Sintassi

Torno da te, mia sorella carnale
studente di lingua e letteratura
per colorare la lingua di verde
chiaro di ulivo, acceso dei prati,
scuro di salvia e di rosmarino,
e del celeste come stamattina
che io respiro e che mi rinfresca
all'ombra di una chiesa del Seicento
piena d'edera dentro un vigneto.
Una sintassi scolpisce i suoi rami
fa le parole grappoli rossi
dolci quanto più crudi e spontanei
pieni di semi che sputa la bocca
oh, è l'estate che mangio a chicchi
e mi scalda le nuove intenzioni
col succo più dolce per me.

Comunicazione

Tu parli e accendi i bagliori
del mio sistema nervoso, lampioni
della città che ho dentro la pelle
dove guido seguendo il tuo odore.

Come facevi a sapere le strade,
le costellazioni che vedo di notte?
Sembra che tu qui ci abbia vissuto.
Sai che le chiavi le ho sotto al tappeto.

Oppure ho guidato talmente lontano
che la mia città l'ho già alle spalle
eppure qui è così familiare 
mi piace sempre venirti a trovare.

Chi medita vede

Chi medita vede il paradiso
dall'orizzonte che sembrava nero
che inconsistente traspare
al silenzio in cui vibra il Nulla

non vede nulla al di là del cancello
oltre una strada che forse è un disegno
lì dove brilla una luce che ride.
Si sveglia. Buio. Sorride d'orrore.

Frase nucleare

Sarò la morbida riga del foglio
dove ti sdrai esausta a dormire
sarò un supporto del tuo contenuto
come un fonema veicola idee.

Io sarò forma e tu il mio pensiero,
io predicato, tu il sostantivo
argomentale che satura il verbo:
la nostra frase è di senso compiuto.

Tutto il resto è circostanziale:
di complementi si abbonda anche troppo
pur che non manchi tra noi la coesione
per non smarrirci la pagina accanto.

Ci lega il terrore di voltare il foglio
e di smarrirci in periodi distanti
potremmo scoprire sciolto il sintagma
finita la frase e il suo capoverso.

Ma non temere amore ogni a capo
è disseminato di connettivi
i dolci richiami che ci lanciamo
anafore del nostro primo bacio.

Domani

raccolgo i tuoi baci con le dita
ci carico il mitra delle parole
e con le mani emano discorsi
gonfio di vento che ha visto i celesti 
Roma nubetta infeconda di piogge
infila i suoi guanti di biondo pallido
ed esce lì dove dubbio non corre
si piazza in un cielo sgombro - diluvia
giorno di farsa giornata del cuore
non voglio un nome ma nuda esistenza
ecco due soldi compra un giornale
leggi che c'è chi combatte violenza
tra l'interlinea e le righe in grassetto
si scolorisce in un ligio candeggio
che ancor di più gli varrà poemi
finché una penna ancora avrà inchiostro
già i miei colli mormora l'alba
dove la notte nega se stessa
domani lo chiamarono gli antenati
domani i figli e i loro figli
anche se niente cambiava - domani
lo diremo sempre ma chi più ci crede

ecco domani ci siamo già stati
ridi soltanto perché non lo guardi
dove l'incendio sembrava domato
lì che torniamo a salvare la brace

Premio Europa in Versi 2023 - premiazione 20 maggio 2023 Como

 Sabato scorso, 20 maggio 2023, ero a Como per ricevere il premio *Europa in Versi 2023* sezione poesia inedita in dialetto con la seguente motivazione: 

sono immagini forti, quelle di M., incise in una lingua poetica vitale ed energica, persino con una certa vena espressionistica: «Casa mia è tagliata in terra / con un coltello in mezzo a un sasso / e tra tutte le altre che hanno tagliato / si fa largo la via tutta storta / urtando contro le pareti». Attraverso un dialetto sempre mosso e guizzante, M. riesce a comunicarci l'amore che lo lega alla sua terra, collocandosi giusto a metà tra idillio e invettiva.

La giuria era così composta:

- Presidente di Giuria per la poesia: *Milo De Angelis*, poeta;

- Presidente di Giuria per la Narrativa: Prof. *Gianmarco Gaspari*, Docente di Letteratura Italiana, Università dell’Insubria DiSUIT – Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio – Direttore dell’International Research Center for Local Histories and Cultural Diversities Università degli Studi dell’Insubria;

- *Elisabetta Broli*, giornalista e scrittrice;

- *Chiara Evangelista*, giornalista e scrittrice;

- *Bruno Galluccio*, poeta;

- *Roberto Galaverni*, critico letterario e giornalista culturale del Corriere della Sera;

- *Laura Garavaglia*, poeta e giornalista, direttore del Festival Internazionale di Poesia Europa in versi;

- *Andrea Tavernati* poeta, scrittore, vice presidente de La Casa della Poesia di Como;

- *Martina Toppi*, giornalista e collaboratrice di blog e riviste letterarie.


Vi consiglio di leggere i poeti inseriti nell'antologia del premio già in vendita online; teneteli d'occhio, sono tutte letture bellissime da fare. Eccoli tutti:

Sezione poesia edita: *VALERIA ROSSELLA, ROBERTA CASTOLDI, QUITO CHIANTIA*. Sezione poesia inedita: *ELISABETTA SANTINI, MARCO CARRETTA, DANILA DI CROCE*. Sezione poesia giovane: *CARLOTTA ALESSANDRA CATTANEO, DAVIDE COLLETTA, KAMIL SANDERS*. Sezione poesia inedita in dialetto: *ALFREDO PANETTA, NICO BERTONCELLO, MARIO MOTTOLESE*


Durante la premiazione una ristrettissima selezione di poeti provenienti da tutto il mondo ha letto le sue poesie. 

Ho assistito a reading grandiosi!

