De pigrizia V: modernità, ricchezza e pigrizia

Tutti vogliono vincere alla lotteria e sistemarsi per la vita, nel senso di poter rimanere a vita sul divano senza far niente, parlare scrivendo sui social e attaccando il moralismo di chi esce a fare qualcosa di buono. Il dissenso della critica inizia a dare fastidio anche a coloro i quali non capiscono che il dissenso è una gran risorsa (dunque positiva) per loro: siccome imitano la vecchia classe nobile, i contemporanei popolani dicono che la voce del popolo non va ascoltata ma repressa. Come se avessero sonno ma non riuscissero a dormire per colpa di chi fa qualcosa in strada in piena ora di punta.
 Tutti dovrebbero tendere allo stesso ideale di pigrizia egocentrica ed edonista tanto voluto dal capitalismo, finché non subisce una sfortuna e rimane solo, senza casa e odiato da chiunque, come lui prima, passa la vita sul divano a insultare con sufficienza gli emarginati. Pigrizia significa incapacità di proiettare se stessi in altre condizioni di vita possibili, di progettare il proprio futuro, cercare soltanto il vantaggio immediato, la comodità del divano, per paura di tali possibilità, nonché per la troppa fiducia nello stato attuale delle cose.
Cosa direbbe un antico romano di noi? Che siamo un'umanità degradata e molle, piegata alla schiavitù, senza valori veri né memoria, deboli, grassi, incapaci in ogni cosa e contenti di subire il potere del primo generale straniero che passa, viscidi corrotti in adulazione che hanno svenduto il proprio corpo e ceduto la propria terra per un pezzo di pane o per evitare di combattere.
... la pigrizia è la condizione essenziale dell'individuo comune contemporaneo, in cui tutti nasciamo e da cui non dobbiamo lasciarci tentare, ma fuggire, per sviluppare in maniera sana le nostre capacità mentali...
Più che strettamente del contemporaneo, dell'uomo moderno occidentale in generale; perché il pensiero razionalista che ha segnato l'inizio dell'età moderna persegue il massimo del profitto attraverso il minimo dello sforzo.
Sono massimamente pigri quegli imprenditori che producono merci di scarsissima qualità per arricchirsi velocemente e senza aver dato nessun vero contributo (senza fare niente di troppo complicato), o che semplicemente rivendono ciò che hanno comprato.
La società moderna e contemporanea offre molti spazi in cui esercitare e coltivare la pigrizia, sia individualmente che collettivamente, ma allo stesso tempo è un meccanismo molto pericoloso per gli individui perché può essere facilmente sfruttato dai vari poteri per ottenere i loro scopi turpi (creare/manipolare gruppi sociali e loro tendenze). Perciò la incoraggiano e perseguono, e la fanno passare per diritto meritato o virtù contemporanea.

Si noti però che è un comportamento da inculcare nelle menti altrui; che sfrutta dei meccanismi mentali basilari per l'equilibrio psichico degli individui, ma che non gli appartiene. Deve essere attivata dall'esterno. Infatti è un meccanismo innaturale questo contemporaneo, per il quale anche chi ha poco o niente è incoraggiato ad essere pigro. In uno stato naturale e originario delle cose, la pigrizia apparterrebbe a chi ha molto, al ricco, e non certo a chi non possiede niente. Ma, se lo strato sociale povero imita i modi di fare (comportamenti, gusti, preferenze, discorsi, gesti, ecc...) dello strato ricco, imiterà anche la sua millenaria ripugnanza per lo sforzo fisico (verso le attività fisiche, manuali) e del pensiero. Solo dall'età moderna dunque, la pigrizia può essere considerata un valore positivo anche dallo strato sociale povero, perché da quell'epoca esso imita (invece che deridere) i modi di fare eccentrici, stravaganti ed edonisti della classe nobile dei padroni.

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