Figli dell'ambiente

I corpi comunicavano tra loro già prima che nascesse la lingua. 
Tuttora organismi molto meno evoluti dell'uomo, unico animale dotato di lingua, addirittura creature non dotate di sistema nervoso come le piante, comunicano con loro. Ed anche in maniera efficiente.
La comunicazione è nata prima del pensiero tipico dell'uomo; o piuttosto il pensiero è nato prima della lingua umana?
L'albero pensa quello che comunica? Soprattutto è cosciente della sua intenzione comunicativa? Nonostante non possa pensare, essendo il pensiero un'abilità cognitiva che necessita quanto meno di un sistema nervoso.
E la lingua umana è capace di interpretare questa protolingua? Forse deve dimenticare la sua grammatica e interpretare la più complessa grammatica non umana, "abbassarsi" secondo un'ottica antropocentrica; ma invece aprendosi alla scoperta dell'ambiente, da cui l'uomo si è allontanato evolvendo il suo sistema nervoso. Non è abbassamento: è liberazione dai pregiudizi umani, eravamo noi a guardare troppo in alto, troppo in là, trascurando tutto ciò che intanto c'era sotto. Trascurando cosa siamo noi. Nient'altro che corpo, organo, muscolo ossa e nervo, materia, atomo: come qualsiasi oggetto. 
Tutto ciò che l'uomo ha ottenuto finora, l'hanno ottenuto in effetti l'atomo, la materia, nervo ossa e muscolo, l'organo, il corpo.

Per comunicare il pensiero (attività neurale) non è necessaria la lingua umana ma la grammatica sì. Una grammatica universale e non più antropocentrica. La grammatica umana viene in qualche modo da quella "senza cervello" del Mondo (che non ha un sistema nervoso. È l'ambiente). D'altronde il linguaggio comprende la grandissima area del non verbale che è istintivamente elaborato da parte del cervello quasi immediatamente. La lingua (verbale) richiede uno sforzo cognitivo in più perché è meno immediata.

Ecco chi siamo dunque: Mondo. E Mondo è quel mistero che chiamiamo Natura, fatta di forze che tengono coesa la realtà e la fanno così com'è al di fuori del corpo: siamo il fuori da noi. Siamo l'ambiente.

E se siamo quello, allora che senso ha ancora distruggerci tra di noi? Non siamo Mondo che distrugge, ma che salvaguarda, che si prende cura. Siamo nati dal Mondo e per questo il Mondo vive in noi. E viceversa. Non è vero quindi che siamo nati da noi stessi e che il mondo è nato solo dal Mondo, e che noi e Mondo ci conciliamo: ci eravamo soltanto distratti guardando altro, cercando altrove, se per caso ci fosse altro. Adesso gli strumenti scientifici, i nuovi telescopi, ci dicono che, fin dove si può guardare, tutta la realtà è in sé rivelata, non c'è nascosto niente e nessun altro, dobbiamo solo sviluppare ulteriori progressi alla tecnologia per aver contezza di quello che succede in ogni atomo e fuori in tutto l'universo.
Probabilmente la tecnologia farà progressi in questo senso: di andare a vedere ogni più nascosto anfratto, minuscolo o mastodontico che sia.

Ben venga, si spera di conoscere l'ambiente, con precisione crescente.
È conoscere l'ambiente che significa conoscere noi figli dell'ambiente. È la fenomenologia la passione del dettaglio in comune ad archeologia, scienza, storia, letteratura poesia e arte, geografia, sport, attualità, ecc... gli elenchi di ritrovamenti archeologici, elenchi di brevetti, almanacchi di storia, sport, attualità, storie di filosofia letteratura cultura medicina...

È così che dobbiamo lavorare? Che fare se siamo ambiente? 
Fermando la distruzione, l'annullamento dell'essere, conservarlo e salvaguardandolo, ogni suo dettaglio e manifestazione per quanto condannabile dal più paziente saggio mai esistito finora.
Facciamo come l'uomo trovatosi avanzato e libero alla fine dell'età del bronzo, dobbiamo ricreare le condizioni che hanno reso possibile le prime antiche civiltà, libere da vincoli morali pilotati e distorti dai pregiudizi accumulatisi nel tempo, da etiche immotivate, arbitrarie e imposte, che hanno reso l'uomo sempre più sofisticato.
Se noi siamo Mondo, e noi Mondo ci creiamo, e il Mondo se crea rifugge il non essere in cui comunque è diretto, allora dobbiamo solo creare e salvaguardare tutto dalla sua estinzione/annullamento. Fare tutto ciò che non è distruggere, fare violenza, odiare, negare, ignorare. Ciò che distrugge è proprio ignorare i dati dell'esperienza provenienti dalla percezione, inconsciamente fingiamo di non avere corpi, di essere più che corpi, e vantandoci di possedere presunte alte capacità che ci innalzano al di sopra della Natura. Natura indicante un referente non chiaro, vago confuso e indefinito: non esistente. Natura è nient'altro che ambiente che è noi, e noi siamo creati nel senso che siamo nati dal Mondo. Quindi il Mondo produce, noi siamo Mondo e noi perciò lavoriamo producendo. Il prodotto viene poi conservato più a lungo possibile, finché si consuma da solo.