C'erano i bravissimi italiani: *Laura Capra, Deborah Zingarello, Giuseppe Bova, Emilio Coco*; e i poeti esteri, *Kieu Bich Hau*, poetessa, narratrice e giornalista del Vietnam, vincitrice di numerosi premi di letteratura a livello nazionale e internazionale; dalla Corea del Sud *Kooseul Kim*, Professoressa Emerita di Letteratura inglese all’Università di Hyupsung, *Dongho Choi*, anche critico letterario, studioso di letterature orientale e occidentale, *Ko Doohyun*, giornalista della principale testata nazionale di Seoul; dalla Russia, *Julia Pikalova*, laureata in Lettere all’Università di San Pietroburgo e in Amministrazione del Business presso l’Università Statale della California, si dedica ormai totalmente alla poesia; dagli Stati Uniti, il poeta beat *William Wolak*, fotografo, artista del collage, nelle sue poesie, apparse in oltre cento riviste, esplora l’eros; dalla Colombia, *Carlos Velasquez Torres*, traduttore, musicista, accademico e co-direttore dell’Americas Poetry Festival; dall’Ungheria, *Attila Balazs*, le cui opere sono state tradotte in 20 lingue ed è stato invitato a diversi festival letterari in tutto il mondo; dal Kosovo, *Jeton Kelmendi*, professore presso l’AAB University College e membro attivo dell’Accademia europea delle scienze e delle arti di Salisburgo, in Austria.


Per concludere, vorrei anche condividere le poesie che mi sono piaciute di più. (Già pubblicate sul web)


*ME LA RICORDO ANCORA (di Emilio Coco)*

La costruivo mattone su mattone

con la mia fidanzata

lì dove la stradale provinciale

s’incrociava con una carrareccia

che portava al paese.

Ci fermavamo lì seduti su un muretto

forte abbracciati e con gli occhi sognanti

a pensare la nostra bella casa

costruendo rifugi per l’amore

su un’amaca attaccata al tronco del ciliegio

o sul prato odoroso di mentuccia

in un giardino tutto recintato

a ripararci dagli sguardi estranei.

Nessuna casa intorno

la più vicina ad oltre cento metri.

Mi turavo le orecchie

allo strepito della scavatrice

che ammontonava nuvoli di terra

nel cassone di un camion sgangherato

o al frastuono delle autobetoniere

che con i loro tubi riversavano

fiumi di calcestruzzo

nelle casse di legno dei pilastri.

E la nostra villetta prendeva consistenza

con gli allacci delle tubature

la posa del parquet e degli infissi

con il letto a due piazze sistemato

al centro di una stanza tutta in rosso.

Quante volte l’abbiamo immaginata

seduti sul muretto

di quel pezzo di campo invaso da sterpaglie

ma eravamo giovani e le tasche

risuonavano a vuoto

e in quel posto rimase

la cenere di qualche sigaretta

col mozzicone spento sotto il piede.

E lasciammo la casa confinata per sempre

nell’angolo più buio della memoria.

Perché così succede

perché s’invecchia in una casa estranea

senza nessun muretto e brama di volare.


. . . .


*IL BUCATO (di Dongho Choi, Corea del Sud)*

La fragranza della pelle che emana dai seni materni

Un raggio di sole che trabocca, bianco e abbagliante

Come le squame di un branco di sanguinerole

Che risalgono dal fondo di una vasca di nichel argentato

Il respiro bianco

del bucato che si asciuga

Steso in alto

Sventola i raggi del sole con due braccia

La fragranza del respiro di una madre trasportata dal vento.


. . . .


*LA MIA VITA È UNA POESIA (di Kieu Bich Hau, Vietnam)*

Volare alto nel cielo

Raggiungere il mio uomo ideale

Caldi abbracci e mente aperta

Chiudere gli occhi e vivere una splendida vita

Sorridendo sempre

Senza problemi finché siamo accanto

Non un passato doloroso, né un futuro nero

Che possano turbarci ora

Non sapevo

Che l’amore fosse così puro

Che il paradiso fosse in noi

Anche il silenzio può parlare

Una sola volta per tutta la vita.


. . . .


*RITORNO ALLE FONTI (di Jeton Kelmendi, Austria)*

Certi segni sono disseminati dappertutto

Fino alla collina dove sibila il respiro,

Due notti d’autunno e i nostri baci

Bruciavano sopra il nulla.

Da quel giorno fino ad oggi

Tante anime, tante notti

Sono passate,

Ma ritrovo ancora una volta

La nostra vita di un tempo.

Del soffio dell’anima allora

Sopravvive la memoria

Nella coscienza

Di questa sera abbandonata;

Si guardarono

Negli occhi,

Sebbene la collina dietro di loro,

Testimone di quel tempo passato,

Del tempo vissuto,

Custodiva lo spirito splendido, angelico,

Custodiva la natura di un amore

Unico,

E l’effondersi del canto.


. . . .


*William Wolak, U.s.a., SEGNO DI BELLEZZA*

Inafferrabile come una goccia di pioggia

che cade

l'ombra di un colibrì,

il segno della bellezza aspetta

come il punto preciso

in cui finiscono tutte le nuvole.


È l'unico specchio

del bersaglio.


è un seme di anguria perso

caduto su una tovaglia da picnic.


Cerca in ogni cosa

la luce ignora

il segno della bellezza

fugace bagliore nel buio.


. . . . 


*AUBADE (di Valeria Rossella)*

Il passo sciancato del vento tra le foglie

è simile a quello del mio amore è simile

alla morta farandola che i gusci degli insetti

danzano con le immagini dei ragazzi col piercing e l’aritmia cardiaca

negli specchi dei bar che chiudono alle quattro del mattino

quando tramontano gli occhi imperturbati della notte

gelidi sfaccettati occhi di mosca.

È ottobre:

il vecchio dio cieco ci vede come ombre.

Qualcuno smonta il turno con le ambulanze e i camion

della nettezza urbana, e il grido

che annuncia l’alba pare di un uccello

invece è il tempo che piange ininterrotto [...]


In foto: l'autore di Mostroblog, Roberto Galaverini, Laura Garavaglia, Milo De Angelis (Como 20 maggio 2023).


