i significati esistono e sono anche tanti per ogni termine, potenzialmente infiniti addirittura, perfino imprevedibili perché imprevedibile è il percorso neurale, che offrirebbe definizioni di significato pressoché infinite. 
I significati delle parole non li ha decisi un autore di vocabolario di un certo anno una volta per tutte. Essi sono cangianti e perciò precisi ma solo per un periodo di tempo, in realtà molto breve, dopodiché sfumano in altro ed assumono un altro significato preciso. La precisione è relativa rispetto al parametro del tempo: i significati cambiano nel tempo perché derivano dall'esperienza della realtà che si conferma anche logicamente divisa in due fattori imprescindibili: lo spazio e il tempo ed il loro mutamento in entrambe le direzioni, voglio dire il mutamento dello spazio nel tempo ed il mutamento del tempo nello spazio (più difficile da pensare o intuire, come diceva anche Gadda ne I viaggi la morte) forse pensabile più agilmente nella distorsione che il tempo subisce all'interno (complemento di stato in luogo) di un buco nero (il dove, lo spazio, che in un buco nero è a sua volta diversissimo dallo spazio di fuori, ma che dall'esterno è più o meno localizzabile in base all'osservazione dei dischi di accrescimento e degli orizzonti degli eventi).
Come altro dire che le parole, e i loro significati cioè i pensieri (cioè le attività neurali), provengono dal passato reale che ancora sopravvive misteriosamente nel presente? Tutto viene dal passato, cioè dalla Storia, cioè dalle miriadi di percorsi neurali, di combinazioni possibili di lingua e pensiero veramente esistite in un tempo ormai finito, che può essere vicino come lontano, proveniente da luoghi a loro volta vicini e lontani, da tutto il mondo da tutti i tempi, da tutta la Storia.
Questa è la più grande verità che mi sento di dire, è la mia cosa da dire che ho trovato e in cui credo; sicuramente non sarò il primo e non sono originale perché ogni mio pensiero si basa perfino inconsciamente su qualcosa già pensato e detto da altri, non molte persone in realtà, ma che la mia esperienza ritiene biologicamente vera.

LA LETTERATURA
Non viene quindi né segue il principio di autorità di presupposti grandi modelli linguistici letterari assunti in maniera arbitraria da un gruppo ristretto di avidi decisori linguistici crudeli e benpensanti. Non può seguire più gli stereotipi letterari, della moda contemporanea e della sua censura (odiernamente il politically correct è la più terribile inquisizione e censura), la paura di apparire corretti e di essere inattaccabili sempre per tutti. Rischiamo rimanendo umili, ognuno è esperto del suo solo a patto che sia sincero esercitandosi molto. La letteratura non è a casaccio ma deriva dall'intenzione di agire sulla realtà (quasi in modo magico, è vero) per intenzioni provenienti da bisogni psicologici (fisiologici, di protezione e sicurezza...). Nasce dal vero. Dai modelli può imparare i modi corretti di esprimere le attività neurali. Adeguarsi alla grammatica e studiare, studiare, studiare e poi ripetere ripetere ripetere e poi esercitarsi esercitarsi ecc... i grandi autori della letteratura. 

Una nuova avanguardia vera e seria non può che nascere da qui. Un po' è già nata, stava nascendo ma poi non è nata, pochissimi però fanno finta che sia nata anche se sanno che non è così, mi vengono in mente i neoavanguardisti più tradizionalisti (quindi più contro l'avanguardia stessa) Luigi Malerba e Giorgio Manganelli. Ce ne saranno sicuramente (pochissimi) altri ma loro li prendo già come esempio di una lingua vera e in grado di dire qualsiasi cosa sia vera e sincera, ad esempio i poeti liguri come Sbarbaro, Montale, Giudici, e poi altri poeti non liguri come Raboni, Claudio Damiani. Cavazzoni è uno scrittore che sicuramente non sottovaluta queste basi reali del pensiero, e come lui Fellini, Benati, scrittori che nelle loro opere si interrogano proprio sulla realtà o falsità dell'esperienza, per esigenze di sincerità; e (almeno parte di loro) conoscitori della Storia intesa come serbatoio di attività neurali create nel tempo e nei diversi spazi.
La lingua si adegua e con l'esercizio si perfeziona, sempre più precisa e sincera, aderente all'intenzione, al contesto comunicativo, alla cosa da dire, all'attività neurale.



