Quale Letteratura è possibile dalle Neuroscienze

Una letteratura del XXI secolo, come anche il nuovo insegnamento scolastico della letteratura non potrà prescindere dalle modalità di interpretazione: a) del testo, b) dell'atto della scrittura e c) della comunicazione verbale non verbale ecc... offerte dalle neuroscienze e dai meccanismi fisiologici alla base della lingua e del pensiero, due funzioni cerebrali superiori o attività cognitive tipiche dell'uomo (sia dell'individuo che non presenta malformazioni o malfunzionamenti, sia dell'uomo che invece presenta questi due aspetti) secondo diversi livelli di avanzamento e competenza, insieme a memoria, capacità di ragionamento, di pianificazione, di risolvere un problema, percezione, sensazione e l'azione.
Il pensiero nasce dall'attività neuronale del sistema nervoso centrale (attività neurale). La lingua è l'interfaccia (o veicolo) di tale attività, attraverso cui un utente (parlante, emittente) può allo stesso tempo: a) interagire con i propri pensieri, dirigere in parte e con esiti in gran parte imprevedibili i percorsi neurali, indagare all'interno della mente (risultato dell'attività neuronale globale di cui siamo più o meno coscienti); b) comunicare cioè trasmettere l'attività neuronale dall'interno della propria mente verso l'interno della mente di un altro utente ascoltatorelettore, destinatario.
I percorsi neurali sono dunque trasmissibili tramite lingua e comunicazione; componenti senza le quali un'esperienza (attività) vissuta all'interno della propria mente a) come scritto prima, non avrebbe avuto la possibilità di realizzarsi ed essere indagata o esplorata; b) appunto, non si potrebbe trasmettere (far vivere anche) ad altri.

COSA DIRSI
Il cosa dire nasce quindi da basi concrete e naturali, come la cultura in ogni suo livello e manifestazione, compresa la scienza, la storia, la fisiologia e la psicologia dell'uomo contemporaneo.
Il cosa dire coincide con l'intenzione di un parlante (un preciso itinerario del percorso neurale da voler far percorrere anche ad un ricevente-lettore). L'intenzione dunque nasce da esigenze di sincerità e chiarezza: esigenze di verità: il destinatario è il cliente che acquista il pacchetto dell'agenzia turistica e accetta dunque modalità, itinerario e quant'altro si possa prevedere. L'intenzione, il cosa dire, coincide con la parte più vera e sincera di un individuo ed ha basi tanto più vere quanto realmente legate ai bisogni fisiologici e psicologici di un preciso individuo parlante. Ognuno ha la sua cosa da dire... idealmente almeno, cioè in realtà pochissimi individui parlanti hanno sempre e in ogni occasione almeno e come minimo una cosa da dire. In questo momento in cui voi leggete, su circa 60 milioni di italiani che idealmente stanno parlando contemporaneamente, all'unisono in questo istante, sicuramente, e anzi arrotondando per eccesso, non più di cento-duecento parlanti hanno in realtà qualcosa da dire. Gli altri parlano ma senza avere realmente l'argomento.
Perché divagano tutti allora?
Per mentire? I meccanismi psicologici alla base di qualsiasi identità personale tendono all'equilibrio psichico: perfino una coscienza può mentire a se stessa. È possibile, e non solo: accade ed accade continuamente sempre a chiunque; la verità la si ritrova mediante esercizio costante e di intensità progressivamente crescente. Un metodo per non sbagliare quasi mai è affidarsi alla grammatica, che norma la correttezza, a sua volta improntata su criteri di verità cioè sincerità e precisione: due criteri volutamente sintetizzati in termini vaghi e non specifici al dettaglio, termini riferiti a stati mentali e insieme linguistici.
La sincerità è l'interfaccia più aderente possibile all'originale, della verità di un individuo, della cosa da dire.
La menzogna del pensiero non è intenzionale: è solo esercitandosi che ci si avvicina a soluzioni sempre più vere. 