L'ipermetro

Continueremo a ridere così
non ci sta dentro un verso canonico
ma non mi importa, è un verso bellissimo:
l'hai chiesto tu a me temendo il domani 
e io che guidavo ho tolto la mano 
dal cambio, non era tanto importante,
per poggiarla sulla tua
ho detto di sì, noi continueremo
ma non potevo distrarre la vista
per farti capire che non scherzavo.

                        . . . .

Adesso che siamo arrivati a casa
la differita mi ha solo bruciato
solo annientato da quanto abbia voglia
di vedere gli occhi tuoi che amo,
e dirti ti amo, ridiamo. Prometto.
Una sillaba in più ma è necessaria
e non importa: è un verso bellissimo.

Concessivi

ma ruggito deflagrante tremore 
che tuttora sebbene e tuttavia 
in quest'altra nuova noia sperdente
splendente e deliziosa di dolce requia
e distensiva su lenzuola a più piazze
che grazie e buon giorno al mattino
tutto il liquido sembra sia solido 
come perimetro ma non contenuto
senza ristare alla mia tema
beffarda e immatura vegliarda
che vortica in turbine quando non passa
serrature fessure aperture di porta
il fiume su esonda l'acqua si annera
per quanto eroda ogni parete
e scava riscava si cerca un percorso
da cui sgorgare in falde profonde
e lì a tal punto l'acqua è chiara
che ti sembra trasparente quasi aria 
di volare in mezzo al niente
dove tutto si incolora 
e maturano i sapori ma non c'è stagionatura 
verace l'acquatile agile guizzo 
scorre sebbene tuttora talmente
per quanto a tal punto
più niente di lui affiori alla luce
che piace talmente e tuttavia
vibri il tremore di un do minore

L'interiezione

Mi è scappata una poesia
come scappano tosse e starnuti
come un bisogno fisiologico,
o a casa o in strada, nei parchi;

a volte, mi scuso, non le tengo a freno
mi scappano come gli strafalcioni,
o le parolacce, o le risate,
come mi scappa di bocca un segreto.

È vero, per molti sono un disturbo
- se tutti i poeti son disturbatori -
ho un manuale di buone maniere
ma io non credo a una sola parola.

Rima baciata

Siamo due versi in rima tra loro 
le sillabe tue son come le mie 
io sarò A se anche tu lo sarai
tu dirai B se una B dico anch'io.

A volte siamo divisi, in strofe
diverse molto lontane, tra versi
sciolti senza legami sonori:
allora siamo degli echi lontani.

A volte staccati in due poesie,
un tempo forse persino in due libri
poi uno scrittore ci ha letti, evocati,
e ci ha legati in un solo contesto:

anche se fosse, le nostre parole,
usate solo in rime difficili,
lo stesso rimavano anche se ignare
le une delle altre prima di allora.

Il nostro testo è come una danza:
siamo una rima alternata, a distanza
siamo incastrata, incrociata. Poi interna:
il nostro posto si sposta e si alterna.

Le altre rime e le strofe famose,
i versi sciolti o con sola assonanza
come ci applaudono quando ci vedono 
già si ricordano tutti di noi.

Poi la magia: ci siamo incontrati
nella Poesia che ci tiene legati.
Messi vicini due timidi versi
si sono fusi in rima baciata.

La Poesia II

Ho trovato la Poesia per strada,
era sola, silenziosa, guardava
tutti quelli che neanche "buongiorno"
andavano via, come se fosse
consueto vederla, giusto ignorarla.
Sono stato fermo a guardarla,
dietro un muretto che a lei mi celava,
vedevo come, anche umiliata,
lei sorridendo diceva "buongiorno".
Quelli di fretta "parliamo dopo"
come si scansa una scocciatrice,
ma invece lei aspetta. Che pazienza.
Tornavo da lei di tanto in tanto
dicevo "buongiorno" senza guardarla
emulo del malcostume locale
e poi correvo a spiarla dal muro
sempre e solo nascosto ai suoi occhi.
Faticai anch'io a rendermi conto
come potevo infatti pensare
che quella in strada che ci salutava
fosse colei di cui parlano i libri?
Poi venne un giorno, scrivevo poesie,
non avevo da dire e scrivevo
pagine vuote perché mancava
lei l'umiliata, ignorata e paziente
davanti a tutti e tralasciata
da chi crede che sia qualcun'altra;
mi dissi "scrivi di lei, poltrone"
(cosa non facile, a stile sublime,
fare iperboli a insulsi dettagli)
"dì che si vede e l'hai vista, trovata
come si vede e si trova un'amica,
come un aiuto per strada, una guida
per i passanti che si sono persi".

Se non ci fossero stelle

Se non ci fossero stelle nel nero
buio di notte: allora il cielo
sarebbe un confine, non più una strada,
la fine del Mondo che il Mondo rifugge.

Eccole invece, belle e splendenti
quanto evidenti sul nero di notte!
La notte non è un incarto al presepe,
ma questo Mondo. È casa, quartiere.
Dopo millenni ci riaccorgiamo 
che parlare è diretto a uno scopo,
sempre lo stesso a cui è diretto 
ogni possibile umano lavoro,
aiuto a chiunque per superare 
i problemi reali dell'esperienza 
tra gli individui e i loro contesti
tra gli individui e i vari contesti
tra gli individui e i contesti reali.
La retorica non è vuota, la lingua
stessa è contenuto e forma. Grazie tv,
grazie serie fatte non certo per comunicare!
Grazie a voi ho capito che io 
non farò parte del vostro raggiro
che fa della lingua una cosa complessa
e così il mondo, feticci impenetrabili.
Quello che c'è di obsoleto è questo 
nuovo
stanco e annoiato, svogliato, ignavo
dei vostri insensati allestimenti.
Grazie a voi definisco il modello
da evitare: tutto quello
che non fate è il giusto. E io lo faccio.
Quando si è estinto il comunicare
retorica morta
morto il pensiero.

