Vacanze italiane

Brillando sotto il sole ad apparire
intercede il maschio inciabattato
tra innocenti telline e paguri.

La sabbia sommerge il mare e altri
residui sbriciolati di organismi
che l'osserverebbero ammirati.

Oh! la vacanza è un carnevale
che rovescia la vita quotidiana
sembra il tempo di dimenticarla.

Ha qualche occasione di mostrarsi
diverso infatti non si direbbe
esser quello che disturba la gente.

Adesso cerca il rilassamento
sì, ma poi quasi t'investe per strada
per non stancare la gamba sul freno.

La scossa

Vieni qui materia che ti controllo
mettendo un jack dentro alla porta
erogando l'energia richiesta
elettrica, ma non metterne troppa
perché non mi si intoppi il computer
alterna dentro fuori sopra e sotto
a duecentotrenta watt che è poco
sì, ma se me li scarichi addosso
lo so che stupida e grossa che pari.

De pigrizia IX: La Repubblica è fondata sull'ozio

Una repubblica seria si deve fondare sull ozio, e non sul lavoro. Proprio quello che ci è negato per guadagnare di più, ancora di più, e così non darci il tempo per riflettere su cosa stiamo facendo e cosa è meglio fare, continuiamo a essere inutilmente impegnati in un circolo senza fine che chiamate vita.

Così molti sono, non ozianti, ma pigri egoisti pronti a tradire o uccidere o a far ricorso ai birri per difendere il proprio riposo e i diritti negoziati e ottenuti a fatica (da altri che si sono impegnati).
Non abbiamo tempo per noi stessi, dobbiamo regalarlo ad altri che non conosciamo e che non se lo meritano. Proprio quello che ci fa vivere male è consueto; proprio quello che ci rende migliori e autonomi, che spinge a riflettere e ad agire, non è previsto neanche dalla costituzione.

Veniamo ammessi a lavorare per ripetere tali e quali le nostre capacità, non certo per migliorarci e innovare. Per innovazione adesso si intende un cieco avanzamento tecnologico che non cambia nulla ma moltiplica i problemi umani, allontanando sempre più l'uomo dal suo stato naturale ed ideale dove sarebbe a suo agio e svolgerebbe le attività connesse ad una vita sana e produttiva.

Un pigro che non sa cos'è la nullafacenza non sa di essere pigro, che gli manca la volontà, e non capisce cosa vogliano le persone con volontà e spirito di iniziativa.

La Scuola, sempre peggiore di anno in anno, ha significativamente sostituito la competenza della creatività con quella imprenditoriale, probabilmente condannando la creatività artistica senza scopo pratico immediato che è espressione del mondo umano, promuovendo la capacità minima di saper vendere cose. Cose tutto sommato inutili perché le persone non sapranno che farne, avendo perduto la capacità di capire le cose, di farne esperienza e metterle alla prova. Ignoranza ulteriormente sfruttata dai produttori, che fingono di aver concepito il prodotto finale (basta dirlo in pubblicità) e definitivo, immettendo l'ennesimo aggeggio o sostanza già in possesso di tutti.

L'imprenditore non sa o ignora volutamente la fenomenologia del desiderio umano: costante e non soddisfacibile, perenne, incerto, vago... per poter immettere nel mercato un generico prodotto. Si immerge in una nuvola di credulità infantile che è la stessa atmosfera psicologica che avvertiamo quando ci illudiamo di aver trovato finalmente l'oggetto dei desideri. Inoltre, pensa che tutti abbiano gli stessi bisogni (è la banalizzazione del target), e non sa cos'è un bisogno e un desiderio, perché ha avuto un'educazione deviante e sprezzante nei confronti dell'umanità: un'educazione capitalista che insegna a ingannare bene e meglio in vista di guadagni, a fare in fretta e non soffermarsi su niente, a ignorare la singolarità degli esseri e delle cose. Perché è sostanzialmente falsa, virtuale, inesistente. È una cultura non umana che svuota e svilisce l'uomo e i suoi desideri e che non si cura affatto delle persone, ma della distribuzione delle cose. Intende che la Vita sia gratis, e, ignorando intimità coscienza filosofia e religione, ignora anche il valore della Vita, o lo tace perché le sarebbe controproducente.