PERCHÉ
La mente mente a se stessa perché il pensiero, solo con complicati e costanti esercizi appositamente mirati può giungere a indagare verità sempre più aderenti al vero... ma, scusate l'ovvietà, il pensiero non è il vero, una parola non è il suo referente, non si tratta di materiale stabile, non soddisfa i parametri dell'assoluto, perché è soltanto un'attività del sistema nervoso centrale che, più che riflettere nitidamente come fa una superficie piatta e liscia di uno specchio, distorce e sporca come gli specchi curvi e pieni di protuberanze e rientranze concave e convesse: dà una rappresentazione verosimile della realtà, più accurata quanto maggiore è lo sforzo richiesto da parte del sistema nervoso. Più lavora il sistema nervoso (la nostra interfaccia fisiologica con la realtà) più c'è verità e più c'è la cosa da dire. Fare esperienza per avere ispirazione è l'unico modo. L'esperienza, si badi, seguendo questo ragionamento, può essere effettuata vissuta tanto sottoforma di azione esperienziale con la vera realtà quanto indirettamente tramite il veicolo della lingua. Basta che il percorso neurale innescato dalla comunicazione coincida con quello previsto: appunto, coincida con l'intenzione per la quale la comunicazione è stata pianificata più o meno consciamente e poi messa in atto.
L'esperienza è il lavoro dell'attività neurale e neuronale in un dato momento. Tramite il mezzo della lingua, ciò che un parlante effettua (vive) nella sua mente, può essere effettuato e vissuto anche nella mente di un ascoltatore ricevente o lettore.

LE PAROLE NON HANNO SIGNIFICATI
L'uomo, limitato per Natura nelle modalità di esperienza individuo-realtà dal lavoro deformante del suo cervello e del suo corpo, ha scoperto solo nel Novecento (escludendo eccezionali intuizioni e previsioni, come il pensiero di Leopardi) che l'esperienza dell'assoluto gli è preclusa. Ogni esperienza della realtà e con la realtà è relativamente vera, in quanto vera solo limitatamente al punto di vista di ciascun soggetto. Ogni esperienza non è immediata, anzi al contrario mediata dal tramite (limitante, sintetico, indefinito, vago) a cui siamo legati per natura della lingua, del pensiero, della mente, del sistema nervoso.
Per un po' si è temuto che fosse vera l'ipotesi che non esistesse nessuna realtà assoluta ma che ogni individuo ne creasse una per conto suo, il suo universo da cui sarebbero stati esclusi tutti gli altri. Ma filosofi e scienziati si mantengono, e noi con loro, cauti nel dire che: una realtà unica assoluta uguale per tutti in cui viviamo esiste, ma ognuno limitato dal suo sistema nervoso non può che farne esperienza che per sua natura stessa è personale, cioè relativa: l'esatto contrario di assoluto.
I significati sono azionati nella mente di un utente della lingua, poniamo un ascoltatore, in maniera vaga e confusa: ascoltare una parola genera l'attivazione del percorso neurale connesso a quella parola, cioè il percorso che il cervello è abituato a fare ed effettivamente compie abitualmente quando ascolta o usa o scrive o legge o pensa quella parola. Ecco il significato di qualsiasi parola: non è trattato né trattabile da nessun dizionario. È la verità imprevedibile del percorso neurale avvenuto in un momento determinato all'interno dell'encefalo di un determinato individuo, immerso in una particolare situazione (combinazione spazio-tempo), che è il contesto dove è stato fatto un pensiero o si è svolta una conversazione.
Questo paragrafo non avrebbe dovuto intitolarsi così, ma: "I significati delle parole non sono decisi", perché i significati esistono e sono anche tanti per ogni termine, potenzialmente infiniti addirittura, perfino imprevedibili perché imprevedibile è il percorso neurale, che offrirebbe definizioni di significato pressoché infinite. 
I significati delle parole non li ha decisi un autore di vocabolario di un certo anno una volta per tutte. Essi sono cangianti e perciò precisi ma solo per un periodo di tempo, in realtà molto breve, dopodiché sfumano in altro ed assumono un altro significato preciso. La precisione è relativa rispetto al parametro del tempo: i significati cambiano nel tempo perché derivano dall'esperienza della realtà che si conferma anche logicamente divisa in due fattori imprescindibili: lo spazio e il tempo ed il loro mutamento in entrambe le direzioni, voglio dire il mutamento dello spazio nel tempo ed il mutamento del tempo nello spazio (più difficile da pensare o intuire, come diceva anche Gadda ne I viaggi la morte) forse pensabile più agilmente nella distorsione che il tempo subisce all'interno (complemento di stato in luogo) di un buco nero (il dove, lo spazio, che in un buco nero è a sua volta diversissimo dallo spazio di fuori, ma che dall'esterno è più o meno localizzabile in base all'osservazione dei dischi di accrescimento e degli orizzonti degli eventi).
Come altro dire che le parole, e i loro significati cioè i pensieri (cioè le attività neurali), provengono dal passato reale che ancora sopravvive misteriosamente nel presente? Tutto viene dal passato, cioè dalla Storia, cioè dalle miriadi di percorsi neurali, di combinazioni possibili di lingua e pensiero veramente esistite in un tempo ormai finito, che può essere vicino come lontano, proveniente da luoghi a loro volta vicini e lontani, da tutto il mondo da tutti i tempi, da tutta la Storia.
Questa è la più grande verità che mi sento di dire, è la mia cosa da dire che ho trovato e in cui credo; sicuramente non sarò il primo e non sono originale perché ogni mio pensiero si basa perfino inconsciamente su qualcosa già pensato e detto da altri, non molte persone in realtà, ma che la mia esperienza ritiene biologicamente vera.

