Stacca, stacca

Stacca, stacca i contatti
stacca i fili stacca gli occhi
stacca i tuoi discorsi
stacca la crosta dalla padella
stacca la crosta della ferita
stacca l'esile pellicina del dito
stacca il telefono, stacca il pc
stacca lo spirito dal corpo.
Stacca, stacca il discorso
guardati dall'alto,
che poi sai tornare
tirando i fili.

De pigrizia III: tecniche per uscire

I filologi-etimologisti vivono in una condizione molto particolare, fuori dal normale, sono completamente altrove...

L'attività della coscienza rielabora i dati sensoriali dell'esperienza e ne fornisce significati o punti di vista diversi a seconda della personalità e dell'esperienza pregressa degli individui. Quindi è inutile dire che tutti vivono la stessa vita, sarebbe solo un'astrazione molto semplicistica delle reali esperienze di vita. Che si somigliano solo esteriormente, ma ognuna è diversa proprio perché possiede una personalità caratteristica. Ognuno capisce le cose a modo suo, un modo altrettanto valido quanto quello di tutti gli altri senza distinzioni.

Anche gli etimologisti sono persone, e vivono come tutti gli altri: interpretando secondo i loro schemi appresi. L'unica cosa che non può essere un etimologista o un filologo è una persona pigra. Si sono sempre sforzati per comprendere altri mondi, anche non direttamente connessi con quello della loro vita contingente, immediata del presente: sono abituati a uscire dal momento contingente e ad entrare in altri mondi. Sono altri mondi non tanto perché è cambiato lo spazio (le esperienze di vita si svolgono tutte sul medesimo sfondo terrestre), ma perché è cambiato il tempo, l'epoca.

E così hanno scoperto, senza dirlo a nessuno, quanto grande sia il potere della mente umana, capace di interrompere l'esperienza concreta - fatto incredibile nella storia - e di attivarne altre, non immediatamente presenti, attraverso alcune tecniche.
Sia chiaro che è ancora valido per tutti ovunque che nessuna epoca passata può tornare nel presente in complicate sovrapposizioni di spazi temporali, ma non è escluso che una persona, dal presente, torni a viverle e a esplorarle. Troverà però che ogni cosa è già fatta e non può intervenire - al contrario del presente - ma può cercare in esse tutto quello che nel frattempo è stato dimenticato.

Gli etimologisti non vivono fuori dal nostro stesso mondo né distruggono rifiutandolo il nostro stesso tempo. Ma i nostri stessi mondo e tempo, sono nella loro vita allargati.

Infatti una tecnica per "vedere oltre" è sapere la storia delle parole. E, ascoltandole o pronunciandole, riattivare nella loro mente - e quindi nella loro esperienza - i tempi passati, quei casi che conoscono e ricordano in cui quella parola è stata usata, quando, dove, da chi e a chi, perché. Gli etimologisti riattivano il passato. In maniera generica, ma poco diversa dall'originale. È un passato inautentico quello degli etimologisti, ma non del tutto finto. E comunque, capace di creare nel tessuto temporale del nostro presente, piccoli  e innocui squarci che lo aprono e rendono meraviglioso.

Così, all'improvviso, gli etimologisti possono scoprire che quella del Tempo così come ce la dicono oggi è una bugia, perché stiamo vivendo altri tempi di diversa natura: meno fisica e più sacra, o misteriosa. Stiamo vivendo in realtà altri tempi tenuti segreti e coperti dalla bugia del Tempo occidentale. Il consueto contemporaneo è una bugia, e l'atavico e arcaico indefinito una realtà ben più consistente e che ha sempre retto al di sotto dell'apparenza, o delle spiegazioni moderne-contemporanee. Non è una cosa che fa paura se è sempre stata qui sotto e non ci ha mai fatto male, ma il conoscerla fa tornare nel grigio mondo monotono e scontato, il meraviglioso, il gioco in cui la mente è piacevolmente sconfitta ma crede di innalzarsi dalle illusioni, il mistero della vita in comune.

Perché tutta la vita assume così aspetti diversi, aspetti che per tutta la vita l'educazione che ci hanno dato ci ha fatto sottovalutare e ignorare, e tornano nel presente che viene allargato.

De pigrizia II

In un mondo dove non si approfondisce niente, tutti pigri a non voler uscire dal proprio guscio e a non voler rompere i gusci degli altri, se non l'Amore, la simpatia aiuta a spingerci verso l'Altro, l'Ignoto, il "Tu", a smentire i nostri assiomi, ad allargare i nostri parametri e sistemi di valutazione. Quando le persone sono svalutate occorre trovare di nuovo in loro un interesse (non "vantaggio", ma atteggiamento di apertura e accettazione dell'Altro), dimenticare le Verità, o supposte tali, scientifiche, i metodi di calcolo scientifico, la tendenza a cercare il nostro vantaggio, la nostra tranquillità. Occorre lasciare la pigrizia e i suoi strumenti.