Emoji Poesia

⚛️🌍
⚛️🌍🧠
⚛️🧠
🌍🧠
🌍👥
⚛️👥
👥⚛️
👥🌍
👥🗣️
🗣️👥
🌍🗣️👥
🌍👥🗣️👥🌍
⚛️🌍🧠👥🗣️👥🧠🌍⚛️
🗣️🌍
🗣️⚛️
🗣️❤️⚛️❤️🌍❤️🧠❤️👥❤️


Legenda
⚛️ Atomo, molecole, materia 
🌍 Mondo, Natura, Spazio-tempo 
🧠 Cervello, sistema nervoso, corpo 
👥 Persone, popolazione, cultura 
🗣️ Parlante, comunicazione 
❤️ Sintonia, parentela, =, cura, ascolto 


Possibili criteri di lettura
- Ogni verso è una frase, composta da minimo due o tre o cinque o nove o dieci elementi (parole, simboli).
- Ogni verso ha elementi del verso successivo o del precedente che danno continuità e coerenza ai versi, ma in ognuno il tema è sviluppato con variazioni. Non ci sono due versi uguali.
- La Poesia indagherebbe la stretta relazione tra Mondo e Lingua, che porterebbe a sintonia e reciproca assistenza: tanto tra persone, quanto tra individui e Mondo.

Impronte di una marcia cerimoniale

Fertilizzanti azotati nei fiumi 
plastica nelle carote di ghiaccio 
con l'anidride carbonica all'apice 
terre rare i circuiti nei campi.

L'impronta ecologica di suole sporche
da cui poter riconoscere presto
la breve gran marcia cerimoniale
dell'animale dal grande cervello.

Note e parole II. L'ascolto

Non hai ancora finito di parlare
che applaudo forte le note che enunci
conformi alla lingua del cuore. Tu
allestimento da compositore.

Il periodo ipotetico

Un parlante non può sapere
se la sua parola raggiunge una mente.

Può solo supporre una tesi
tra le ipotesi infinite.

Il destinatario è ipotetico.
Cosa so io del Mondo?

Allora parlo al vento.
Forse è il Mondo che porge un orecchio.

Tutto è Poesia

Poesia, poesia, tutto è Poesia!
Ma non siamo più i Poeti.
Guardiamo serie esclusive sul premium.

Note e parole I. L'eloquio

Che bello possa enunciare le note
come quelle con cui sono composte
le più belle musiche al Mondo,
perché io senta il tuo cuore parlare.

Figli dell'ambiente

I corpi comunicavano tra loro già prima che nascesse la lingua. 
Tuttora organismi molto meno evoluti dell'uomo, unico animale dotato di lingua, addirittura creature non dotate di sistema nervoso come le piante, comunicano con loro. Ed anche in maniera efficiente.
La comunicazione è nata prima del pensiero tipico dell'uomo; o piuttosto il pensiero è nato prima della lingua umana?
L'albero pensa quello che comunica? Soprattutto è cosciente della sua intenzione comunicativa? Nonostante non possa pensare, essendo il pensiero un'abilità cognitiva che necessita quanto meno di un sistema nervoso.
E la lingua umana è capace di interpretare questa protolingua? Forse deve dimenticare la sua grammatica e interpretare la più complessa grammatica non umana, "abbassarsi" secondo un'ottica antropocentrica; ma invece aprendosi alla scoperta dell'ambiente, da cui l'uomo si è allontanato evolvendo il suo sistema nervoso. Non è abbassamento: è liberazione dai pregiudizi umani, eravamo noi a guardare troppo in alto, troppo in là, trascurando tutto ciò che intanto c'era sotto. Trascurando cosa siamo noi. Nient'altro che corpo, organo, muscolo ossa e nervo, materia, atomo: come qualsiasi oggetto. 
Tutto ciò che l'uomo ha ottenuto finora, l'hanno ottenuto in effetti l'atomo, la materia, nervo ossa e muscolo, l'organo, il corpo.

Per comunicare il pensiero (attività neurale) non è necessaria la lingua umana ma la grammatica sì. Una grammatica universale e non più antropocentrica. La grammatica umana viene in qualche modo da quella "senza cervello" del Mondo (che non ha un sistema nervoso. È l'ambiente). D'altronde il linguaggio comprende la grandissima area del non verbale che è istintivamente elaborato da parte del cervello quasi immediatamente. La lingua (verbale) richiede uno sforzo cognitivo in più perché è meno immediata.

Ecco chi siamo dunque: Mondo. E Mondo è quel mistero che chiamiamo Natura, fatta di forze che tengono coesa la realtà e la fanno così com'è al di fuori del corpo: siamo il fuori da noi. Siamo l'ambiente.

E se siamo quello, allora che senso ha ancora distruggerci tra di noi? Non siamo Mondo che distrugge, ma che salvaguarda, che si prende cura. Siamo nati dal Mondo e per questo il Mondo vive in noi. E viceversa. Non è vero quindi che siamo nati da noi stessi e che il mondo è nato solo dal Mondo, e che noi e Mondo ci conciliamo: ci eravamo soltanto distratti guardando altro, cercando altrove, se per caso ci fosse altro. Adesso gli strumenti scientifici, i nuovi telescopi, ci dicono che, fin dove si può guardare, tutta la realtà è in sé rivelata, non c'è nascosto niente e nessun altro, dobbiamo solo sviluppare ulteriori progressi alla tecnologia per aver contezza di quello che succede in ogni atomo e fuori in tutto l'universo.
Probabilmente la tecnologia farà progressi in questo senso: di andare a vedere ogni più nascosto anfratto, minuscolo o mastodontico che sia.

Ben venga, si spera di conoscere l'ambiente, con precisione crescente.
È conoscere l'ambiente che significa conoscere noi figli dell'ambiente. È la fenomenologia la passione del dettaglio in comune ad archeologia, scienza, storia, letteratura poesia e arte, geografia, sport, attualità, ecc... gli elenchi di ritrovamenti archeologici, elenchi di brevetti, almanacchi di storia, sport, attualità, storie di filosofia letteratura cultura medicina...