Dobbiamo lavorare perché ogni dettaglio esistente resista più a lungo possibile prima che davvero si consumi da solo, scompaia per sempre annullandosi. L'unico modo per conservare qualcosa destinato ad annullare il suo corpo è simbolizzato, togliendone il corpo. Ma il simbolo dev'essere davvero concentrato e ricchissimo di informazioni, come una poesia e più di una poesia, deve dire tutto di noi. Deve contenere l'intera cultura e rievocarla nel pensiero dei viventi futuri. C'è davvero chi si sta facendo ibernare sperando di essere resuscitato tra centinaia di anni, quando si scoprirà la cura alla morte. Ecco che pensa l'uomo razionale contemporaneo 🤣
Mentre invece è così economico e naturale e scientificamente più probabile rimanere nella cultura. Anche se magari non verrà ricordato il nome di un individuo, il suo aspetto, eccetera, abbandonare il corpo quando muore non è che un gran vantaggio. L'uomo di oggi invece è già uscito dal corpo e dall'ambiente senza neanche morire quando li ha ignorati e stabilito nuove verità ideali, e stabilito che fossero più vere delle cose vere del Mondo. "La mia idea è più vera di quello che mi sta davanti" è in sé contraddizione, follia.
È una distorsione dei nostri scopi perché si sceglie non solo di ignorare ma di eliminare ogni dettaglio che contraddice quell'idea. Ogni idea ha un suo opposto esistente e individuabile, perciò se una cultura sceglie di istituzionalizzare una idea vuol dire che ogni manifestazione contraria a essa è nemico pubblico.

E questo è assolutismo, dispotismo, violenza esercitata direttamente sul pensiero, che è per sé figlio del Mondo (attività neurale) e Mondo stesso, e che avendo la lingua si esprime in qualsiasi creatura, secondo la sua grammatica.

Comunicare è il nostro unico lavoro, fare che la comunicazione, vero e proprio miracolo, vada a buon fine. Dunque dare peso al contesto e alla situazione comunicativa, all'ascoltatore se si parla. Ascoltare se si è ascoltatore, nel senso di sacrificare lo sforzo cognitivo, effettivamente dispendioso, necessario ad ascoltare e comprendere: fare attenzione. Alla comunicazione, al contesto alla situazione. Oltre al messaggio, che deve essere veicolato in forma chiara cioè adatta al contesto e alla situazione comunicativa. Il nostro jolly tra le diverse abilità cognitive, forse il nostro libero arbitrio, l'attenzione. Forse il Mondo che fa attenzione a sé. Ma che si ritrova imprigionato in un cervello materico, limitato e pur sempre orientato al risparmio energetico e alla conservazione di sé, al riposo, pur sempre necessario. Al non ascolto e altre pigrizie, che per quanto innocenti sono di per sé violente e distruttive, volontarie e educabili tramite esercizio, l'ascolto. La disponibilità a cooperare per stabilire comunicazioni a buon fine tra corpi e sistemi nervosi di persone ed entità diverse.

Fare attenzione è il nostro lavoro. Fare le esperienze piuttosto che impedirle a tutti, e permettere che gli altri facciano la loro attività neurale, l'esperienza del mondo attraverso il mondo stesso. Il nostro lavoro è che noi facciamo questo lavoro che consiste nel fare nient'altro che far fare il lavoro-esperienza che consiste nel far fare esperienze ad altri, in un circolo pienamente sostenibile ed autorigenerante. La comunicazione dell'attività neurale è il nostro lavoro. Ora siamo troppo distratti da altro di molto sofisticato, che forse per questo motivo reputiamo più degno di essere pensato, anche più di ciò che esplicitamente abbiamo intorno a noi. Una specie più evoluta dell'uomo avrebbe le stesse capacità di analisi dei dettagli dell'ambiente di animali come i felini, le scimmie e i primati, ma anche degli insetti, dei rettili, e delle piante e dei funghi e dei microbi, ecc... e sarebbe perciò capace di fare più attenzione, in maniera sempre più efficiente.

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