Gli scrittori muoiono

La morte di Marat di Jacques-Luis David: analisi 
Dante, Foscolo, Manzoni, Salvia, Sciascia... Fra le attività principali del mestiere dello Scrittore indubbiamente quella a cui è data maggior peso per valutarne l'opera è la sua Morte: un bravo Scrittore deve soprattutto essere morto, e, se è morto, tutti automaticamente mossi da pietà e dispiacere ne coglieranno, apprezzeranno e loderanno le doti artistiche e letterarie. In attesa dell'apice della loro carriera, molti scrittori passano il tempo provando la propria penna su fogli di carta, a volte per la gran noia si lasciano andare in visioni fantastiche che la loro penna segue e descrive, ma sicuramente non è questo un aspetto fondamentale dell'essere Scrittori, che abbiamo detto devono prima e soprattutto essere morti.

 Si noti il motivo centrale della Morte in tantissime opere letterarie, nelle migliori anzi: la si ritrova già in Dante e Petrarca, nei quali, se un attento lettore analizzerà la loro opera, si troverà faccia a faccia con questo antico topos letterario dell'autore che in quanto autore deve morire, e che prima di morire vuole cercare di portare a termine degli obiettivi, come, ad esempio, raggiungere la fama tra gli uomini, lasciare un vestigio di sé; tutto, appunto, in vista della sua Morte.
Un autore di letteratura sa più degli altri che egli morirà. Non solo più degli autori di libri non letterari, ma più di tutti gli altri uomini. E la sua morte non sarebbe un incidente, perché la Morte di un autore è una parte del lavoro dello Scrittore. Non per questo però sarebbe necessario morire in maniera più eclatante degli altri: cioè non esiste uno scrittore "più" morto o morto "meglio" di altri: lo Scrittore deve, anche in punto di morte, fingersi un uomo qualunque e un'anima qualsiasi, deve inscenare la morte di qualcun altro, far finta che a morire sia una persona a caso e non uno Scrittore in pelle e ossa. Non servono morti eclatanti.

 E non si sa perché deve far finta di morire come tutti gli altri e poi invece lo deve fare per lavoro, forse solo per dare l'impressione che lo Scrittore recentemente estintosi fosse un uomo comune, perché alla gente in genere piace pensare che qualcuno che abbia fatto cose belle e importanti fosse una persona apparentemente qualsiasi, e con le stesse capacità che hanno sempre avuto tutti gli umani.
Molti scrittori però si sono rovinati la Morte, nella sua attesa, scrivendo cose ridicole cioè molto molto seriose: una delle cose più divertenti è vedere una persona che si crede esperta in qualcosa. Quindi si sono buttati su argomenti tradizionalmente seri o a trattare stupidaggini con metodo letterario, in entrambi i casi rovinandosi la reputazione. Hanno sprecato la loro occasione (Vita) perché facendo gli esperti seri, questi scrittori saranno odiati dal pubblico, che desidererà anzitempo la loro dipartita, e li eviterà durante e dopo la Vita.

 Invece non si fa così: uno Scrittore "vince" cioè fa il colpo grosso in letteratura, se mentre vive nessuno si accorge di lui. Deve rimanere sconosciuto fino alla morte perché altrimenti non è esattamente uno scrittore. Giuseppe Tomasi di Lampedusa oppure Italo Svevo sono stati lavoratori esemplari sotto questo punto di vista. Oppure uno Scrittore serio lavora ogni giorno anche se in realtà non ha mai scritto niente in vita sua.

 È un lavoro olistico, nel senso che coinvolge tutta l'esistenza di una persona, che se è scrittore fa lo scrittore durante tutta la sua vita anche quando non lavora e anche quando non vive, è un progetto a lungo termine.

 Ora, ci si può confondere e, poiché tutte le persone muoiono, è difficile dire quale defunto recente fosse stato Scrittore e quale non lo era. Molti furbetti, per fingersi Scrittori, ricorrono alla scelta professionale del suicidio, ma se si viene a scoprire che la loro morte è stata programmata e non avvenuta per incidente, allora si comincerà a dubitare delle loro capacità letterarie; ma, d'altra parte va ricordato che non bisogna subito buttare tutto perché anche molti bravissimi scrittori e poeti, accorgendosi della futilità della loro vita e di quanto fosse necessario morire, scelsero di suicidarsi non per scelta professionale autoriale, ma perché non sopportavano questa prospettiva così lontana.

Giugno e piove fuori ma steso

Giugno e piove fuori ma steso
sul letto l'aria mi tocca è fresca
e viene dai monti lontani oltre
il mio golfo. Mi ha raggiunto venendo
tra le foglie di declivi boscosi
piovendo sui funghi e sulle fragole
bagnandosi i piedi nei freschi fiumi
piedi leggeri per farci dei salti
pieni di polveri e strane leggende
senza che io me lo aspettassi
è riuscita a venirmi a trovare.
Sembra vuota ma è già piena di cose
ora qui, prima erano altrove.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.