È così che dobbiamo lavorare? Che fare se siamo ambiente? 
Fermando la distruzione, l'annullamento dell'essere, conservarlo e salvaguardandolo, ogni suo dettaglio e manifestazione per quanto condannabile dal più paziente saggio mai esistito finora.
Facciamo come l'uomo trovatosi avanzato e libero alla fine dell'età del bronzo, dobbiamo ricreare le condizioni che hanno reso possibile le prime antiche civiltà, libere da vincoli morali pilotati e distorti dai pregiudizi accumulatisi nel tempo, da etiche immotivate, arbitrarie e imposte, che hanno reso l'uomo sempre più sofisticato.
Se noi siamo Mondo, e noi Mondo ci creiamo, e il Mondo se crea rifugge il non essere in cui comunque è diretto, allora dobbiamo solo creare e salvaguardare tutto dalla sua estinzione/annullamento. Fare tutto ciò che non è distruggere, fare violenza, odiare, negare, ignorare. Ciò che distrugge è proprio ignorare i dati dell'esperienza provenienti dalla percezione, inconsciamente fingiamo di non avere corpi, di essere più che corpi, e vantandoci di possedere presunte alte capacità che ci innalzano al di sopra della Natura. Natura indicante un referente non chiaro, vago confuso e indefinito: non esistente. Natura è nient'altro che ambiente che è noi, e noi siamo creati nel senso che siamo nati dal Mondo. Quindi il Mondo produce, noi siamo Mondo e noi perciò lavoriamo producendo. Il prodotto viene poi conservato più a lungo possibile, finché si consuma da solo.

Dobbiamo lavorare perché ogni dettaglio esistente resista più a lungo possibile prima che davvero si consumi da solo, scompaia per sempre annullandosi. L'unico modo per conservare qualcosa destinato ad annullare il suo corpo è simbolizzato, togliendone il corpo. Ma il simbolo dev'essere davvero concentrato e ricchissimo di informazioni, come una poesia e più di una poesia, deve dire tutto di noi. Deve contenere l'intera cultura e rievocarla nel pensiero dei viventi futuri. C'è davvero chi si sta facendo ibernare sperando di essere resuscitato tra centinaia di anni, quando si scoprirà la cura alla morte. Ecco che pensa l'uomo razionale contemporaneo 🤣
Mentre invece è così economico e naturale e scientificamente più probabile rimanere nella cultura. Anche se magari non verrà ricordato il nome di un individuo, il suo aspetto, eccetera, abbandonare il corpo quando muore non è che un gran vantaggio. L'uomo di oggi invece è già uscito dal corpo e dall'ambiente senza neanche morire quando li ha ignorati e stabilito nuove verità ideali, e stabilito che fossero più vere delle cose vere del Mondo. "La mia idea è più vera di quello che mi sta davanti" è in sé contraddizione, follia.
È una distorsione dei nostri scopi perché si sceglie non solo di ignorare ma di eliminare ogni dettaglio che contraddice quell'idea. Ogni idea ha un suo opposto esistente e individuabile, perciò se una cultura sceglie di istituzionalizzare una idea vuol dire che ogni manifestazione contraria a essa è nemico pubblico.

E questo è assolutismo, dispotismo, violenza esercitata direttamente sul pensiero, che è per sé figlio del Mondo (attività neurale) e Mondo stesso, e che avendo la lingua si esprime in qualsiasi creatura, secondo la sua grammatica.

Comunicare è il nostro unico lavoro, fare che la comunicazione, vero e proprio miracolo, vada a buon fine. Dunque dare peso al contesto e alla situazione comunicativa, all'ascoltatore se si parla. Ascoltare se si è ascoltatore, nel senso di sacrificare lo sforzo cognitivo, effettivamente dispendioso, necessario ad ascoltare e comprendere: fare attenzione. Alla comunicazione, al contesto alla situazione. Oltre al messaggio, che deve essere veicolato in forma chiara cioè adatta al contesto e alla situazione comunicativa. Il nostro jolly tra le diverse abilità cognitive, forse il nostro libero arbitrio, l'attenzione. Forse il Mondo che fa attenzione a sé. Ma che si ritrova imprigionato in un cervello materico, limitato e pur sempre orientato al risparmio energetico e alla conservazione di sé, al riposo, pur sempre necessario. Al non ascolto e altre pigrizie, che per quanto innocenti sono di per sé violente e distruttive, volontarie e educabili tramite esercizio, l'ascolto. La disponibilità a cooperare per stabilire comunicazioni a buon fine tra corpi e sistemi nervosi di persone ed entità diverse.

Fare attenzione è il nostro lavoro. Fare le esperienze piuttosto che impedirle a tutti, e permettere che gli altri facciano la loro attività neurale, l'esperienza del mondo attraverso il mondo stesso. Il nostro lavoro è che noi facciamo questo lavoro che consiste nel fare nient'altro che far fare il lavoro-esperienza che consiste nel far fare esperienze ad altri, in un circolo pienamente sostenibile ed autorigenerante. La comunicazione dell'attività neurale è il nostro lavoro. Ora siamo troppo distratti da altro di molto sofisticato, che forse per questo motivo reputiamo più degno di essere pensato, anche più di ciò che esplicitamente abbiamo intorno a noi. Una specie più evoluta dell'uomo avrebbe le stesse capacità di analisi dei dettagli dell'ambiente di animali come i felini, le scimmie e i primati, ma anche degli insetti, dei rettili, e delle piante e dei funghi e dei microbi, ecc... e sarebbe perciò capace di fare più attenzione, in maniera sempre più efficiente.
Mia sorella, quanto tempo
da quando ho preso una casa diversa
posso baciarti il tronco, le foglie?
Andrebbero bene, i cespugli, le guance
tue su rocce verdi come le mie.
Posso baciarti il cielo? Avvicinati
vengo con te, non ho le valigie, 
cammineremo allo stesso andamento
mano per mano come da piccoli
io verso il cielo, tu alla mia testa,
le suole bianche dei piedi di nuvola
dove il sole passeggia di giorno 
io mi tuffavo, tu dissetavi
tu mi allattavi, io ti mangiavo,
mi pensi ancora o ti sei arrabbiata?
Mi hanno detto infatti "sta male"
sei malata? Ti do parola, giuro 
in qualche modo, non troppo tardi,
non così tanto da farti rimpiangere 
troverò il modo di farti guarire,
studierò ogni cosa che serve
ti donerò i miei anni migliori 
lavorerò anche tutte le notti
perché mi manchi e sto male anch'io.
La mia malattia è la casa diversa.
Torniamo a vivere noi insieme
io guarisco se tu mi guarisci
e ti guarisco se tu mi guarisci,
perciò guariamo se entrambi guariamo 
come volevano i tuoi genitori.