Ma la pigrizia a volte prende il controllo della mente, contro ogni volontà. Ci chiude, e ci fa sentire diversi e forse superiori agli altri che non capiscono la verità, perché ci fa sentire di avere la verità a cui altri non potrebbero arrivare. La pigrizia è involontaria, è un sentimento che ci prende e ci dà un certo atteggiamento insopportabile per gli altri. Ci esclude.
Viene da un eccesso di comodità, di stasi prolungata, di assenza di legami e relazioni che ci costringerebbero ad "abbassarci" spesso agli altri. Viene cioè da eventi vissuti, o meglio, dall'astensione agli eventi vivibili.

Non è volontaria, ma possiamo esercitarci in qualche modo a reagire? Allenarci a resistere alla pigrizia?
La risposta non sarebbe scontata come "Basterebbe iniziare a fare qualcosa", se per "pigrizia" intendiamo uno stato mentale simile alla noia. La pigrizia è mancanza di critica, accettazione passiva di tutto ciò che siamo abituati ad avere; assunzione meccanica di schemi di pensiero, di azione, di consumo, di interpretazione della realtà... È credersi individui unici nonostante l'evidente omologazione totalmente accettata.

Cioè bisogna cominciare proprio con la parte più difficile: riconoscere la propria imperfezione, in fondo uguale all'imperfezione di tutti gli altri...

De pigrizia I: Muovetevi è tardi

Ormai sono 2300 anni che abbiamo scoperto che il pensiero è sbagliato quando vuole fare grandi cose. Quando tenta di raggiungere una qualche verità non ne acquisisce che una minima parte più esteriore e vana; verità parziali e limitatissime, valide per uno e non valide per l'altro. Quando si propone di pianificare attività per organizzare il tempo, è incapace di prevedere eventi fortuiti non calcolati. E come fa a calcolarli se il pensiero è in sé limitato? Quando il pensiero trova la sua forma performativa nell'esercizio del potere sulla società, molte persone saranno infuriate. Un princeps, un re o un imperatore despoti eserciteranno soltanto l'ideologia di cui sono portatori; potere e dispotismo uccidono la vita; l'ordine e i sistemi chiusi uccidono, non aiutano, la vita. Per quanto il suo pensiero possa essere raffinato e alto, non sarà mai onnicomprensivo: seguirà soltanto il suo punto di vista limitato.

Da quant'è che sappiamo perché ce lo hanno dimostrato, che non avere dubbi è da imbecilli o da pigri? Perché ci hanno invece fatto credere il contrario? Chi ha deciso che il pensiero logico porti tutti alle stesse conclusioni?

La vetta più alta della filosofia è stata già raggiunta nel IV e III secolo avanti Cristo con Socrate e i filosofi socratici suoi diretti o indiretti studenti. Essa consiste nel "SAPERE DI NON SAPERE": la più grande saggezza a cui si possa arrivare in vita, continuamente ribadita dai filosofi successivi, fino ai nostri giorni. Ed ecco terminata la filosofia nel periodo che viene scambiato erroneamente per la sua origine. Questa vetta emerse quando il brutto Socrate infastidiva gli abitanti di Atene ignoranti e presuntuosi facendogli domande sulle loro conoscenze, interrogandoli. Far domande infastidisce il pensiero presuntuosamente autosufficiente: lo irrita, non lo stimola. Socrate ha stimolato la coscienza che un pensiero non passa per la mente perché era già in essa in forma completa e perfetta; e quindi, se non c'era già nella mente dell'uomo, significa che il pensiero l'ha costruito lui spontaneamente, che è un processo in perenne fase di compimento, cioè sempre imperfetto. Lo "avverte" così soltanto lui, e solo lui lo può correttamente e più estesamente interpretare. Se l'è inventato, non è vero che lo "sa". L'ha pensato, non lo "sa".

Sapere aiuta il pensiero, ma non è il fine e il contenuto del pensare.
Il contenuto del pensiero è immateriale e astratto, spontaneo e individuale. Nasce dal mondo esterno concreto, si sviluppa interagendo con l'ambiente. Invece per quanto riguarda il fine del pensiero, esso non è quello della pura Sapienza, ma è fuori se stesso: deve adattarci all'ambiente se vuole avere una qualche funzione che lo giustifichi. Deve adattarsi alle situazioni: varie, multiformi, imprevedibili, in continuo divenire e mai uguali l'una all'altra: dev'essere sempre diverso da se stesso e mutare continuamente. Non può esistere una Sapienza eterna e universale, non c'è niente che esista che abbia queste due caratteristiche, all'infuori di questa stessa affermazione. L'uomo si adatta all'ambiente, e anche l'organismo deve acquisire diversi habitus a seconda della situazione in cui si trova.

