De pigrizia I: Muovetevi è tardi

Ormai sono 2300 anni che abbiamo scoperto che il pensiero è sbagliato quando vuole fare grandi cose. Quando tenta di raggiungere una qualche verità non ne acquisisce che una minima parte più esteriore e vana; verità parziali e limitatissime, valide per uno e non valide per l'altro. Quando si propone di pianificare attività per organizzare il tempo, è incapace di prevedere eventi fortuiti non calcolati. E come fa a calcolarli se il pensiero è in sé limitato? Quando il pensiero trova la sua forma performativa nell'esercizio del potere sulla società, molte persone saranno infuriate. Un princeps, un re o un imperatore despoti eserciteranno soltanto l'ideologia di cui sono portatori; potere e dispotismo uccidono la vita; l'ordine e i sistemi chiusi uccidono, non aiutano, la vita. Per quanto il suo pensiero possa essere raffinato e alto, non sarà mai onnicomprensivo: seguirà soltanto il suo punto di vista limitato.

Da quant'è che sappiamo perché ce lo hanno dimostrato, che non avere dubbi è da imbecilli o da pigri? Perché ci hanno invece fatto credere il contrario? Chi ha deciso che il pensiero logico porti tutti alle stesse conclusioni?

La vetta più alta della filosofia è stata già raggiunta nel IV e III secolo avanti Cristo con Socrate e i filosofi socratici suoi diretti o indiretti studenti. Essa consiste nel "SAPERE DI NON SAPERE": la più grande saggezza a cui si possa arrivare in vita, continuamente ribadita dai filosofi successivi, fino ai nostri giorni. Ed ecco terminata la filosofia nel periodo che viene scambiato erroneamente per la sua origine. Questa vetta emerse quando il brutto Socrate infastidiva gli abitanti di Atene ignoranti e presuntuosi facendogli domande sulle loro conoscenze, interrogandoli. Far domande infastidisce il pensiero presuntuosamente autosufficiente: lo irrita, non lo stimola. Socrate ha stimolato la coscienza che un pensiero non passa per la mente perché era già in essa in forma completa e perfetta; e quindi, se non c'era già nella mente dell'uomo, significa che il pensiero l'ha costruito lui spontaneamente, che è un processo in perenne fase di compimento, cioè sempre imperfetto. Lo "avverte" così soltanto lui, e solo lui lo può correttamente e più estesamente interpretare. Se l'è inventato, non è vero che lo "sa". L'ha pensato, non lo "sa".

Sapere aiuta il pensiero, ma non è il fine e il contenuto del pensare.
Il contenuto del pensiero è immateriale e astratto, spontaneo e individuale. Nasce dal mondo esterno concreto, si sviluppa interagendo con l'ambiente. Invece per quanto riguarda il fine del pensiero, esso non è quello della pura Sapienza, ma è fuori se stesso: deve adattarci all'ambiente se vuole avere una qualche funzione che lo giustifichi. Deve adattarsi alle situazioni: varie, multiformi, imprevedibili, in continuo divenire e mai uguali l'una all'altra: dev'essere sempre diverso da se stesso e mutare continuamente. Non può esistere una Sapienza eterna e universale, non c'è niente che esista che abbia queste due caratteristiche, all'infuori di questa stessa affermazione. L'uomo si adatta all'ambiente, e anche l'organismo deve acquisire diversi habitus a seconda della situazione in cui si trova.

Questo (che esistono pensieri diversi in ogni angolo del pianeta e nel tempo, sono infiniti) non significa certamente che esistono civiltà che posseggano pensieri più raffinati di altre civiltà. Al contrario, indica la totale contingenza di qualunque pensiero formulato nella mente di qualsiasi individuo in qualsiasi società in qualsiasi parte del mondo. La sostanziale omogeneità del pensiero sta nel fatto che ognuno è limitatissimo, e perciò stesso assume forma diversa in ciascuna mente/società, diventa un pensiero completamente diverso a seconda di dove e da chi sia formulato; ma ha pari autorità di qualunque altro pensiero formulato sulla faccia della Terra.

Perciò il pensiero si adegui ad allontanarsi più spesso da se stesso e a smentirsi, in maniera da adattarsi costantemente alla vita vera (quella che scorre e non è mai uguale a se stessa, così come il mondo), a una perenne sospensione delle sue basi che non poggeranno su nulla oltre che su se stessi. Si può dire che il pensiero non si appoggi su niente, all'infuori del corpo che lo pensa, della mente.

La cosa più ridicola del mondo è una persona seria. Gli si possono individuare una marea di difetti, tutti da deridere.

Siamo nel III Millennio dell'età cristiana, hanno provato a farci capire che la Sapienza non è di questo mondo dicendoci che esisteva prima e oltre la terra (che fosse di discendenza divina e ultraterrena) solo per non dirci che non esiste neanche lì e allora. Noi abbiamo inventato anche il nichilismo che distruggeva queste garanzie e rassicurazioni ultraterrene, e ancora in giro per il mondo si vedono persone convinte di poter fare a meno di tutto e di tutti, di sapere qualcosa e di sapere pensare anche se non pensano da anni. Ancora l'errore della presunzione, l'incapacità di relativizzare, finiremo di nuovo sotto tristi regimi totalitari?

Nessun commento:

Posta un commento

25 aprile

Sangue a terra il tuo colato vaporato sì ch'entri nelle vene verdi ancora negli eccidi nuovi  come un seme da nessuno piantato.