Lode alla mente

Lode alla mente animale 
semplice e intuitiva
logica a modo suo
e a modo suo vera.
Lode a un limpido specchio
che non distrugge o distorce il creato
dal creato è nato lo specchio 
e dallo specchio lo stesso creato.
Il mondo cade all'infinito nel mutamento e nuova creazione da nuove distruzioni, sostituzioni.
Crea il sistema nervoso centrale e, dopo varie evoluzioni, la mente umana, e chiede loro di aiutarlo a mantenersi, cioè trovare assoluti anche se relativi e momentanei: adatti e geniali (=congeniali) al loro particolare contesto (spazio, tempo, occupanti, disturbo, risorse materiali e culturali, strumenti...).
La mente perciò sviluppa la logica, sistema di pensiero coerente, tendente alla perfezione: all'assoluto infinito ed eterno idealista. Le grammatiche, le tecniche, corrette in quanto i loro costituenti non si contraddicono. La logica rispecchia il mondo e ne scopre l'assenza di assoluto infinito ed eterno; il relativismo quindi, l'accettazione delle infrazioni alle convenzioni formali sacrificate in nome della inclusione delle diversità, che è fatta delle varie manifestazioni di uno stesso principio, finalizzate al soddisfacimento momentaneo degli stessi bisogni. Ci si aspetta che ogni animale dotato di sistema nervoso abbia sviluppato una sua logica, delle grammatiche, delle tecniche a loro modo vere, a partire dalle sue proprie abilità cognitive. Il sistema nervoso più elaborato e sofisticato è attualmente quello umano, per cui non c'è dubbio che gli animali vivano una esperienza più immediata e spontanea del mondo rispetto a quella umana. L'uomo è certamente meno efficiente (veloce, bravo, preciso) ad elaborare l'esperienza e ad interagire con la realtà rispetto a una lumaca o una gallina o una scimmia ad esempio; perché il suo pensiero elabora più dati e a confronto è più lento durante il processo della cognizione. L'idealismo non può che essere soltanto umano, vizio dovuto al suo sistema nervoso complesso tanto potente da interagire nella cognizione, ad esempio distorcendola con pregiudizi non volontari ma tuttavia arbitrari.
La Storia mostra brevi periodi di apertura dell'assoluto-idealismo dominante al riconoscimento dell'effettivo relativismo in cui si presenta il mondo. Quest'ultimo è interesse dell'autorità dominante che sia normato e istituzionalizzato, prevedibile e controllabile, frenato quando necessario per la conservazione dello stato di cose che essa domina. A volte l'autorità è obbligata a scendere a patti con novità per divenire più efficiente (nel bene e nel male), accettando nuovi punti di vista che fanno emergere dettagli non nuovi ma certamente prima non emergenti. Chiaro che quest'ultimo caso è richiesto o nella democrazia (diretta) o quando un monarca o partito politico cerca consensi.
Una mente che rispecchia la realtà non può che partire dalla considerazione della materia, dall'esperienza che aggancia il nostro corpo all'ambiente, e la mente alla materia. La realtà è totale ma varia, non c'è omogeneità tra corpi e individui distinti (verosimilmente anche ogni atomo cellula o unità singola che li compongono possono essere molto diversi tra loro se osservati ingranditi), ma c'è il resistere e persistere dell'unione spazio-tempo (dimensione reale) che fa da minimo comune denominatore dei fenomeni.
La realtà è rivelata e solo ciò che è rivelato è reale: non più di quanto rivelato, né più di quanto sia realmente esistente/esistito/futuro. Ora e qui, ma anche ora e lì, ma anche allora e qui, e anche allora e lì.
Perciò la mente non può far altro che rivolgersi alla varietà delle manifestazioni reali per trarre insegnamenti e modelli di condotta (si intende anche di pensiero).
Il mondo per frenare la caduta nel non essere (che esiste necessariamente ma il mondo rifugge, perciò non possiamo averne esperienza, almeno - sicuramente - in vita) verso cui il tempo tende, ma anche lo spazio, attratto dai gravi fino a non essere (e contemporaneamente continuare essere!) nel buco nero, ci dà gli strumenti per cogliere la sua richiesta di aiuto ed elaborarla.
L'episteme non è umana (l'umano sa solo ipotizzarne e assumerne che esistano solo spazio e tempo fuori la mente), la doxa lo è e contemporaneamente e paradossalmente è più verosimile dell'episteme stessa. L'ipotesi è probabilmente più vera delLa Verità. È dal primo termine che il mondo si aspetta che noi troviamo il punto fermo "minimo comune denominatore" a cui aggrapparsi e frenare la caduta. Lavoriamo per il mondo, altrimenti destinato a perdersi - continuamente - per sempre; la sintonia di interesse uomo-mondo è la vera strategia per non perdere sempre per sempre noi né, tantomeno, il mondo.

Mi viene in mente Allacci e sleghi dei Bud Spencer Blues Explosion (Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio). Testo di Umberto Maria Giardini ("Moltheni"):



Storia (più o meno l'aggettivo possessivo)

tentativi di comunicazione
frustranti. letto. domani di nuovo

Interruzione pubblicitaria

Problemi di linea?
Vuoi vestire capi aderenti di seta?
Vuoi aderire alla forma ideale?
Ridurre la vita di dieci centimetri?
Vuoi eliminare gli scarti che il corpo
non brucia e mette da parte?
Sgombra ora i tuoi magazzini:
Bruciano sillabe e versi da anni. Poeti. 
Né corpi né eccessi e imbarazzi.