Il sacrificio dell'idrogeno

Il sacrificio del piccolo atomo
ammassato con gli altri suoi simili
leggeri e volatili, adesso schiacciati
sotto cascate infinite di fiamme
resta all'oscuro di chi vi è esposto
sulle spiagge sommerse di luce
che gli brucia la pelle coi raggi
di lunghezze di onda invisibili 
passati soltanto otto minuti.

La nuova scoperta

Tu che riscrivi la Storia del Mondo
ammantato di Scienza di scuola
e le notizie del telegiornale
perché sei un italiano di ora
quanto giudizio hai da etichettare
la sofferenza che non ha motivo 
di chi è costretto a non essere sé?
di chi è un incendio spento dall'acqua?
l'odio per ciò che chi segue il costume
dice inidoneo a gente normale?
le foliazioni che sbordano ai margini?
i pazzi che cercano strade ignote?
per mete che sono soltanto teoriche 
a volte segrete, potenzialmente
la nuova scoperta che aspettavamo
Mentre disprezzo gli errori pensando,
l'ambiente vive ma senza cervello 
le cose accadono senza ragione
quindi il pensiero a noi serve per altro.

Vive e capisce ma è come un bambino
e non gli serve un sistema nervoso
non è altro dal suo stesso pensiero.
Dovrebbe: non è per niente normale.

Perciò il pensiero deve umiliarsi
e dichiarare che si è sbagliato,
l'esperienza è dei primi animali
chi si è evoluto ne ha perso i ricordi.

Due meteoriti vicini quest'oggi,
i corni di luna, i grilli nei campi.
Sei così bella tra i mille difetti
con te nessuno è inadeguato
o deve spiegare con mille bugie
quanto ammaliante sia il suo passato.
Viene istintivo baciarti le guance
sporche di nero e un poco sudate 
se il tuo trucco è fatto di terra
e niente altro che possa negarlo.

Bella tra i brutti palazzi eleganti
sbagliati dai migliori architetti 
bella tra un falso ideale di lusso
in nostro possesso, a nostro vanto,
ti voglio baciare perché rimpiango
e immagino un mondo davvero onesto
dove non c'è da nascondere nulla
solo tacere all'eccezionale.

Sirene

Non sai che t'indigna figlia del vento
cara sorella di argento e vaniglia 
quando vermiglia fai nel momento
che il campanello dal sonno ti piglia.
Così irritata fai molto spavento
per una sciocca banale quisquilia
che non di certo ti renderà vanto
come se fossi un guerriero santo.

Sonvi nel mondo infinite sirene
dove al naufragio si schiantano navi
che i ponti fanno ammollate carene
a dirottare le stive di ignavi.
Presi dai polsi in vecchie catene
marinai e profeti che odiavi
che fanno per sé, non il nostro bene
sporcano il mare con le loro pene.

Carnevale all'anagrafe

Nato a Bari prima del '90
vive a Massafra, uno e settanta
cinque di altezza...
Quante stronzate, davvero pensate
che sia quel tale che tutti vedete?
Non sono mai nato, ho zero anni
tredici, no, quattordici miliardi
e sono piccolo, piccolo, piccolo
anche titanico, erculeo, ciclopico
abito un abito fatto di carne
così mi travesto. È carnevale.

Rincarnazione

E se poi un giorno ci rincarnassimo
ma quanto tempo poi ci vorrebbe?
anche se tra due miliardi di anni,
perfino un secondo ci avvicinerebbe.

Tutto il passato diventa un futuro
e la clessidra la guardi al contrario
questo presente di niente diventa
fare un sentiero diretto a una meta.

Non sembrerebbe più tanto impossibile
ma quanto ci vuole esattamente?
Dovrei iniziare a fare attenzione
per riconoscerti in altre fattezze.

L'indicativo è un condizionale
su cui neanche un parlante credeva
in periodi ipotetici ridicoli
oggi invece materia di scuola.

Oggi sappiamo che chiunque viva
sia un estraneo perfino a se stesso
e che il suo corpo non sia necessario
perché è libera e pura la vita.

I sostantivi sono le menzogne
in cui fingiamo cose e persone
il verbo essere ha pure un segreto
con le parentesi e i punti a capo. 

