Natsuo Kirino - L'isola dei naufraghi

Natsuo Kirino - L'isola dei naufraghi.

Mistero e mito

Affascinante libro dell'autrice giapponese Natsuo Kirino del 2008.

La narrazione sembra un'indagine antropologica all'interno di una micro-popolazione formatasi fortuitamente in seguito all'arrivo di diversi gruppi di naufraghi arrivati sulle rive di Tokyojima, un'immaginaria isoletta deserta dell'Oceano Pacifico tra Giappone, Cina e Taiwan, un minuscolo paradiso naturale.
Tre gruppi di naufraghi costituiscono la popolazione "di base" di una trentina di persone, giunte sull'isola nell'arco di un anno e mezzo in seguito all'affondamento delle loro navi, e rimasti per anni senza possibilità di fare ritorno a casa. Si tratta di giapponesi e cinesi, a cui si aggiungeranno inaspettatamente dei filippini. Sono tutti uomini ad eccezione di Kiyoko, donna giapponese di 46 anni giunta per prima sull'isola insieme a suo marito Takashi, morto pochi anni dopo essere giunto sull'isola. 
La narrazione prosegue attraverso colpi di scena ed episodi macabri e realistici della vita in una società ristretta ed isolata dal resto del mondo, di individui che per combattere la disperazione di essere abbandonati e imprigionati sull'isola, sviluppano una nuova cultura e mitologia tutta loro, e tutta dipendente dal territorio e dall'ecosistema in cui si trovano. 
L'istinto selvaggio, animale, l'abbandono agli eccessi e la fuga dalla ragione coesistono fianco a fianco con il bisogno di dominare razionalmente la propria esistenza quotidiana, che permette ai naufraghi di adattarsi alla nuova vita da reclusi. Tutto però viene immerso in una dimensione primitiva, il poco di civiltà appresa nel passato fa ritorno a un livello preistorico, a livelli spontanei e motivati, scompaiono le smancerie e le buone maniere; ci si controlla ma a volte la cattiveria è libera di prendere il sopravvento.
I personaggi sono vari, ma la narrazione segue soprattutto i personaggi di Kiyoko e suo marito Takashi, del reietto e strambo Watanabe, il più sregolato fra i "selvaggi" che si diverte a girare nudo per l'isola indossando però un guscio di tartaruga marina sulla schiena per assomigliare al Maestro Muten di Dragon Ball, e a causa del suo comportamento perverso in tutti i sensi viene relegato a stare su una spiaggetta dell'isola su cui sono abbandonati dei bidoni di metallo pieni di scorie tossiche o radioattive; di GM, che per parte del romanzo un po' forzatamente "finge" di aver perso la memoria.
Nascono riti e usanze dovuti unicamente alla paura, al terrore, alla disperazione, al ricordo di episodi drammatici avvenuti prima e dopo l'arrivo sull'isola. L'atteggiamento religioso si riempie di un abbandono alla Natura e alle sue leggi, ma gli istinti e le voglie non sono per questo frenate.
Obiettivo dei sopravvissuti diventa il possesso dell'unica donna, che diventa cinica e spregiudicata quando non viene più trattata come regina dell'isola: questo smorza ogni sentimentalismo e anzi la rende uno dei personaggi più forti; si concede a molti, tradisce il marito, rimane incinta e sfrutta ogni dettaglio a suo vantaggio, per ottenere benefici.
Il finale è uno dei meglio riusciti, contiene sorprese e scioglie ogni domanda sorta nei capitoli precedenti, quando sono state interrotte sottotrame molto intriganti.

Riuscitissimo lo stile narrativo che rimane secco e chiaro, non si abbandona a descrizioni capziose e delinea una trama piena di eventi interessanti e coincidenze misteriose.

A volte fa pensare all'Odissea, ad Ulisse costretto a rimanere sull'isola di Circe. I numerosi dettagli riguardanti l'adattamento alla vita sull'isola fanno venire in mente Robinson Crusoe; alcuni misteri c'entrano con L'isola del tesoro. La crudezza di alcuni episodi inoltre fa pensare a certe ambientazioni preistoriche, ad esempio al primo capitolo di Mare verticale di Giorgio Saviane; lo stile schietto e diretto è un po' come lo stile di Moravia.

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