Quale Letteratura è possibile dalle Neuroscienze

Una letteratura del XXI secolo, come anche il nuovo insegnamento scolastico della letteratura non potrà prescindere dalle modalità di interpretazione: a) del testo, b) dell'atto della scrittura e c) della comunicazione verbale non verbale ecc... offerte dalle neuroscienze e dai meccanismi fisiologici alla base della lingua e del pensiero, due funzioni cerebrali superiori o attività cognitive tipiche dell'uomo (sia dell'individuo che non presenta malformazioni o malfunzionamenti, sia dell'uomo che invece presenta questi due aspetti) secondo diversi livelli di avanzamento e competenza, insieme a memoria, capacità di ragionamento, di pianificazione, di risolvere un problema, percezione, sensazione e l'azione.
Il pensiero nasce dall'attività neuronale del sistema nervoso centrale (attività neurale). La lingua è l'interfaccia (o veicolo) di tale attività, attraverso cui un utente (parlante, emittente) può allo stesso tempo: a) interagire con i propri pensieri, dirigere in parte e con esiti in gran parte imprevedibili i percorsi neurali, indagare all'interno della mente (risultato dell'attività neuronale globale di cui siamo più o meno coscienti); b) comunicare cioè trasmettere l'attività neuronale dall'interno della propria mente verso l'interno della mente di un altro utente ascoltatorelettore, destinatario.
I percorsi neurali sono dunque trasmissibili tramite lingua e comunicazione; componenti senza le quali un'esperienza (attività) vissuta all'interno della propria mente a) come scritto prima, non avrebbe avuto la possibilità di realizzarsi ed essere indagata o esplorata; b) appunto, non si potrebbe trasmettere (far vivere anche) ad altri.

COSA DIRSI
Il cosa dire nasce quindi da basi concrete e naturali, come la cultura in ogni suo livello e manifestazione, compresa la scienza, la storia, la fisiologia e la psicologia dell'uomo contemporaneo.
Il cosa dire coincide con l'intenzione di un parlante (un preciso itinerario del percorso neurale da voler far percorrere anche ad un ricevente-lettore). L'intenzione dunque nasce da esigenze di sincerità e chiarezza: esigenze di verità: il destinatario è il cliente che acquista il pacchetto dell'agenzia turistica e accetta dunque modalità, itinerario e quant'altro si possa prevedere. L'intenzione, il cosa dire, coincide con la parte più vera e sincera di un individuo ed ha basi tanto più vere quanto realmente legate ai bisogni fisiologici e psicologici di un preciso individuo parlante. Ognuno ha la sua cosa da dire... idealmente almeno, cioè in realtà pochissimi individui parlanti hanno sempre e in ogni occasione almeno e come minimo una cosa da dire. In questo momento in cui voi leggete, su circa 60 milioni di italiani che idealmente stanno parlando contemporaneamente, all'unisono in questo istante, sicuramente, e anzi arrotondando per eccesso, non più di cento-duecento parlanti hanno in realtà qualcosa da dire. Gli altri parlano ma senza avere realmente l'argomento.
Perché divagano tutti allora?
Per mentire? I meccanismi psicologici alla base di qualsiasi identità personale tendono all'equilibrio psichico: perfino una coscienza può mentire a se stessa. È possibile, e non solo: accade ed accade continuamente sempre a chiunque; la verità la si ritrova mediante esercizio costante e di intensità progressivamente crescente. Un metodo per non sbagliare quasi mai è affidarsi alla grammatica, che norma la correttezza, a sua volta improntata su criteri di verità cioè sincerità e precisione: due criteri volutamente sintetizzati in termini vaghi e non specifici al dettaglio, termini riferiti a stati mentali e insieme linguistici.
La sincerità è l'interfaccia più aderente possibile all'originale, della verità di un individuo, della cosa da dire.
La menzogna del pensiero non è intenzionale: è solo esercitandosi che ci si avvicina a soluzioni sempre più vere. 

PERCHÉ
La mente mente a se stessa perché il pensiero, solo con complicati e costanti esercizi appositamente mirati può giungere a indagare verità sempre più aderenti al vero... ma, scusate l'ovvietà, il pensiero non è il vero, una parola non è il suo referente, non si tratta di materiale stabile, non soddisfa i parametri dell'assoluto, perché è soltanto un'attività del sistema nervoso centrale che, più che riflettere nitidamente come fa una superficie piatta e liscia di uno specchio, distorce e sporca come gli specchi curvi e pieni di protuberanze e rientranze concave e convesse: dà una rappresentazione verosimile della realtà, più accurata quanto maggiore è lo sforzo richiesto da parte del sistema nervoso. Più lavora il sistema nervoso (la nostra interfaccia fisiologica con la realtà) più c'è verità e più c'è la cosa da dire. Fare esperienza per avere ispirazione è l'unico modo. L'esperienza, si badi, seguendo questo ragionamento, può essere effettuata vissuta tanto sottoforma di azione esperienziale con la vera realtà quanto indirettamente tramite il veicolo della lingua. Basta che il percorso neurale innescato dalla comunicazione coincida con quello previsto: appunto, coincida con l'intenzione per la quale la comunicazione è stata pianificata più o meno consciamente e poi messa in atto.
L'esperienza è il lavoro dell'attività neurale e neuronale in un dato momento. Tramite il mezzo della lingua, ciò che un parlante effettua (vive) nella sua mente, può essere effettuato e vissuto anche nella mente di un ascoltatore ricevente o lettore.