LA LETTERATURA
Non viene quindi né segue il principio di autorità di presupposti grandi modelli linguistici letterari assunti in maniera arbitraria da un gruppo ristretto di avidi decisori linguistici crudeli e benpensanti. Non può seguire più gli stereotipi letterari, della moda contemporanea e della sua censura (odiernamente il politically correct è la più terribile inquisizione e censura), la paura di apparire corretti e di essere inattaccabili sempre per tutti. Rischiamo rimanendo umili, ognuno è esperto del suo solo a patto che sia sincero esercitandosi molto. La letteratura non è a casaccio ma deriva dall'intenzione di agire sulla realtà (quasi in modo magico, è vero) per intenzioni provenienti da bisogni psicologici (fisiologici, di protezione e sicurezza...). Nasce dal vero. Dai modelli può imparare i modi corretti di esprimere le attività neurali. Adeguarsi alla grammatica e studiare, studiare, studiare e poi ripetere ripetere ripetere e poi esercitarsi esercitarsi ecc... i grandi autori della letteratura. 

Una nuova avanguardia vera e seria non può che nascere da qui. Un po' è già nata, stava nascendo ma poi non è nata, pochissimi però fanno finta che sia nata anche se sanno che non è così, mi vengono in mente i neoavanguardisti più tradizionalisti (quindi più contro l'avanguardia stessa) Luigi Malerba e Giorgio Manganelli. Ce ne saranno sicuramente (pochissimi) altri ma loro li prendo già come esempio di una lingua vera e in grado di dire qualsiasi cosa sia vera e sincera, ad esempio i poeti liguri come Sbarbaro, Montale, Giudici, e poi altri poeti non liguri come Raboni, Claudio Damiani. Cavazzoni è uno scrittore che sicuramente non sottovaluta queste basi reali del pensiero, e come lui Fellini, Benati, scrittori che nelle loro opere si interrogano proprio sulla realtà o falsità dell'esperienza, per esigenze di sincerità; e (almeno parte di loro) conoscitori della Storia intesa come serbatoio di attività neurali create nel tempo e nei diversi spazi.
La lingua si adegua e con l'esercizio si perfeziona, sempre più precisa e sincera, aderente all'intenzione, al contesto comunicativo, alla cosa da dire, all'attività neurale.



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