Questo (che esistono pensieri diversi in ogni angolo del pianeta e nel tempo, sono infiniti) non significa certamente che esistono civiltà che posseggano pensieri più raffinati di altre civiltà. Al contrario, indica la totale contingenza di qualunque pensiero formulato nella mente di qualsiasi individuo in qualsiasi società in qualsiasi parte del mondo. La sostanziale omogeneità del pensiero sta nel fatto che ognuno è limitatissimo, e perciò stesso assume forma diversa in ciascuna mente/società, diventa un pensiero completamente diverso a seconda di dove e da chi sia formulato; ma ha pari autorità di qualunque altro pensiero formulato sulla faccia della Terra.

Perciò il pensiero si adegui ad allontanarsi più spesso da se stesso e a smentirsi, in maniera da adattarsi costantemente alla vita vera (quella che scorre e non è mai uguale a se stessa, così come il mondo), a una perenne sospensione delle sue basi che non poggeranno su nulla oltre che su se stessi. Si può dire che il pensiero non si appoggi su niente, all'infuori del corpo che lo pensa, della mente.

La cosa più ridicola del mondo è una persona seria. Gli si possono individuare una marea di difetti, tutti da deridere.

Siamo nel III Millennio dell'età cristiana, hanno provato a farci capire che la Sapienza non è di questo mondo dicendoci che esisteva prima e oltre la terra (che fosse di discendenza divina e ultraterrena) solo per non dirci che non esiste neanche lì e allora. Noi abbiamo inventato anche il nichilismo che distruggeva queste garanzie e rassicurazioni ultraterrene, e ancora in giro per il mondo si vedono persone convinte di poter fare a meno di tutto e di tutti, di sapere qualcosa e di sapere pensare anche se non pensano da anni. Ancora l'errore della presunzione, l'incapacità di relativizzare, finiremo di nuovo sotto tristi regimi totalitari?

Uova fritte

Ecco vieni, entra dentro, siediti
friggi pure due uova. Sotto il letto
trovi le pantofole. Pesca libri
dalla pila, leggi i miei diari
ogni cosa che ti piace se vuoi,
non farti vedere, mettila in tasca
senza chiedere a nessuno permesso
senza avvisarmi, non è rubare
sei illimitato, manomettimi
a tuo comodo come preferisci
rubami le parole dalla bocca
mettici dentro le tue. Cambiami
gli abiti l'anima il lessico
la pettinatura come vorresti.
Fruga i cassetti, non posso fermarti.
Se non ti piace una frase che uso
non me la farai più pronunciare.
Guardati intorno, non ti preoccupare
bevi una birra, spostami i mobili.
Entra e usa le mie cose, butta
tutto ciò che non ti piace. Giocaci
e non pensare che io me la prendo.
E non dire non è proprio il caso.
Voglio così e così vuoi anche tu
te lo regalo, non ci sono più!
...Metto l'esperienza sotto una parola
Do alle parole dell'esperienza
E faccio esperienza di parole...

Se inquini un segno antico
di verace esperienza come
scarichi d'industrie alle fonti
d'acqua dolce, beh il vizio
è nel sistema quel tarlo
non lo rode e scade posticcio
com'è passato il gusto agrodolce
del medioevo a un gusto più medio
che separa quei due un tempo uniti.
Il bitume di ricordi decomposti
nei riassunti pedanti di oggi
brodaglia di intuizioni e di sconforti
si raccoglie sulla riva, e viva
rimbomba la bolla che sgorga
da sotto il terreno sommerso in palude,
e scoppia. 

Il pasolini

Realizziamo pasolini nei vicoli della città
oscura dai cassonetti a terra sparsi
vestita a fazzoletti sporchi volanti
che s'appiccicano pure sul volto clemente
d'un uomo appena uscito da lavoro stanco
e dei suoi uguali, semplici passanti.
Stanco di guardarli
ficcarsi nelle gole, c'è chi fugge sulle spiagge
- forse a Ostia o a Bombay -
e sta solo e lontano a liberar lo sguardo,
silenzioso lì si aspetta di trovare
qualcun altro che volendo uscir dal mondo
per salire ai suoi ingranaggi
si sia detto "Ah, guarda che c'è ancora un posto
per andare e allora andiamo".

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.