LE PAROLE NON HANNO SIGNIFICATI
L'uomo, limitato per Natura nelle modalità di esperienza individuo-realtà dal lavoro deformante del suo cervello e del suo corpo, ha scoperto solo nel Novecento (escludendo eccezionali intuizioni e previsioni, come il pensiero di Leopardi) che l'esperienza dell'assoluto gli è preclusa. Ogni esperienza della realtà e con la realtà è relativamente vera, in quanto vera solo limitatamente al punto di vista di ciascun soggetto. Ogni esperienza non è immediata, anzi al contrario mediata dal tramite (limitante, sintetico, indefinito, vago) a cui siamo legati per natura della lingua, del pensiero, della mente, del sistema nervoso.
Per un po' si è temuto che fosse vera l'ipotesi che non esistesse nessuna realtà assoluta ma che ogni individuo ne creasse una per conto suo, il suo universo da cui sarebbero stati esclusi tutti gli altri. Ma filosofi e scienziati si mantengono, e noi con loro, cauti nel dire che: una realtà unica assoluta uguale per tutti in cui viviamo esiste, ma ognuno limitato dal suo sistema nervoso non può che farne esperienza che per sua natura stessa è personale, cioè relativa: l'esatto contrario di assoluto.
I significati sono azionati nella mente di un utente della lingua, poniamo un ascoltatore, in maniera vaga e confusa: ascoltare una parola genera l'attivazione del percorso neurale connesso a quella parola, cioè il percorso che il cervello è abituato a fare ed effettivamente compie abitualmente quando ascolta o usa o scrive o legge o pensa quella parola. Ecco il significato di qualsiasi parola: non è trattato né trattabile da nessun dizionario. È la verità imprevedibile del percorso neurale avvenuto in un momento determinato all'interno dell'encefalo di un determinato individuo, immerso in una particolare situazione (combinazione spazio-tempo), che è il contesto dove è stato fatto un pensiero o si è svolta una conversazione.
Questo paragrafo non avrebbe dovuto intitolarsi così, ma: "I significati delle parole non sono decisi", perché i significati esistono e sono anche tanti per ogni termine, potenzialmente infiniti addirittura, perfino imprevedibili perché imprevedibile è il percorso neurale, che offrirebbe definizioni di significato pressoché infinite. 
I significati delle parole non li ha decisi un autore di vocabolario di un certo anno una volta per tutte. Essi sono cangianti e perciò precisi ma solo per un periodo di tempo, in realtà molto breve, dopodiché sfumano in altro ed assumono un altro significato preciso. La precisione è relativa rispetto al parametro del tempo: i significati cambiano nel tempo perché derivano dall'esperienza della realtà che si conferma anche logicamente divisa in due fattori imprescindibili: lo spazio e il tempo ed il loro mutamento in entrambe le direzioni, voglio dire il mutamento dello spazio nel tempo ed il mutamento del tempo nello spazio (più difficile da pensare o intuire, come diceva anche Gadda ne I viaggi la morte) forse pensabile più agilmente nella distorsione che il tempo subisce all'interno (complemento di stato in luogo) di un buco nero (il dove, lo spazio, che in un buco nero è a sua volta diversissimo dallo spazio di fuori, ma che dall'esterno è più o meno localizzabile in base all'osservazione dei dischi di accrescimento e degli orizzonti degli eventi).
Come altro dire che le parole, e i loro significati cioè i pensieri (cioè le attività neurali), provengono dal passato reale che ancora sopravvive misteriosamente nel presente? Tutto viene dal passato, cioè dalla Storia, cioè dalle miriadi di percorsi neurali, di combinazioni possibili di lingua e pensiero veramente esistite in un tempo ormai finito, che può essere vicino come lontano, proveniente da luoghi a loro volta vicini e lontani, da tutto il mondo da tutti i tempi, da tutta la Storia.
Questa è la più grande verità che mi sento di dire, è la mia cosa da dire che ho trovato e in cui credo; sicuramente non sarò il primo e non sono originale perché ogni mio pensiero si basa perfino inconsciamente su qualcosa già pensato e detto da altri, non molte persone in realtà, ma che la mia esperienza ritiene biologicamente vera.

LA LETTERATURA
Non viene quindi né segue il principio di autorità di presupposti grandi modelli linguistici letterari assunti in maniera arbitraria da un gruppo ristretto di avidi decisori linguistici crudeli e benpensanti. Non può seguire più gli stereotipi letterari, della moda contemporanea e della sua censura (odiernamente il politically correct è la più terribile inquisizione e censura), la paura di apparire corretti e di essere inattaccabili sempre per tutti. Rischiamo rimanendo umili, ognuno è esperto del suo solo a patto che sia sincero esercitandosi molto. La letteratura non è a casaccio ma deriva dall'intenzione di agire sulla realtà (quasi in modo magico, è vero) per intenzioni provenienti da bisogni psicologici (fisiologici, di protezione e sicurezza...). Nasce dal vero. Dai modelli può imparare i modi corretti di esprimere le attività neurali. Adeguarsi alla grammatica e studiare, studiare, studiare e poi ripetere ripetere ripetere e poi esercitarsi esercitarsi ecc... i grandi autori della letteratura. 

Una nuova avanguardia vera e seria non può che nascere da qui. Un po' è già nata, stava nascendo ma poi non è nata, pochissimi però fanno finta che sia nata anche se sanno che non è così, mi vengono in mente i neoavanguardisti più tradizionalisti (quindi più contro l'avanguardia stessa) Luigi Malerba e Giorgio Manganelli. Ce ne saranno sicuramente (pochissimi) altri ma loro li prendo già come esempio di una lingua vera e in grado di dire qualsiasi cosa sia vera e sincera, ad esempio i poeti liguri come Sbarbaro, Montale, Giudici, e poi altri poeti non liguri come Raboni, Claudio Damiani. Cavazzoni è uno scrittore che sicuramente non sottovaluta queste basi reali del pensiero, e come lui Fellini, Benati, scrittori che nelle loro opere si interrogano proprio sulla realtà o falsità dell'esperienza, per esigenze di sincerità; e (almeno parte di loro) conoscitori della Storia intesa come serbatoio di attività neurali create nel tempo e nei diversi spazi.
La lingua si adegua e con l'esercizio si perfeziona, sempre più precisa e sincera, aderente all'intenzione, al contesto comunicativo, alla cosa da dire, all'attività neurale.



25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.