Gli anelli del tronco

Mille fiammelle sul mare di Bari
corpi e sederi dei passeggiatori

come importasse più che è domenica
e non che le foglie tornino a nascere

ignare di tutte le gialle cadute
come cartacce buttate sul viale

quest'anno ancora perché si squaderna
non puoi vedere gli anelli del tronco

Tramontana

Nulla che pesto sotto ai calcagni
profanata terra di un cimitero
il mio pensiero gli si assomiglia 
e tutto lo sfondo gli tinge di nero

palpiti come il mio cuore nel petto
già che soggiorna nell'ima trasferta
lì che si prenda il mio rapimento
d'essere rondine in piena tempesta

e tinto d'un tratto un palco di opale
s'apre come da dietro un sipario
l'aria che preme agli omeri è d'oro
pure le piante, i loro colori 

si è rovesciato nel cielo l'aprico
non-riso antico d'inverno nemico
quanto limpida la tramontana 
sorta nel centro di un solo respiro 



La direzione del Tempo

Se quando mi sveglio io non ti trovo
hai troppi impegni e faresti tardi
sei già da tanto via da me, sento
il peso del perso tempo per stare
nell'intimità in cui ti contemplo
e credo di conoscerti un po'.

Perché leggo i nei della tua pelle
costellazioni del tuo firmamento
che seguo nel mare delle occasioni,
e più galleggio più presto affondo
più ti accarezzo cercando un approdo
ai tuoi lidi miti di palme da cocco.

Persisto a cercarti questa mattina
sembra spontaneo viaggiare nel letto
del porto affondato la notte prima
dove anche tu evacuasti la nave
naufraga del mio stesso male
quando mi hai visto ancora dormire.

Grammatica naturale

A letto di notte se chiudo gli occhi
e ascolto l'ambiente io mi trasformo
esco dal corpo e mi trasferisco
nelle pazienti pareti che appena
fremono al transito dei veicoli
sono un mattone tra gli altri mattoni
un chicco di sabbia dentro al cemento.

Natura - credo - ha questa pazienza
di subire passiva il fastidio 
del gravitare dei corpi che premono
l'uno sull'altro fino a schiacciarsi
così ingombranti che si fanno lava
se il peso è la nostra coscienza
ora peso o una casa o la Terra.

Ma lo sopporto come da sempre
fa ogni essente dotato di corpo
e la pazienza è un tronco d'ulivo
che si tormenta senza un lamento,
le nuvole che sono state strappate,
l'inarrestabile ciclo dell'acqua,
il moto delle onde e delle maree.

Lo spazio tra due fotogrammi

Tra due fotogrammi di un film c'è uno spazio vuoto, sulla pellicola è una barra sottile nera verticale tra le due immagini. Sta sotto a qualunque film, è lui che vediamo sempre comparire senza accorgercene. È vuoto, non è famoso, non riceve premi mai da nessuno, è delicato e va a fuoco con facilità. È spazio vergine non segnato, necessario per far fluire le immagini in sequenza. È ciò che si vedrebbe prima dell'inizio e dopo la fine di ogni pellicola. Nulla, banale, che soggiace ad ogni film, come il nulla che sta sotto ad ogni cosa nel mondo reale. Si può vedere lo spazio vuoto invece del film, e il nulla dentro le cose, o sentire il silenzio dentro la confusione, avvertire la potenza creatrice di qualcosa fatto di Nulla, scoprire di essere più e meno rispetto a quanto si pensava.

Lo spazio nero tra due fotogrammi
dove si blocca il fluire del tempo
e l'essere intero creduto morto
(colpo di scena:) è tornato tra i vivi.

Dio buono

Dio creduto dalle nostre parti
amico di tutti misericordioso
accetti gli insulti con il tuo perdono
sei buono creduto giustificatore

Ogni memoria delle mie ingiurie
nella bontà tua si è già persa
non farci adempiere all'obbligo
dei debitori ad un creditore 

Ti parlo, mi ascolti, se sono triste
devi fornirmi pane e benessere:
spensieratezza per non preoccuparmi 
e la baldanza per sopravvivenza

Siamo in contatto privilegiato
condividiamo la stessa giustizia
mi perdoni ma io non ti perdono,
caro, mi sei sempre fedele

Lascia, amico, a me il comando,
tavole nuove per comandamenti,
senza motivo ti canterò gli inni,
senza motivo ti invocherò invano

Mostroblog


Mostro poesia

Mostro studia legge libro poesia

Mal bianco

Anni rubati ad un'eternità
per le bocche affamate dei figli
siamo cresciuti alle spalle di un'ombra
funghi in colonia di un vecchio giardino
come un mattino di nuvole grigie
sogna gli azzurri tersi di giugno
o l'ombra che scappa a non farsi vedere
quando il sole è a mezzogiorno
siamo al coperto a una parte del tutto
per non bruciarci vicino ad un fuoco 

Zaffiro

Mi avevi chiamato mare di amore 
nella città ricoperta di stelle
avevi un vestito color zaffiro
le dita nell'ombra dei primi capelli



Cielo che parla

Cielo che parla e un altro che scrive.
Sono venuto a chiarire due cose.
Una che parla non quello che scrive.
E quello che scrive non sa chi è che parla.

