Stupidi scienziati del domani

Era orario di lavoro, nell'ufficio regnava il tacchettio delle tastiere dei computer.
Safio, di fronte al suo schermo, verso la fine del proprio turno sbottò, come tossendo, poi sorrise, e gradualmente quello sbotto divenne una risata forte, grossa e rumorosa.
Amene, preoccupato del comportamento del suo collega gli domandò: "Non ti senti bene?"
E Safio rispose: "Altroché! Non vedi che rido?".
E Amene: "E per quale motivo ridi davanti al tuo progetto?". Amene non aspettava altro che farsi una bella risata insieme al suo amico.
Rispose Safio: "Ho pensato..." e rideva. Poi riprendeva, ma parlando a stento e in maniera incomprensibile tanto sembrava soffocarsi dalle risate. Ma sembra aver risposto: "Tra 20.000 o 40.000 anni, quando troveranno i nostri computer, la gente non penserà che i computer son sempre esistiti? Si metteranno a studiare come funzionava un Olivetti per capire come funzionano loro stessi!".
Safio non era uno bravo a raccontare le barzellette, e Amene ci mise ventisette anni a comprendere quell'ironia.
In questo arco di tempo, Amene ipotizzò che, come avviene continuamente in ogni epoca, anche in futuro il mondo artificiale apparirà l'ambiente naturale, quello dal quale gli uomini traggono le conoscenze sulle proprie origini, sull'esistenza e sulla loro vita, e forse, penseranno che il computer o internet sia un fatto naturale, e che dev'essere così perché così la Natura lo ha fatto. "Che stupidi!" iniziò a strillare ridendo, e rise per ore, al termine delle quali, esclamò: "Ah caro Safio, da morto hai imparato a dire le barzellette!".

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