Forse mi tuffo nei buchi

Forse mi tuffo
Nel mare dei buchi
Per uscire da me
E trovarmi disperso
Per moltiplicarmi
Perché è dura
Una volta tuffati
Trovare quel buco
Da dove si parte.
Bisognerebbe
Vincere il timore
Di perdere la mente
In altri corpi
Fuori di sé
Ed entrare più spesso
In corpi
Di sconosciuti.
E se scivoli da te
A terra
Non ti fai male
Sbattendo la schiena
Ma entri nei buchi
E lì galleggi
Con tutti gli altri
Che si sono perduti.


La vita così è una casa sperduta
nella foresta dimenticata
perché a nessuno interessa
e anche se gridassi come un pazzo
qui a nessuno può fregare un cazzo.
E allora vivete convinti di voi
che essere soli vi renda esemplari
sempre voi stessi nella vostra foresta
dove nessuno, come anche voi,
un piede neanche metterebbe mai.

Testo di una canzone italiana

Doveva esserci un castello nella foresta
Tutto sfatto di cavilli dell'età
Se non hai fatto male dentro resta
Non vedrà mai una città

Che poi le stelle e tutte le sirene
Sapranno ricordare chi gli da
Una mano per dormire bene
Un letto che le scaldi
Quando il mare è verde
E non c'è traccia di meduse

Che poi le stelle e le sirene
Dovessero avere occhi
Non hanno bocca né parola
Per zittire il nostro rumore

È vero che in montagna senti voci
Di grilli e animali
E dei sogni che faranno
Ma non rispondi e soffri
E così dormi stanotte

Ogni volta che li vedi
Quei disegni di bambino
Da un giorno cade un'ora che non c'è

Oppure con le mani di carbone
Mi accarezzi e torni a letto

Ora qui davanti a me.

Inutilità del verbo essere

'Nulla' è sempre la parola più strana del dizionario di qualsiasi lingua.
Il suo referente è qualcosa di tanto basilare e onnipresente per ogni parlante e individuo, che si tratta di uno dei principi fondamentali della nostra comprensione dell'Universo.
Il significato della parola Nulla si riferisce a una nostra concezione o pensiero, e non a qualcosa di realmente esistente nell'ambiente.
'Nulla' è tanto basilare per il nostro pensiero tanto quanto la parola 'essere'. Si pensi solo che la proposizione di base di qualsiasi lingua è quella copulativa, con cui si afferma che qualcosa è qualcosa o che presenta certi parametri: insomma il verbo essere significa qualcosa di così tanto scontato e ovvio per tutti, anche i più duri di comprendonio, che non ci sarebbe neanche bisogno di dire è. Eppure lo diciamo, proprio perché si tratta di una specie di nostra strategia mentale per pensare e dire le cose. Cose fessissime in genere, come "Questo è vero" o "quello non è vero". A che ci serve dire che cosa è e che cosa non è, se il concetto è così alla portata di tutti? Se qualcosa è (ad esempio, vero) allora dovrebbero saperlo tutti senza il bisogno che qualcuno glielo dicesse. Usare il verbo essere parlando di sé stessi alla prima persona, invece, annoia l'interlocutore, che sa già di stare ad ascoltare qualcosa che gli sta davanti e perciò, purtroppo, in piena chiarezza ed evidenza è, e l'interlocutore comincia a spazientirsi a sentire il parlante ripetere "Io sono, io sono, io sono", perché durante quel discorso probabilmente l'ascoltatore preferirebbe che quello lì non fosse parlante, o che non fosse proprio.
Le cose sono diverse in certi altri ambiti, come ad esempio quello dell'Astronomia.
Infatti se in una sera d'estate in cima a una collina pugliese solcata dai pini e dalla macchia mediterranea presenti in gravina, delle persone si ritrovano a guardare il cielo, può capitare che qualcuno dica con un sorriso stupito, così all'improvviso nel bel mezzo del silenzio fatto di canti di grilli e cicale, «C'è una stella», spiazzando completamente tutti gli altri insieme a lui, se succede questo, dicevo, gli altri potrebbero spaventarsi molto, gridare, scappare o rimanere paralizzati dal terrore rischiando numerosi e continui attacchi cardiaci o collassi. C'è chi potrebbe gettarsi dal bordo della gravina, giù nel dirupo per poter sperare di fuggire da quella visione da incubo. Le stesse persone che non si smuoverebbero di un centimetro se gli avessero detto «c'è un mostro» perché non ci avrebbero creduto, sentendo qualcuno che fissa sdraiato il cielo dire «c'è una stella», se fossero davvero coerenti dovrebbero schiattare di paura. Questo perché la luce delle stelle in realtà è partita anni fa e non sappiamo se ciò che vediamo è ancora presente. «C'è una stella» in questo caso significherebbe «c'è un fantasma», «c'è qualcosa che si vede ma probabilmente non esiste», così che gli altri intorno potrebbero mettersi a ridere per certe inopportune osservazioni.

Consiglierei dunque di sostituire qualunque voce del verbo essere con una specie di grugnito nasale mentre si puntano gli occhi insù come per dire «eh sì, ancora quel verbo inutile lì» e di evitare certi argomenti quando sono superflui.

Niente

Il tramonto è rosso rame
nelle nuvole di fabbrica
quando il vento è tramontana
e domani già t'immagini che colori appariranno.
Ma la luna è una falce che specchia
gli abbai dei cani e i rumori
di porte dei terrazzi
e motori.
Faremo un giro a piedi
nei viali elettrici o a led
per cacciare il buio e le occasioni
perdute che bussano insistenti.
Le case in calce e i vasi di piante
sopportano le nuove feste di paese
con musica tedesca dai fashion bar
birre al limone, risvolti alla caviglia,
bibite odiose succhiate in cannuccia
piccoli furbi roditori e ancora
i soliti vecchi discorsi paesani
un po' fantasiosi, ma vituperanti
fitti d'invidia, di noia, di offesa
per una giornata tuttavia deludente
uguale alle altre
ed una sera in cui si spera
che domani non cada grandine sull'uva e sull'arance.

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.