Come farebbe a parlare di me
un uomo comune come chiunque 
che non riesce a sentire chi parla
né di che cosa né mai se lo chiede?

Sporca d'inchiostro la voce degli altri
l'altro che dorme e sogna i miei versi
di giorno si sveglia, ride dei sogni
e scorda che parla con l'universo 
 
cingo il recinto del suo pensiero
fatto di giorni lontani e finiti
i loro azzurri turbati nel vento
dal bianco vapore di nuvole in volo.

Non conclude

non ha poi voglia di finire quello
che ma ha le carte della vittoria
i requisiti eccellenti è vero
tutto può ma non ci si impegna no
e poi c'è perché non c'è nessun altro
chi cerchi? perché chiedi a noi? ah
acqua passata, ho smesso di 

Alle vecchie caserme

Nonno veniva per l'alta salita
fra le pinete sui fianchi dei colli
quando il sudore bagnava i suoi occhi
voltandoli entrava il golfo di Taranto.

fermo la bici alle vecchie caserme
fra le campagne ed i miei boschi
da quando non c'è più un solo soldato
le pecore masticano il prato

e poco più avanti sai che i romani
pestavano i loro sporchi calcagni
su questo tratturo lungo e sicuro
dove non c'era che odore di salvia 

chiudo gli occhi, non penso, c'è il vento,
il caldo sul volto, il peso alle gambe 
sono il rumore di ali delle api
sono una pietra tra tutte le pietre

Le traiettorie della guida turistica

La strada non è scritta
come da esperti ingegneri
almeno quella pubblica

e se pure sarà dritta
non lo sono le traiettorie
della guida turistica

mi dicevo di affidarmi 
poi mi persi o attardai
qui non è come descritto 

sono dove non dovrei
in un luogo non segnato
fra le rotte delle carte?

o mi inganna questa guida
la mia meta è inesistente:
qui adesso per me è lo stesso

e vago a fortuna cercando
il portento a colori
dei volantini dei sogni



Mi siedo alla panchina sotto il pesco

Mi siedo alla panchina sotto il pesco
distante dalla lunga superstrada
accanto a me è seduto un gatto
gli gratto le orecchie e strizza i suoi occhi 
guardiamo campi e macchine al tramonto
al vento, sorpresi da un fresco ignoto 
che ci sembra proprio strano.

Scompenso, equilibrio

Nel tiepido talamico ricusa al diaccio di là dalla coltre
polemarco l'arconte e tesmoteta
a dettame stentoreo a nuovo profeta
cui si riduce. Furto di ignava attesa
tal'è il giorno la vampa di lampa di incisi su pietra a cammeo
e tale la breve lunghezza di onda sicura.
La cornea rigetta gocce di lacrime
a solcare il suo bel viso come terra le lame
di protervo spartano - che ellenico? - arcontato.
Non trascina l'origliare i talloni sopra il mare
ammanta di velluto dorsi scarni di inconscio
respinti al frangente a medesimo lido.
La lampadina guasta è più ardua da scovare.

Mi chiedo: quando io ti rivedrò

Mi chiedo: quando io ti rivedrò
in un tempo lontanissimo 
a miliardi di anni luce, non importa
che tu sarai cambiata ed io sarò diverso, come pure non importa 
se dei corpi avremo accenni
sufficienti a star vicini,
vorremo baciarci in fronte ancora 
come quando si era in vita
stretti attorno ad un pianeta?
Se sapremo ancora farlo
riusciremo a salutarci
a distinguerci a parlarci
come i migliori pomeriggi
delle nostre corte estati?
Io non credo onestamente
perché sarebbe un po' come parlarsi
al riflesso di uno specchio.
Che oltre fosse lo stesso di dentro
le mura ciclopiche ci disperiamo
piccoli insetti coi cannocchiali
talmente potenti da guardare attraverso:
c'è un filo d'aria e un poco di polvere
ma messi al riparo nel caldo rifugio
rinasce negli occhi la primavera.

Affumicatoi

Informi parole deformi per sé
perché non mi informi un poco di te
secondo la scienza la fonazione
permette lo scambio di informazione
esprime alla luce ciò che non brilla
ma stilla la vita che non sa parlare
vilipesa e indifesa dall'artificiale
raspo d'artigli di scaltro rapace
capace di attingere a selvaggina
dentro le porte di foglie e corteccia
dei nostri migliori affumicatoi.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.